mercoledì 8 Maggio 2024

Un angelo, un diavolo?

Perché non ci si può schierare in nessuno dei fronti artificiali del gangsterismo globale

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Il distacco cognitivo rispetto alla realtà si fa sempre più massiccio; lo schema Buoni-Cattivi resta dominante e non lascia scampo ai neuroni in nessun campo.
Se le oligarchie sono ai ferri corti nel ridisegnare la mappa delle spartizioni mondiali, la sceneggiata dei “blocchi” tiene banco indisturbata, ma è assurda, tanto i presunti blocchi sono intrecciati tra di loro. Tutti dipendono in misura diversa dagli altri e non esistono in nessun campo delle spartizioni nette e dei fronti contrapposti.
Le sceneggiate per le plebi servono, appunto, alle plebi. Questo vale per l’Ucraìna, per i BRICS e per Gaza.
Tanto per fare qualche esempio alla rinfusa. Per quelli del Blocco B (stracciomondismo antioccidentale) Israele deve essere attaccata a parole e i palestinesi difesi a parole.
Per quelli del Blocco A (occidentalismo antipovero) Israele dev’essere giustificata e al massimo censurata, ma la Palestina dev’essere garantita solo con qualche formuletta dialettica.

Poi andiamo a verifica. Nel Blocco B troviamo tanto la Russia quanto alcuni paesi degli Accordi di Abramo, ovvero i maggiori esportatori in Israele, nonché suoi alleati strategici. Israele del resto si è sempre rifiutata di armare l’Ucraìna e ha anche inviato dei volontari tra le truppe russe.
L’Unione Europea ha invece aumentato gli aiuti a Gaza. Siamo noi italiani a portarli, e adesso è partita una macrospedizione coordinata tra Francia e Giordania che, sicuramente vanta il più occidentalista dei governi mediorientali. Il segretario di Stato americano, Blinken, che è israelita, ha iniziato un tour per coordinare gli aiuti a Gaza.
Il che non significa che lo schema vada rovesciato. Non è che l’immaginario Blocco A sia più vicino ai palestinesi (o meglio meno lontano da loro) di quanto lo sia l’inesistente Blocco B.
È tutta una pagliacciata in cui s’intrecciano interessi al contempo comuni e divergenti tra le varie oligarchie. Le quali su una cosa concordano: i loro fatti non collimano mai con le loro dichiarazioni.

Anche l’alleanza contro i pirati yemeniti houti nel Mar Rosso è composita e, per la prima volta da tanto tempo, annovera insieme gli alleati della guerra mondiale: Italia, Germania e Giappone. Era già accaduto una quarantina di anni fa con l’opposizione al blocco all’Iran voluto dagli americani.
È un groviglio difficile da districare e mi rendo conto che sia complicato prendere posizioni che non siano viscerali e non partano da un qualcosa di positivo ma dalla presunzione di scegliere, tra le varie schifezze, il “male assoluto” contro cui illudersi di ergersi, tifando per un altro bandito.
Un po’ come se nella guerra tra palermitani e corleonesi ci si fosse schierati pretendendo che il clan considerato meno peggio stesse facendo la lotta alla Mafia.

Hamas, come l’Isis e tutta la galassia dei terroristi islamisti, non è compatta ed ha vari clan e capi che si combattono tra loro. Tra qualche tempo scopriremo quale componente si era accordata con Tel Aviv per scatenare, con il massacro del 7 ottobre, la macelleria di massa su Gaza (Hamasrael…).
Lo scopriremo perché sarà quella che assumerà il comando della Palestina ridimensionata, così come ci renderemo conto di quanto avranno inciso in tutta questa tragedia concordata a tavolino i giacimenti di gas sottomarino e l’ipotetica apertura del Canale Ben Gurion (cui i blocchi alterni di Suez e del Mar Rosso sono provvidenziali).
Si vedrà come si svilupperanno gli Accordi di Abramo e se riuscirà la mossa di impedire il ravvicinamento tra Arabia Saudita e Iran.

In qualche modo proprio l’Iran è nell’occhio del ciclone. Ma non è un motivo sufficiente per simpatizzare per un regime imperialista che pretende di parlare nel nome di un dio.
L’attentato sulla tomba di Suleimani non deve farci dimenticare di che personaggio stiamo parlando. Coordinava i suoi nell’Iraq invaso, smembrato, occupato e retto da un governo fantoccio messo insieme da Teheran e dagli americani. Per quasi mezzo secolo l’Iran ha svolto una politica che ha favorito gli interessi americani nell’area e ha combattuto tutti i governi socialnazionali e filoeuropei.
Provò ad invadere l’Iraq nel 1980 per impedire la realizzazione del nucleare iracheno con tecnologia francese e aiuto italiano. La stessa Siria partecipò fin dal 1977, con un attentato a Baghdad, all’offensiva israelo-americana contro l’Iraq e l’Europa. E se gli ayatollah stanno a Teheran lo debbono proprio alla necessità israelo-americana di allora, di cui (Irangate docet) furono consapevoli esecutori.

Comprendo che assistere a una serie di macellerie perpetrate per conto di oligarchie criminali non sia piacevole e si vorrebbe che qualcosa cambi. Ma se ciò accadrà, prescinderà dai gangsters. Non ce n’è uno che sia meglio degli altri, così come non ce n’è nessuno che una volta o l’altra non svolga una funzione positiva da qualche parte. Perfino la Russia e l’Iran sono riusciti a farlo in Siria, il che è davvero tutto dire visto che per il resto sono anche peggio degli americani!
Quel che è certo è che non si può stare con nessuno dei banditi. Ed è ormai così evidente, almeno per l’inconscio, che neppure l’individuazione del Nemico da cui identificarsi per contrapposizione sta facendo l’unanimità in nessuno dei conflitti, e questo non per effetto di propaganda ma per rifiuto istintivo di accodarsi a una qualche bestia idrofoba e bugiarda.
Dobbiamo crescere noi. Crescere spiritualmente, esistenzialmente, concettualmente: dobbiamo farlo in Europa e per la Civiltà. Solo questo conta, solo questo è.
La lotta tra gli imitatori goffi dei titani – comunque nemici dell’Olimpo – non può essere la nostra.

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