martedì 22 Ottobre 2024

Se la tua identità è dietro il suo carro armato

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Il disastro spirituale, psichico e morale di un presunto antagonismo che corrode

Per Carl Schmitt la prima cosa in politica consisterebbe nell’identificazione del nemico. Ma di lì parte anche ogni stupidario antagonista.
Sarà che non si fa più politica bensì tifo da calcio, ma da questa premessa nascono dei problemi che non si risolvono. Il nemico di chi? Perché, se io non sono, non vedo chi potrebbe essere il mio nemico; e se addirittura pretendo di essere in quanto negazione del mio nemico, non sarò mai.
L’antagonismo è sterile, stupido e impantana, e così facendo fuorvia fino alla follia.

Quando mi piaceva Putin
Nel 2001, probabilmente primo in assoluto, esaltai la figura di Putin nella sua potenzialità. Venni considerato un criptobolscevico, un rossobruno o un pazzo. Lo feci perché vedevo come un fattore positivo la ricostruzione della potenza russa e la sua apertura verso la Germania, di cui era anche economicamente tributaria. D’altronde la crisi irachena partorì l’intesa Parigi-Berlino-Mosca.
Poi Putin partecipò a diverse manovre della Nato cui pensava di aderire, proposta di cui si fece altoparlante Berlusconi.
Quello  sì che era preoccupante per gli angloamericani perché andava incontro alla dottrina Schäuble: una Nato da Brest agli Urali avrebbe significato la nascita di due Nato diverse e rivali e un ridimensionamento angloamericano. Ma la politica russa varia a seconda se alla Casa Bianca siede un repubblicano o un democratico. Nel secondo caso abbandona la prospettiva gran continentale e si ributta sulla spartizione di Jalta. Accadde con Obama, si ripete con Biden. Gli Usa gongolarono e oggi gongolano di nuovo, noi no.

Il nemico del nemico? Un modello?
Guardavo allora con interesse a Putin non perché fosse il nemico del mio nemico e men che meno perché fosse un modello. Un modello di che poi non si sa, visto che si parla comunque di un sistema capitalista e oligarchico alla testa di un mosaico di etnie e religioni, in un vasto paese in pieno inverno demografico e in piena sostituzione etnica, che esprime mitologie politiche al contempo democratiche e comuniste, che fa a gara con l’Occidente nella difesa dell’ebraismo e con il Terzo Mondo nella colpevolizzazione dell’Europa e con entrambi nella “denazificazione”. Vi guardavo con interesse perché ritenevo – e ritengo ancora – che la linea gran continentale con la Russia potesse – e possa – permettere a entrambi di liberarci dall’egida americana, egida che per gli antagonisti non va bene in quanto americana, per me non va bene in quanto altrui. Qui sta il punto: o si guarda il mondo con l’impotenza antagonista o lo si guarda con la prospettiva di affermare noi stessi, nella ricucitura di tutto quel che ci rappresenta, in continuità di sangue, storica e simbolica.
Russi, americani, cinesi, indiani, per me cambia poco. M’interessano quando e se sono funzionali alla mia causa, non alla loro.

L’antagonismo è il masochismo che si vorrebbe sadico
Gli antagonisti non vogliono affermarsi, vogliono vendicarsi della loro insoddisfazione esistenziale. Così non hanno alcuna bussola o centralità, a loro sta bene che qualcuno sia apparentemente anti-americano anche se è un pedone consapevole dell’americano. Si accontentano, ma nei fatti non sono antiamericani (su facebook, twitter, netflix, smartphone combattono il sistema…), sperano solo che crolli l’Europa. Che vada a rotoli non l’auspicano per quello che ufficialmente sostengono, e non senza forzature e deformazioni, ovvero che la Ue sia agli ordini degli Usa, e questo mentre intelligences e think tanks americani, inglesi, cinesi, indiani, iraniani affermano esattamente l’opposto (anch’esso forzato ma più corretto). Essi sperano che crolli ogni possibilità di Europa perché è appunto una possibilità, perché per essa bisogna impegnarsi e mettersi in gioco e non fare come la quinta colonna dei ratti bolscevichi che aspettavano la massa informe perché distruggesse ogni reminiscenza di Forma.
S’indignano e sputano rancore insolente contro chiunque decida di tener fermo perché è fermo, perché ha volontà e contraddice, col suo solo essere, il loro catastrofismo apocalittico e la loro resa.
Filippo Anfuso, diplomatico fedele a Mussolini ricorda che, una volta sbarcato il nemico in Sicilia, si precipitò a Roma per prendere disposizioni e si accorse che nessuno pensava a difendersi ma tutti a cosa avrebbero fatto poi gli invasori. Gli antagonisti – filorussi è solo un dettaglio, un’immagine di copertina intercambiabile con tante altre – sono esattamente così, con in più l’utilizzo della propaganda distrorta per deridere il nemico: ovvero chi sta in piedi, chiunque esso sia.

