lunedì 1 Luglio 2024

Riusciranno i nostri eroi a salvare il contante?

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È plausibile immaginare un futuro in cui il contante cederà definitivamente il passo a quella che con un’espressione inesatta viene definita «moneta elettronica». In realtà, non è la «moneta» che sta cambiando. Continuiamo pur sempre a pagare trasferendo una parte del nostro saldo di conto corrente presso una banca. Sono invece gli strumenti per farlo che stanno rapidamente cambiando e il punto di arrivo di questa trasformazione potrebbe essere la società senza contanti (la cashless society) che si cominciò a vagheggiare negli anni Cinquanta.
Qualche risparmio
Le nuove tecnologie, in definitiva, potrebbero farci risparmiare gli elevati costi logistici relativi alla conservazione e al trasferimento di banconote e monete, dalla gestione dei distributori automatici alla sicurezza dei trasporti di valori. Nei Paesi scandinavi la cashless society è già quasi realtà. A Stoccolma e dintorni è ormai la regola trovarsi di fronte a un cartello che dichiara perentorio: «No cash. Qui non si accettano contanti». E i dati parlano chiaro: il valore delle banconote in circolazione in Svezia si è letteralmente dimezzato nell’arco di dieci anni. Disporre di banconote della Banca centrale di Svezia non serve se si vuole acquistare un biglietto dei trasporti pubblici, e molti commercianti, inclusi i gestori delle bancarelle di strada, non le accettano di buon grado. Persino le offerte in chiesa si fanno via swish, l’app utilizzata da ben oltre metà della popolazione complessiva del Paese. Per chiedere la donazione domenicale le chiese comunicano il proprio numero di cellulare. Persino in banca può essere complicato ottenere o versare banconote. Sembra una tendenza inarrestabile, non solo innescata dalle nuove tecnologie ma sollecitata, soprattutto in Europa, dai governi nazionali che hanno cominciato a rendere obbligatoria la dotazione di un Pos.
L’anno scorso, il governo greco ne ha imposto l’installazione in circa mezzo milione di esercizi commerciali. Nella stessa direzione si è mosso il governo italiano, e se non fosse stato bloccato dal Consiglio di Stato, che ha recentemente dato parere negativo, avremmo già un sistema sanzionato-rio a carico del commerciante che rifiuta a un proprio cliente l’uso del Pos.
Dalla diffusione dei pagamenti elettronici lo Stato si aspetta un prezioso sostegno all’azione di contrasto all’evasione fiscale, grazie al riscontro delle somme effettivamente incassate di cui lo Stato vanta, per così dire, una contitolarità. In questo senso, l’obbligo del Pos muove dalle stesse motivazioni che diedero luogo all’invenzione del primo registratore di cassa. Denominato il «cassiere incorruttibile», fu installato dal proprietario di un saloon che intendeva proteggersi dalle azioni di un cassiere alla cui mano restava spesso «attaccata» qualche banconota, invece di finire nel resoconto di fine giornata. Oggi è lo Stato, in quanto contitolare del fatturato, che esige di accertare quanto c’è in cassa. Allo stesso scopo, alcuni governi europei (come Francia, Belgio, Grecia e Italia) hanno introdotto limiti all’uso del contante allo scopo dichiarato di combattere l’illegalità. Resta da capire se la cashless society sorgerà per scelta o per decreto.
A questo proposito, due segnali in controtendenza consigliano prudenza. Il primo viene dalle banche centrali. Dopotutto, il contante è l’unica forma di valuta nazionale a cui i privati hanno accesso, visto che a essi non è finora consentito tenere un conto presso la banca centrale. Rinunciare definitivamente al contante significherebbe affidarsi esclusivamente a un sistema di pagamento affidato a strutture private. La Banca centrale europea, che pure ha manifestato sensibilità al problema delle attività illecite mettendo fine, a partire da quest’anno, all’emissione della banconota da 500 euro, ha espresso in più di un’occasione perplessità nei confronti dell’introduzione di limiti cogenti all’uso del contante. La Bce invita, in sostanza, a valutare con attenzione le conseguenze negative dell’imposizione di limiti troppo bassi a fronte dei benefici che si intende perseguire.
