C’è un senzatetto che ha scelto una panca per vivere. Nell’aeroporto Charles De Gaulle da 16 anni. Libero, autonomo e felice, ha chiuso il mondo fuori di sé.
PARIGI – È stanziale ma vive da 16 anni in uno dei crocevia del mondo. È un senzatetto ma ha un conto in posta da 300 mila dollari. Fa il clochard per scelta e il gentleman per indole. È di tutto questo un po’. L’iraniano Merhan Karimi Nasseri, da 16 anni «inquilino» dell’aeroporto parigino Charles De Gaulle. Steven Spielberg ha trovato così speciale la sua storia da farne il perno sul
quale ruota il suo ultimo film, «The terminal», che a settembre aprirà la mostra del cinema di Venezia. Ma a lui – al gentiluomo iraniano – la notorietà interessa poco e anche quei 300 mila dollari che il regista gli ha versato per i diritti d’autore non gli fanno molto gola. Quello a cui tiene più di tutto è vivere in pace nel cantuccio che gli fa da casa, fra un negozio d’abbigliamento e una farmacia, all’interno dello scalo aeroportuale. Non se ne parla di lasciare la panchina che
dal 1988 è diventata il suo letto, né vuole cambiare le abitudini quotidiane come quella di
alzarsi all’alba per usare senza fretta le toilette pubbliche dell’aeroporto. Nato nel Kurdistan iraniano e figlio di un medico che lavora per una compagnia petrolifera angloiraniana, Merhan si è laureato a Teheran in psicologia, nel 1972. È stato attivista dell’Associazione degli studenti iraniani contro lo Scià e nel 76 è finito anche in carcere per questo.
A vederlo passeggiare, da un capo all’altro dello scalo Charles De Gaulle, si direbbe un viaggiatore qualsiasi. Non ha l’aspetto di un uomo trasandato, né ha mai alzato il gomito. Al contrario: cerca come può di tenersi in forma e veste sempre di bianco, rigorosamente candido.
Se gli capita di scambiare due chiacchiere con qualcuno prima si
presenta: «Piacere, sono sir Alfred Merhan, l’apolide».