Gli amici di Achille Lollo
Non voglio dilungarmi sulla deformazione continua dei rapporti “conflittuali” tra Usa e Russia – peraltro riarmata grazie a Clinton e Kissinger con il sostegno al padrino di Putin, l’sraelita Primakov – ché ancor oggi la Nato conferma tale conflitto di rapporti non essere in corso.
Sarebbe fin troppo facile ricapitolare le ragioni energetiche, economiche, borsistiche, dell’attacco russo all’Europa (non alla Nato e non agli Usa) mediante l’invasione ucraìna. La logica è stringente e tutte le intelligences non direttamente coinvolte concordano sulle ragioni di quest’offensiva (che avevano previsto) e sull’intesa russo-americana di oggi.
Ci si può non arrivare. È possibile non avere i dati, non cercarli, non saperli leggere. È possibile e giustificabile anche il non essere intelligenti.
Meno giustificabile è la malafede saldata con la psicopatia.
Una malafede psicopatica che ha portato a esaltare le repubbliche sovietiche del Donbas con tanto di bandiere rosse, di richiami all’Urss e portaparole ben specifici, come Achille Lollo.
Questi si sono scelti per difendere la civiltà contro i camerati tacciati di atlantismo e di servilismo a Sion mentre Putin esortava a distruggerli circondato da rabbini e ostentado la kippah…

La storia si ripete in farsa
In nome del proprio disturbo del reale e del fantasma di un anti-americanismo che non c’è, alcuni fulminati si schierano per un’offensiva che combatte l’Europa e rafforza la Nato, con così tanta mala fede da non riconoscere la fierezza di un popolo invaso che vuol essere indipendente e che emotivamente guarda a noi.
Sono così regrediti nel conscio e nell’inconscio che stanno trovando le medesime giustificazioni addotte dai porci rossi di allora per le invasioni di Budapest e di Praga: Mosca si difende, il vero aggressore è l’altro, si stanno liberando di un governo fantoccio. Oppure: e gli altri in Vietnam?
Nel 1968 scoprii l’Msi che diceva, appunto, che gli americani erano gli ultimi a poter parlare dell’invasione della Cecoslovacchia e che doveva farlo l’Europa; sostenerla contro l’aggressore.
Non giustificava l’aggressore come fanno oggi gli antagonisti postpostpostfascisti rossobruniti e, spesso, vecchi arnesi atlantisti (che alla fin fine sono quelli che han visto più giusto perché oggi Putin si batte per loro).

Può cambiare ancora
Gli atlantisti oggi sono proprio loro, i putiniani della Jalta eterna.
Come avevo scritto otto anni fa, e il tempo mi diede ragione, nulla è definitivo nella storia. Domani forse in Russia tornerà a prevalere la linea dell’intesa e dell’emancipazione dagli Stati Uniti, la linea che privilegia noi rispetto a Washington.
Quel giorno si potrà ricostruire, ma allora non saranno di certo ascoltati quelli che oggi hanno ululato e guaito servilmente appresso ai carri armati che hanno invaso una nazione libera accompagnando una strategia antieuropea che ho definito condotta da soldato russo sotto comando americano e con consigliere inglese.
Per quello serviranno, saranno rispettati ed ascoltat, solo coloro che hanno tenuta la postazione e non hanno abbassato la testa.
Così va da sempre il mondo.
In quanto agli altri, che pena vederli ridotti così, al punto di non essere più onesti né cavalieri!
È così brutto perdere il Sé?

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