Cecenia: i soliti intrighi dei soliti noti |
|
|
|
Scritto da Jeffrey Steinberg
|
Martedì 14 Settembre 2004 01:00 |
I neoconservatori americani sono dentro fino al collo nelle vicende cecene. L’istigazione del fondamentalismo islamista in funzione anti-russa ( e con un occhio, tanto per cambiare, agli oleodotti) fa parte di una strategia ormai collaudata. Qualcuno, però, preferisce ancora parlare di scontri di civiltà: in effetti è molto più comodo che cercare i veri responsabili.  Criticando espressamente i paesi occidentali in un discorso dell'8 Settembre, il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov ha detto che essi "hanno responsabilità dirette per la tragedia del popolo ceceno perché danno asilo politico ai terroristi. Quando i nostri partner occidentali dicono che dobbiamo rivedere la nostra politica, che essi chiamano tattiche, io li inviterei a non interferire negli affari interni della Russia". Lavrov faceva così riferimento alle decisioni di Stati Uniti ed Inghilterra di dare asilo politico a due leader separatisti ceceni, Ilyas Akhmadov e Akhmed Zakayev, che oggi vivono rispettivamente a Washington e a Londra. I due hanno avuto legami con Aslan Maskhadov e Shamil Basayev, i dirigenti di due fazioni indipendentiste cecene. Ma questa decisione di autorità inglesi e americane di ospitare e proteggere gente vicina alla recente ondata di terrore che ha scosso la Russia è solo la punta dell'iceberg. L'EIR ha iniziato una ricerca sulla strategia degli ambienti liberal-imperialisti, in Inghilterra e negli USA, che mirano a sottrarre alla Russia tutta la regione caucasica ricca di petrolio. Si tratta di una strategia che procede a tutto vapore dal 1999 e che s'inquadra più generalmente nel contesto del Piano Bernard Lewis, che diventò operativo negli anni Settanta, con cui ci si riproponeva di minare tutta la regione meridionale dell'allora Unione Sovietica, trasformandola in un "Arco di crisi". I punti focali del piano di destabilizzazione a lungo termine, che contava di fare leva soprattutto sull'istigazione del fondamentalismo islamico, erano l'Afghanistan e la Cecenia.
Brzezisnski, Haig e Solarz
Chi segue regolarmente l'EIR non si meraviglierà del fatto che tra gli architetti delle provocazioni oggi in atto nel Caucaso spicchi Zbigniew Brzezinski, il consigliere di sicurezza nazionale di Carter che per primo adottò i piani geopolitici messi a punto da Lewis all'Arab Bureau di Londra, che contavano di usare il radicalismo islamico contro il comunismo sovietico. "L'arco di crisi" di Brzezinski e Lewis fu ereditato in blocco dall'amministrazione Reagan-Bush nel 1981. Questo fu in parte dovuto ai buoni uffici del direttore della CIA William Casey e dall'allora capo dei servizi francesi Alexandre de Maranches. La promozione dei mujhaiedeen diventò un progetto curato dalla banda dei neo-con che si trasferì al Pentagono ed al Consiglio di Sicurezza nazionale con Reagan, con i soliti noti in testa: Douglas Feith, Michael Ledeen e Richard Perle. Nel 1999 un centro di coordinazione delle destabilizzazioni che i neo-con giustificano in nome dei diritti umani, la Freedom House fondata da Leo Cherne, lanciò un organismo chiamato American Committee for Peace in Chechnya (ACPC). L'obiettivo dichiarato: interferire negli affari interni della Russia ricorrendo alla scusa secondo cui "la guerra russo-cecena" deve essere risolta "pacificamente". A guardare la lista dei presunti pacifisti dell'ACPC si resta però perplessi. I fondatori sono infatti Brzezinski, Alexander Haig (segretario di stato che disse "ci sono io al comando" quando Reagan fu vittima dell'attentato del 1982), e l'ex deputato Stephen Solarz. Tra i membri: Elliot Abrams, Kenneth Adelman, Richard Allen, Richard Burt, Elliot Cohen, Midge Decter, Thomas Donohoue, Charles Pairbanks, Frank Gaffney, Irving Louis Horowitz, Bruce Jackson, Robert Kagan, Max Kampelman, William Kristol, Michael Ledeen, Seymour Martin Lipset, Joshua Muravchik, Richard Perle, Richard Pipes, Norman Podhoretz, Arch Puddingto |
