Il Ritalin non sarà rimesso nella Tabella farmaceutica relativa alle sostanze stupefacenti e psicofarmaci, perché “significherebbe porre un ostacolo insormontabile alla definizione di qualsiasi piano terapeutico, negando, di fatto, l’accesso al farmaco da parte dei giovani pazienti per i quali sia stata formulata la diagnosi definitiva di ADHD”.
Così il sottosegretario alla Salute, Antonio Guidi, ha risposto ieri a un’interrogazione parlamentare di Tiziana Valpiana, che aveva domandato di riclassificare il medicinale nella tabella più off limits del prontuario farmaceutico, per evitare che si consumino abusi su bambini considerati iperattivi.
Fra le misure precauzionali, ha spiegato Guidi, attualmente si prevede che il Ritalin abbia una prescrizione medica, da rinnovarsi ogni volta con validità di trenta giorni, obbligatoriamente trattenuta dal farmacista, il quale, inoltre, deve annotare il carico e lo scarico di ogni fornitura del farmaco sull’apposito registro. La validità prescrittiva di trenta giorni “garantisce”, a giudizio del ministero, “il piccolo paziente ed i suoi familiari da richieste ripetute al medico, evitando la “ipermedicalizzazione” di una particolare situazione soggettiva che, soprattutto per l’età del paziente, presenta risvolti psicologici impegnativi, anche per il contesto familiare e scolastico”.
“Il Ministero della Salute e la Commissione Unica del Farmaco hanno la piena consapevolezza dell’eventuale rischio derivante dall’uso improprio della specialità medicinale Ritalin (il cui principio attivo è il metilfenidato) e della situazione verificatasi negli Stati Uniti d’America” ha aggiunto Guidi, specificando che presso l’Istituto Superiore di Sanità è stato istituito il Registro Nazionale dei Bambini affetti da ADHD, in trattamento farmacologico con il metilfenidato.
“Mi si consenta di aggiungere che il sottoscritto, come neuropsichiatra, ha sempre contrastato terapie riabilitative e/o farmacologiche che possano dare un miglioramento immediato ma danni successivi” ha concluso Guidi, esprimendo la sua posizione sul problema. “Da medico specialista di questo settore, nella mia coscienza, ho sempre rifiutato la medicalizzazione dell’infanzia. E in questa ottica, rispetto alla sindrome ADHD, nella veste di Sottosegretario delegato alla salute mentale, ho denunciato il rischio di diagnosi improprie”.
Troppo stesso, infatti, comportamenti naturali del bambino vengono stigmatizzati come malattia, ha sottolineato il sottosegretario. “Comportamenti che si manifestano sempre con maggiore frequenza ed evidenza, anche per il fatto che il bambino che vive in una realtà con qualità di vita e di ambiente sempre meno a sua misura (per vita, spazi e qualità della vita
stessa) reagisce con sbalzi di umore e iperattività che non sono da comprimere ma da comprendere, non in senso farmacologico ma in un’ottica diversa, propria della vita di relazione”.