martedì 3 Dicembre 2024

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Il vergognoso referendum truffa che serve a congelare il Donbass

 

Da venerdì 23 a martedì 27 settembre si svolge il referendum definito popolare per l’annessione delle repubblichette di Donetsk e Lugansk e delle aree di Kherson e Zaporizhzhia per proclamare la loro annessione alla Federazione Russa.
Quest’ulteriore tragicommedia va letta da tre angolazioni: la sua legittimità, la sua regolarità e il suo fine politico. Iniziamo da questo.

Un referendum per balcanizzare
La clamorosa sconfitta militare russa di pochi giorni fa necessita di una risposta a uso interno perché Putin non crolli e di una di carattere globale di modo che l’esercito russo, così palesemente manipolato fino ad oggi dagli americani, non abbandoni il Donbass. Perché in tal caso metterebbe  freno all’offensiva economica e strategica contro l’Europa che gli americani stanno compiendo con successo proprio grazie ai loro pedoni del Cremlino sulla pelle del valoroso popolo ucraìno, ma con gli inglesi che hanno preso l’iniziativa e che potrebbero condurre Kiev alla vittoria rompendo le uova nel paniere statunitense.
Annettere le zone occupate e renderle “democraticamente” russe consentirà a Mosca di usare il nucleare tattico per difendere la propria “integrità”. Il che permetterà agli americani che hanno le chiavi anche del nucleare britannico, che neccessita del loro placet per esser impiegato, di offrire la difesa dell’Ucraìna – un trattato è già pronto e sul punto di essere firmato – e questo stabilizzerebbe una pace balcanica di stallo obbligato con rafforzamento della Nato, natiche sicure per Putin e le risorse del Donbass, in particolare il cobalto, fuori dalla portata europea.
Un’altra tappa di quella tragica buffonata che è la guerra in Ucraìna che – se non ci fossero milioni di ucraìni sanguinosamente coinvolti – farebbe sghignazzare per il modo sfacciato in cui viene condotta da un mediocre attore russo per conto di un passabile regista americano, a vantaggio di una mafia di speculatori spudorati.

Un referendum legittimo?
Nessuna legittimità può avere un referendum in zone militarmente occupate. Né lo avrebbe se queste zone fossero libere, in quanto un referendum secessionista non ha mai veste legale se non viene chiamata alle urne la totalità dei cittadini della nazione cui quella regione appartiene.
Senza l’avallo di Kiev e senza la partecipazione al voto degli ucraìni, qualunque sia il risultato che ne verrà fuori, si tratterà comunque di una consultazione illeggittima.
Qualcosa di simile lo abbiamo avuto in Catalogna dove hanno votato solo quei catalani che hanno sfidato la legge spagnola venendo sconfessati da tutti.
Questo referendum illeggittimo è di vitale importanza per Putin, fa molto comodo agli americani, ma non garba a molti. La stessa Cina, se lo avallasse, aprirebbe un precedente pericoloso per Taiwan.
Se il referendum darà esito positivo per Mosca, e vedremo perché sarebbe sorprendente il contrario, molti players lo considereranno non valido. Ma qui entriamo nelle battaglie dialettiche: sostanzialmente esso andrà bene ai russi e agli americani che pure sproloquieranno in senso opposto.

Un referendum senza nemmeno una parvenza di regolarità
Parlare di regolarità dell’esito referendario è grottesco. Chiunque lo farà sarà in totale mala fede e, per quel che mi riguarda, enterà direttamente a far parte della categoria di coloro che non hanno nessuna dignità morale e intellettuale.
C’è sicuramente parte della gente nel Donbass che brama l’annessione a Mosca, ma non sarà di certo rispecchiata dai numeri ufficiali.
Quando nel 2014 il rapace Janukovich venne rovesciato dalle piazze già stava complottando per far annettere il suo Donbass alla Russia. Lui presidente, e il partito autonomista in maggioranza, testarono l’elettorato nella regione. Per la secessione le percentuali medie in Donbass furono del 14% con punta del 31% in Lugansk: un disastro!
Quando Mosca, rovesciato l’oligarca di Kiev, temette di perdere il controllo delle risorse locali armò contractors, li lasciò armare anche da nazioni occidentali (la Francia lo fece fino al 2020), fece leva sugli apparati comunisti e affidò la gestione politica ai mafiosi. L’insurrezione fallì quasi ovunque, escluse le due repubblichette sovietiche che ci spacciano come martirizzate. In realtà si è trattato di una guerra che in otto anni ha causato 14.000 morti equamente distribuiti e nell’ultimo triennio di “genocidio” ne ha sommati appena 67. Il tutto – contrariamente a quanto vanno ripetendo i russi da subito – con Kiev che non ha agito bensì reagito all’offensiva militare e ai ripetuti linciaggi compiuti dai prorussi.
Dal 2014 in poi sono fuggiti verso nord-ovest oltre due milioni di cittadini del Donbass ai quali vanno aggiunti tutti i deportati nella “operazione speciale” dei russi.
Tenendo conto del clima non propriamente sereno e disteso e dell’onestà politica, intellettuale e giuridica di cui i russi stanno dando straordinaria prova di sé, c’è da chiedersi se chi è contro l’annessione abbia non solo la temerarietà di affermarlo ma anche se questo sarà tecnicamente possibile. Senza contare quanti soldati occupanti voteranno spacciandosi per cittadini.
Come se non bastasse Mosca si è inventata anche seggi in Russia per i “profughi”….
Oggi le comiche.
Il referendum – già illegale di per sé – è talmente irregolare nella sua confezione che gli stessi brogli immancabili al momento dello spoglio diventano superflui.
L’unica possibilità che questa pagliacciata risulti un boomerang, con il rifiuto di annessione di almeno una delle zone interessate, dipende dall’ipotesi che in loco il controllo russo sia tenuto da una cosca anti-Putin.

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