Scritto da Agi
|
Martedì 14 Settembre 2004 01:00 |
Nella società dello spettacolo, Hollywood domina la scena e determina gli stati d’animo mondiali. Ma quatti quatti, i nipponici, stanno appropriandosi dei maestri vampiri, comprandoseli: tanto sono in vendita.  Una cordata di investitori, guidata dalla giapponese Sony, mette sul piatto della bilancia quasi 5 miliardi di dollari e s'impossessa di uno dei marchi piu' prestigiosi della cinematografia mondiale, il Leone ruggente della Metro Golden Mayer. L'ambito tesoro della Mgm e' una libreria di oltre 4.100 film, tra i quali spiccano 200 premi Oscar e pellicole come 'Casablanca', "Via col vento", "Arsenico e vecchi merletti","L'appartamento", oltre alla serie degli 007, a quella dellaPantera Rosa e dei Rocky e a successi piu' recenti come "Thelma e Louise" e "Hannibal". Una sterminata cineteca che sommata ai 3.500 titoli acquisiti dalla Sony nel 1989 dalla Columbia Pictures per 3,4 miliardi di dollari, consentira' alla casa giapponese di controllare e commercializzare nel circuito dei dvd e delle nuove tecnologie laser quasi il 40% dell'intera filmografia prodotta da Hollywood. |
Finché morte non ce ne separi |
|
|
|
Scritto da La Proposta
|
Venerdì 10 Settembre 2004 01:00 |
Forza Italia: «Oriana Fallaci senatore a vita». Che si ritiene breve.  Forza Italia appoggia l’iniziativa che sostiene la nomina di Oriana Fallaci a senatore a vita. «La proposta avanzata da più parti e rivolta al Capo dello Stato - ha detto ieri Sandro Bondi - meriterebbe di essere accolta Ma, se il suo tumore non è una bufala, almeno non ce la sorbiremo a lungo. |
I Ceceni sono in buone mani |
|
|
|
Scritto da www.peaceinchechnya.org
|
Venerdì 10 Settembre 2004 01:00 |
L’elenco dei membri del Comitato Americano per la Pace in Cecenia: un concentrato di estremisti neocons, teorici della guerra preventiva, falchi sionisti, fanatici guerrafondai, entusiasti sostenitori dell’imperialismo USA. Se alla pace ci pensano loro, allora siamo a cavallo… 
Morton Abramowitz Elliott Abrams Kenneth Adelman Bulent Ali-Reza Richard V. Allen Audrey L. Alstadt Vadim Altskan Zeyno Baran Antonio L. Betancourt John Bolsteins John Brademas Zbigniew Brzezinski Richard Burt John Calabrese Eric Chenoweth Walter C. Clemens Eliot Cohen Nicholas Daniloff Ruth Daniloff Midge Decter James S. Denton Larry Diamond Thomas R. Donahue Robert Dujarric
John Dunlop Charles Fairbanks Sandra Feldman Geraldine A. Ferraro Catherine A. Fitzpatrick Erwin Friedlander Frank Gaffney Charles Gati Richard Gere Douglas Ginsburg Paul Goble Marshall I. Goldman Orlando Gutierrez Barbara Haig Alexander M. Haig, Jr. Robert P. Hanrahan Paul B. Henze Eleanor Herman Peter J. Hickman Norman Hill Irving Louis Horowitz Glen E. Howard Bruce P. Jackson
Robert Kagan Max M. Kampelman Thomas Kean Mati Koiva Guler Koknar Harry Kopp William Kristol Janis Kukainis Saulius V. Kuprys Kenneth D. S. Lapatin Michael A. Ledeen Robert J. Lieber Seymour M. Lipset Robert McFarlane Mihajlo Mijajlov Bronislaw Misztal Joshua Muravchik Julia Nanay Johanna Nichols Jan Nowak William Odom P.J. O'Rourke J. Dimitry Panitza Richard Perle
Richard Pipes Norman Podhoretz Moishe Pripstein Arch Puddington Peter Reddaway Peter R. Rosenblatt David Saperstein Gary Schmitt William Schneider Alexey Semyonov Andrew M. Sessler Philip Siegelman Sophia Sluzar Stephen J. Solarz Helmut Sonnenfeldt Gregory H. Stanton Leonard R. Sussman Barry Tharaud Jack Thomas Tomarchio Sinan Utku George Weigel Caspar Weinberger Curtin Winsor R. James Woolsey Tatiana Yankelevich |
Scritto da Sole 24 ore
|
Martedì 07 Settembre 2004 01:00 |
