sabato 27 Luglio 2024

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Cosmetici: l’invasione è islamica

       Halal, ovvero lecito, concesso. Un vero e proprio must per chi segue i dettami della legge islamica. Niente carne di maiale o derivati e, naturalmente, alcol bandito. Non solo a tavola, però. L’Haram, ovvero ciò che è tassativamente proibito dalla sharia, è ‘regola’ che va oltre il cibo: anche una boccetta di profumo o un mascara possono essere vietati. E, nonostante la crisi economica, l’Halal si trasforma in un business che fa gola e che continua a crescere almeno sul fronte della cosmesi.

Il settore registra un giro d’affari di 560 mln di dollari in tutto il mondo, forte di una base di consumatori, stando alle stime, di 1,8 miliardi di persone distribuite in 100 diversi Paesi e con trend demografici positivi. A fornire i numeri è la britannica Saaf, azienda di prodotti per la bellezza, apripista nella produzione di cosmetici ‘corretti’ secondo la religione islamica.

Forte dell’esperienza acquisita, Saaf traccia anche un identikit del consumatore tipo. L’eldorado halal, almeno sul fronte cosmetico e farmaceutico, è una terra ‘rosa’, dove i consumi vengono pilotati da donne di istruzione media e appartenenti a una classe sociale alta. Il cuore pulsante del pianeta halal si trova negli Emirati Arabi, dove transitano merci ‘corrette’, in perfetta armonia col Corano, per un valore di ben 150 mld di dollari l’anno. Ma gli altri Paesi, compresi quelli europei, non stanno certo a guardare. Anche l’Italia sembra aver captato l’aria di affari. “Le importazioni italiane verso i Paesi arabi – spiega all’ADNKRONOS SALUTE Gian Andrea Positano, a capo del Centro studi di Unipro, l’Associazione delle imprese che operano nel settore della cosmetica – sono cresciute maggiormente rispetto alla media, attestatasi nel 2008 a un +2,4%”. A trainare l’export italiano, “soprattutto Emirati Arabi e Arabia Saudita”.

Dai dati Unipro, non è possibile capire se i prodotti che hanno fatto lievitare le vendite nei Paesi arabi siano halal, ma è lecito supporlo “soprattutto considerando le capacità delle imprese italiane di specializzarsi rispondendo a specifiche esigenze di alcuni target di mercato”, fa notare Positano.

Un mercato che sembra destinato a crescere ulteriormente, “poiché la radicalizzazione del credo religioso e dei precetti della fede islamica – spiega Carla Scesa, docente di chimica dei prodotti cosmetici all’università Cattolica Sacro Cuore di Roma – finiscono per estendere gli halal e gli haram su più fronti”. Anche per questo in ogni angolo del Pianeta, Europa in primis, si fanno spazio aziende di certificazione halal per prodotti con bollino. Per quanto riguarda creme, trucchi e rimedi per cancellare i segni del tempo, “il problema non è tanto legato ai derivati suini – spiega Scesa – poiché dopo il tormentone mucca pazza le aziende del settore hanno progressivamente abbandonato la cosmetologia di origine animale, quanto alla presenza di alcol etilico, sostanza naturalmente vietata dalla sharia”. Benché l’arte della distillazione nasca proprio dal mondo arabo, “la presenza di etanolo in profumi, fragranze ed acque distillate, rende questi prodotti decisamente haram”, dunque proibiti. Ma l’alcol etilico non è solo in olezzi e effluvi, “ma anche in tonici e altri prodotti struccanti, lozioni per capelli, viso, corpo”, fa notare l’esperta.

Dubbi, poi, sull’uso di “glicerina e glicole propilenico, due sostanze gettonatissime nei prodotti di bellezza, usate soprattutto per idratare”. I divieti, tuttavia, non si traducono in rinuncia dei prodotti di cura del corpo, “del resto – fa notare Scesa – possiamo contare su ben 13 mila ingredienti cosmetici, dunque è possibile trovare alternative e, parallelamente, aprire a fasce di consumatori con particolari esigenze”.

Ne sa qualcosa Almaas Halal Cosmetics, azienda australiana partita inizialmente da un mascara rigorosamente halal, e ora produttrice di una vasta gamma di prodotti per la bellezza certificati nel pieno rispetto della sharia. Sulla stessa scia Annese Cosmetic, Yakin Invest, Zisha Seri Guna e Clara International, aziende estremamente accreditate tra i consumatori di prodotti halal.

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