Strumento importante
Le banconote sono lo strumento che la banca centrale offre ai propri cittadini per eseguire pagamenti legittimi in modo veloce e senza commissioni o intermediari, e i cittadini europei sembrano ancora gradire questa opzione. Nell’area euro, circa quattro quinti del numero delle transazioni (e oltre la metà del loro valore) sono regolati in contanti, sebbene con rilevanti differenze, con Italia, Spagna e Grecia in testa alla classifica. Tra le motivazioni che vengono riferite dagli utenti c’è anche quella per cui ricorrere al contante è un modo per monitorare più efficacemente i propri flussi di spesa.
Ma anche la banca centrale della cashless society per eccellenza manifesta preoccupazione circa la sparizione del contante. La Banca di Svezia teme che la fuga dal contante sia avvenuta troppo in fretta e che il Paese stia per ritrovarsi in una situazione in cui alla fiducia nella valuta nazionale si vada a sostituire la fiducia nel credito di soggetti commerciali privati che in caso di catastrofe naturale o tecnologica, di emergenza nazionale, o di crisi finanziaria, potrebbe rivelare tutta la sua fragilità. D’altra parte, la maggioranza degli svedesi vorrebbe comunque conservare il contante come opzione di pagamento ed è favorevole a preservare la rete di distribuzione e accettazione della «moneta della banca centrale». Per questo il presidente della Banca di Svezia auspica una nuova legislazione che assicuri che il sistema di pagamento basato sul contante rimanga un bene della collettività. Una soluzione allo studio (non solo in Svezia) è quella di creare una banconota digitale (la Cbdc, Central Bank Digital Currency) creata con la stessa tecnologia che sta dietro ai bitcoin.
Il secondo segnale è piuttosto sorprendente. A fronte della rapida diffusione dei pagamenti cashless, il valore del contante in circolazione negli ultimi dieci anni (con pochissime eccezioni, tra cui la Svezia) è cresciuto in valore assoluto e spesso anche in rapporto al Pil. Il fenomeno ha portata mondiale ma è visibile soprattutto nei Paesi più avanzati ed è distinguibile a partire dalla crisi finanziaria globale del 2008.
Dunque, accade questo: che il maggiore uso di strumenti di pagamento diversi dal contante procede di pari passo con la crescita del contante, particolarmente dei tagli più grandi. Al netto degli usi dell’economia sommersa, ciò può significare che teniamo a casa più contante perché il mondo è più incerto e perché il rendimento alternativo in un qualsiasi conto bancario è zero, ed è spesso negativo al netto dei costi e delle commissioni. In questa controtendenza sembrano prevalere anche altre motivazioni che remano contro la cashless society: rinunciare al contante rende impossibile convertire il nostro saldo in una moneta esterna al circuito privato e significa anche rinunciare a proteggere la nostra sfera personale dagli occhi indiscreti e dai provvedimenti unilaterali dei gestori privati e pubblici.
Le criptovalute
Resta infine da considerare l’eventuale sfida che proviene dalle «criptovalute». Gli appassionati di bitcoin cullano il sogno che un giorno la moneta «creata dal basso» metterà fine al potere monetario degli Stati e delle banche centrali. Ma bitcoin non è una valuta, non è un credito nei confronti di nessuno, e viene scambiato come si scambia un oggetto raro da collezione nella speranza che qualcuno ci offra di più di quanto l’abbiamo pagato. Se ci fate caso, lo scopo di chi vuole far soldi con bitcoin è incassare dollari o euro!
Più promettente è l’applicazione della tecnologia di bitcoin alle valute nazionali. La banconota digitale della banca centrale è in grado di conciliare tecnologia e affidabilità, ma solleva anche nuove domande: avremo ancora bisogno dei conti correnti? Il nostro borsellino digitale sarà davvero più sicuro del nostro portafogli? Saremo disposti ad accettare che le banche centrali siano in grado di tracciare ogni nostro pagamento? Evidentemente, la soluzione non è scontata e la cashless society dopotutto non sembra proprio dietro l’angolo. E ai governi un consiglio: evviva la tecnologia, ma attenzione a forzare i comportamenti privati per decreto.

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