Dalla politica autarchica del Ventennio si è passati alla dipendenza più assoluta. Quella che si vorrebbe imporre all’Europa tutta nel suo insieme.  L’Italia è sempre più dipendente dall’estero per le fonti energetiche. Lo segnala un’analisi dell’Eurispes, che indica segnali positivi, invece, sul fronte delle fonti energetiche rinnovabili: il contributo al bilancio energetico nazionale è cresciuto del 25% fra il 1995 e il 2001, pur restando al di sotto delle potenzialità di crescita. La dipendenza del Belpaese dall’estero resta, comunque, elevatissima. Importiamo il 99% del fabbisogno di carbone, poco meno del 50% di petrolio (la media della dipendenza mondiale è del 38 per cento). La dipendenza dell¹Italia nel fabbisogno di gas naturale utilizzato per l’energia elettrica è salita dal 21% degli anni Novanta al 45% di oggi. Secondo lo studio, ad aggravare le carenze delle politiche energetiche attuate per diminuire la dipendenza dall¹estero si sommano i ritardi nell¹estrazione di petrolio dai giacimenti della Basilicata. |
Il narco-mondialismo contro l’Eurasia |
|
|
|
Scritto da www.paris-berlin-moscou.org
|
Martedì 07 Settembre 2004 01:00 |
Alimentato dalla politica anglo-americana, il traffico di oppio ed eroina provenienti dall’Afghanistan “liberato” ha forti ripercussioni sulla geopolitica delle repubbliche ex sovietiche. Viaggio nel pantano centro-asiatico tra regimi corrotti, milizie “indipendentiste”, pressioni della NATO ed un mare di droga utilizzata dagli USA in funzione anti-eurasiatica 
Il narcotraffico di origine afghana alimenta una filiera d’instabilità che penetra nell’intero spazio eurasiatico. Se nella “fascia sud” centrasiatica (repubbliche d’Uzbekistan, Kirghizistan e Turkmenistan) il narcotraffico presenta un carattere virulento e radicato nello sfacelo in cui i regimi post-sovietici hanno trascinato i loro Paesi, il movimento delle droghe è all’origine di altri ordini di problemi più a nord, in Kazakistan, Stato che per le sue dimensioni continentali costituisce un insieme regionale a parte, e che per la sua posizione rappresenta la porta principale per l’introduzione di droga in Europa attraverso la Russia. Quest’ultima, sforzandosi di emancipare gli apparati di Stato dalla cleptocrazia eltsiniana che ne ha penalizzato l’azione nel corso dell’ultimo decennio, sta preparando nuovi strumenti per reagire a un flagello che mina le basi stesse della sua esistenza.
Ostaggi e vassalli
Il narcotraffico costituisce un buon metro per misurare la realtà della “vittoria” angloamericana in Afghanistan. Dopo l’estromissione dei talebani da parte di Londra e Washington, le aree coltivate ad oppio sono raddoppiate fra il 2002 e il 2003 (da 31.100 a 61.500 ettari, mentre alla vigilia dell’occupazione angloamericana non erano che 1.700), pari a una produzione di oltre 3.600 tonnellate (circa tre quarti della produzione mondiale). Di fronte al disastro i due alleati hanno cominciato ad accusarsi a vicenda: dapprima Londra ha criticato Washington di lasciare mano libera ai “signori della guerra” dell’Alleanza del Nord per non inimicarseli; più recentemente il Dipartimento di Stato ha imputato il fallimento al lavoro degli uomini di Sua Maestà – che in seguito all’Accordo di Bonn del 2002 avevano ricevuto l’incarico di gestire i programmi antinarcotici – il cui risultato, secondo le stime ufficiali statunitensi, potrebbe essere un ulteriore raddoppio dei campi di papavero nel 2004.
Per effetto dell’efficiente politica di controllo realizzata dall’Iran alle sue frontiere orientali – che ha praticamente portato alla chiusura della tradizionale rotta dell’eroina Turchia-Balcani – le repubbliche post-sovietiche dell’Asia centrale sono state investite dall’incremento della produzione afghana, che si è espansa in particolare nelle province confinanti del Nord (Badakh an in primo luogo). A gennaio l’Agenz |
Europa: essere o non essere? |
|
|
|
Scritto da www.paris-berlin-moscou.org
|
Martedì 07 Settembre 2004 01:00 |
“Prevenire l’emergere di un’alleanza permanente franco-russo-tedesca”: questo l’esplicito programma dell’ American Heritage Foundation, pensatoio della politica estera statunitense. La formazione di una comunità eurasiatica, dall’Atlantico al Pacifico, è da sempre il LORO incubo. Sarà per questo che è anche il NOSTRO sogno. Un sogno che, pian piano, può divenire realtà. 
