Il populismo è un mostro informe tra altri mostri informi, prodotti tutti dalla stessa matrice
Quando non si hanno più i piedi per terra, quando la società è parcellizzata, quando la comunicazione è ghettizzata pur essendo immediata e globale, non si sa più cosa si cerca: o un piacere immediato oppure il ritorno a una situazione passata o infine un’utopia per l’avvenire.
In tutti i casi non si riesce a esprimere né un progetto né una tendenza politica, solo delle sensazioni più o meno confuse e dei desideri impellenti.
Sicché, oggi più che mai, soltanto pochi quadri fanno politica nelle società avanzate, il resto fa ammuina.
Fuori
Il resto, quello che fa ammuina, anche quando strilla o protesta si è arreso perché è convinto che in fondo non si possa fare più nulla. Perde l’entusiasmo e il senso della storia: non partecipa sia pure in modo critico e radicalmente alternativo ai processi in corso ma li vuole interrompere, o tornando indietro (magari al giorno prima del Green Pass o a quello prima dell’Euro) oppure invocando sommovimenti internazionali che cambino le cose da fuori perché, arresosi, esclude di poterlo fare lui, qui, con altri del suo popolo, in queste condizioni.
Ignaro della perenne convivenza conflittuale dei principi di unità e di scissione, un momento è agghiacciato davanti alla coesione del sistema e l’attimo dopo vaneggia di rotture definitive determinate da contese internazionali o da improvvise prese di coscienza maggioritarie non si sa bene di cosa e miranti a che cosa.
In ogni caso non riesce a porsi attivamente e costruttivamente nell’altalenare dell’unità e della scissione, dunque è fuori dal movimento e, di conseguenza, dalla storia.
Ermafroditi
La caduta del Muro di Berlino ha rafforzato sia la scissione che l’unità.
L’unità sistemica è stata determinata dalla fusione tra capitalismo e comunismo, contrassegnata in Germania dalla scalata della Stasi al sistema berlinese, il che produsse la Merkel, e dal salto in avanti della Scuola di Francoforte.
In modo meno evidente questo processo si è verificato ovunque producendo una serie di ermafroditi cultural-politici.
Le contese che si sono poi venute a creare lo hanno fatto nell’opposizione tra Solve e Coagula (Antitesi e Tesi) che ha consentito a una minoranza di gestire le mediazioni in modo sempre più autoritario.
Neostalinisti vs neotrozkisti; liberalconservatori vs liberal; talmudici vs kabbalisti, così si sono definite le ripartizioni, tantè che il liberalcomunismo delle sinistre ha assunto e confuso tra loro i secondi termini di queste opposizioni mentre il comunismoliberale dei reazionari ha assunto e confuso tra loro i primi.
Utopia paradossale
In particolare le reazioni sono riuscite a definire “tradizionaliste” alcune espressioni del comunismo, e le hanno unite a un moralismo retrogrado e pseudomistico.
Non c’è più religione, non ci sono più le mezze stagioni, la vita è sempre più cara, non si sa dove andremo a finire e via dicendo, in una tiritera lagnosa senza fine che ha finito col cercare disperatamente, ma sempre altrove, un intervento risolutivo.
Abbandonata ogni velleità d’intervenire sulle cose se non in modo repressivo e punitivo (ma senza la forza per farlo) le reazioni, magari con una tinta di rosso antico che fa tanto alternativo oltre gli schemi, si sono arroccate su battaglie esteriori e insensate, quali la proibizione del velo (anche per la suore e per la comari?) e sulla speranza riposta in modelli esotici del tutto misconosciuti e travisati, tipo la Russia putiniana, che dovrebbero bizzarramente imporre un ritorno indietro tramite un balzo in avanti da superpotenti.
Nel mancare ogni relazione con il reale e nello sfuggire la storia, la reazione, ormai ermafrodita come tutto il resto, è così riuscita a produrre il paradosso dei paradossi. Non più incentrata nel Mito, si è andata a riparare in un’utopia. Ma l’Utopia – che è sempre catastrofica – per sua natura è diveniristica: nel caos transidentitario il populismo si è letteralmente inventato un’utopia passatista (un po’ l’attesa di uno Stalin che si riveli però un Cardinal Ruffo), cosa che, per definizione, non può esistere.
E questo si traduce nel vagare come sonnambuli, zombie o fuochi fatui, ai margini della realtà, incattiviti, impotenti, chiassosamente inesistenti, negando l’evidenza perché essa dimostra che si è fuori da ogni cosa concreta.