Di Henri de Grossouvre
Attualmente l’Europa sta attraversando un periodo cruciale durante il quale essa potra’ o riappropriarsi di se’ stessa ovvero avviarsi verso il declino. L’alternativa e’ dritta davanti a noi; o gli Europei riprendono il controllo della loro sicurezza, della loro politica estera e della propria evoluzione demografica - cosi’ diventando attori indipendenti sulla scena della politica internazionale - o escono dalla storia, mescolandosi in una grande zona di libero scambio sotto la protezione strategica USA. Dovremmo ringraziare gli Stati Uniti per la loro brutale politica unilaterale, visto che hanno costretto gli Europei a sollevare numerose questioni riguardanti la configurazione finale della UE , la sue relazioni con l’America e la Russia, i suoi confini, la sua autonomia energetica e la drammatica e presto irreversibile condizione demografica dei paesi europei. Percio’ un rapporto sul “ commercio mondiale nel XXI secolo ” preparato sotto la direzione di Philippe Colombani all’IFRI su richiesta del Commissario Europeo Pascal Lamy solleva alcuni di questi punti essenziali, finora tabu’, come il declino dei tassi di natalita’ nel vecchio continente. Colombani arriva alla conclusione che l’Europa ha la necessita’ di delineare una partnership strategica con la Russia, a partire dal tema della produzione di energia. Questo tema rappresentava anche la principale raccomandazione del mio libro “ Parigi, Berlino, Mosca ” pubblicato nell’aprile del 2002 durante le settimane finali della presidenza italiana della UE che aveva assegnato alta priorita'’ alla cooperazione euro-russa. Quasi un anno dopo la sua prima apparizione, l'asse Parigi- Berlino- Mosca prese forma nel contesto della crisi irakena e venne annunciato dai media in tutto il mondo. Il mio libro spiega pure come , sin dalla presidenza di Charles de Gaulle fino ad oggi, Francia e Germania, ogni qual volta concordino e cooperino su obiettivi comuni, siano sempre in grado di assicurarsi il sostegno dei propri “soci” europei. E spiega anche che forgiare una partnership strategica tra Unione Europea e Russia metterebbe in grado l’Europa di affrontare con successo le sfide del nuovo secolo nelle aree delle risorse energetiche, della sicurezza, dell’utilizzo dello spazio e del governo delle alte tecnologie. Il caso della politica comune adottata sull’Iraq da Francia, Germania e Russia rivela il potenziale di tale asse. La ‘troika” come motore di pace per una piu’ grande Europa non intende minacciare alcuna altra potenza. Comunque, dai tempi di H. Mackinder, gli strateghi anglo-sassoni ben sanno che un guadagno di potere in qualsiasi regione del mondo implica un declino altrove. Ecco il motivo per cui gli Stati Uniti, insieme ai propri confederati europei, non risparmieranno alcuno sforzo per prevenire una cooperazione permanente tra Francia, Germania e Russia, come evidenziato in un documento datato 28 agosto 2003 dal titolo “Cogliere i frutti: prevenire l’emergenza di un’alleanza permanente franco-russo-tedesca” edito dalla American Heritage Foundation. La collaborazione franco-tedesca -che era in bassa marea - e’ stata resuscitata. Il presidente francese Jacques Chirac ha opposto resistenza ai diktat americani, per i qual |
Arabia Saudita: tre morti in una ressa davanti ad Ikea |
|
|
|
Scritto da Ansa
|
Venerdì 03 Settembre 2004 01:00 |
A Gedda, per buoni acquisto distribuiti all'inaugurazione Tre uomini sono morti a Gedda, in Arabia Saudita, in una ressa avvenuta davanti all'azienda svedese di arredamento Ikea. Era il giorno dell'apertura inaugurale: una folla di oltre 70 mila persone si e' presentata all'ingresso, invogliata dai buoni acquisto da 150 dollari riservati ai primi 50 arrivati. Di qui la sfrenata corsa, finita in rissa. Secondo le fonti sanitarie, altre 16 persone sono rimaste ferite. I morti sarebbero due pachistani e un saudita. |
Scritto da Dagospia
|
Giovedì 02 Settembre 2004 01:00 |
Moore dal Rabbino: Israele, il popolo più oppresso del mondo. Alla Convention repubblicana, accanto a Michael Moore stava seduto il commentatore radiofonico conservatore Shmuley Boteach, che tra l’altro è anche rabbino. A Page Six del “New York Post”, Boteach ha raccontato un suo scambio di battute con il regista di Fahrenheit 9/11, presente al raduno nelle vesti di giornalista di “USA Today”. Alla domanda: “Come ti senti a essere fischiato così?”, Moore ha replicato: “Be¹, sono lusingato. Questa gente ama il nostro paese e scommetto che se potessi parlare faccia a faccia con ognuno di loro saremmo d’accordo su molte cose”. La conciliante risposta del regista non ha scoraggiato il rabbino che ha proseguito: “Perché metti a repentaglio la tua credibilità passando per uno che detesta gli ebrei?” ”Ma io amo Israele ha risposto Moore, che in passato aveva aspramente criticato la politica di Tel Aviv, Credo nella sicurezza di Israele. Secondo me, il popolo israeliano è il più oppresso del mondo”. Musica, per le orecchie del rabbino. |
Scritto da repubblica.it
|
Mercoledì 01 Settembre 2004 01:00 |
Alla convention repubblicana va in scena l’ex culturista pompato (già vittima in gioventù delle violenze del padre nazista, ma anche testimone dei carri sovietici che invadevano l’Austria… se ci pensa bene forse troverà anche uno zio islamico che gli negava le caramelle…) che canta le lodi del sogno americano e si autoinveste difensore dell’umanità. Schwarzy è ormai prigioniero del suo personaggio. Legatelo!  NEW YORK - "Four more years". I delegati del Madison Square Garden hanno salutato con un augurale e convinto "ancora quattro anni" l'investitura ufficiale alla Convention repubblicana di Bush e Cheney per la sfida alla conquista della Casa Bianca il 2 novembre. Sono stati i 75 delegati dello stato chiave della Pennsylvania a consentire al presidente Usa e al suo vice di superare il quorum necessario di 1255 delegati per ottenere la nomination. Grazie alla Pennsylvania Bush e Cheney hanno raggiunto 1321 delegati.
Alla convention repubblicana è stato ieri il giorno della first lady Laura, di cui i sondaggi più recenti dicono che è più popolare del marito: due terzi degli americani ne hanno un'opinione favorevole. E un altro sondaggio ha fatto da protagonista ieri, quello che, controcorrente ai più recenti, da Kerry in vantaggio sul rivale di qualche punto.
A scaldare il pubblico, prima dell'intervento di Laura, ha pensato il governatore della California Arnold Schwarzenegger, che si è definito l'incarnazione del sogno americano e ha appoggiato la lotta al terrorismo definendo Bush e gli Stati Uniti meglio dell'Onu.
Continua intanto ad aumentare il numero degli arresti eseguiti a margine della convention: sono ormai 700, secondo fonti delle forze dell'ordine, da quando, giovedì scorso, sono cominciate le manifestazioni di protesta contro il presidente Bush.
Cappelli da cowboy, gilet con i colori della bandiera, maschere da elefante (il simbolo del partito), perfino un sosia di Abramo Lincoln. Il 'Day 2' della Convention era all'insegna dei valori dell'altruismo, della compassione, del volontariato del "governo che deve render conto alla gente, non della gente che deve render conto al governo", come ha detto Schwarzy.
Scuole, sanità per gli anziani, lotta all'Aids: i repubblicani ci tengono quanto i democratici sia pure con filosofie di approccio diverse, ma è stata Laura Bush a ricordare all'America che la nazione è in guerra e che l'attuale inquilino della Casa Bianca è un grande presidente di guerra, degno emulo di giganti della storia come Lincoln e come Franklin Delano Roosevelt che decise di mandare la gioventù americana al fronte "per salvare il mondo dalla tirannia".
Dal podio della Convention Laura Bush ha descritto il marito come un guerriero coraggioso e determinato, capace di proteggere le famiglie americane dalle forze malvagie del terrorismo: "Potete contare su di lui, specialmente nelle crisi", ha detto ricordando che oggi 50 milioni di persone al mondo vivono libere grazie alla visione e alla leadership del presidente.
Poco prima, un oceano di cartelloni con la scritta 'Arnold' in bianco su fondo blu agitava la platea. Salito sul palco, l'ex attore di Hollywood si è presentato alla Convention repubblicana di New York come l'incarnazione dell''American Dream' esortando gli immigrati come lui a seguire il suo esempio cogliendo "le opportunità dell'America" per "realizzare i propri sogni".
Anche Schwarzenegger come Laura Bush non ha mancato di ricordare agli elettori la necessità della guerra al terrorismo, un nemico ancora più insidioso del comunismo che Schwarzy ha detto di aver conosciuto negli anni dell'infanzia nell'Austria natia occupata dai carri armati sovietici.
E gli Stati Uniti, ha detto l'ex Terminator, sono meglio dell'Onu per la difesa della democr |
|
|