Il Quay d’Orsay prigioniero dei luoghi comuni degli apparati d’influenza americani che cercano di tagliare fuori l’Europa dal suo entroterra
BIELORUSSIA ”La Francia è molto preoccupata per gli ultimi sviluppi in Bielorussia, in particolare per la repressione di cui vengono fatte oggetto le manifestazioni pacifiche che si tengono quotidianamente a Minsk dal 18 ottobre. Queste manifestazioni fanno seguito agli scrutini dello scorso 17 ottobre, che non hanno permesso agli elettori bielorussi di esprimere liberamente la loro volontà. La Francia, a questo proposito, si richiama alle conclusioni della missione di osservazione dell’OCSE, che essa sottoscrive in pieno, così come alla dichiarazione del 20 ottobre dell’Unione Europea. La Francia rileva peraltro le misure prese dalle autorità bielorusse nei confronti dei responsabili dell’opposizione, come l’aggressione di cui è stato vittima M. Lebedko e le incarcerazioni di M. Statkevic e di numerosi membri del movimento ”Zubr”. La Francia è disposta ad esaminare con i suoi associati dell’Unione Europea e della comunità internazionale ogni misura che potrà contribuire al rafforzamento della società civile bielorussa e all’evoluzione della Bielorussia verso la democrazia e lo Stato di diritto. ”
Riguardo alla Bielorussia, nel paragrafo 3 del Notiziario Diplomatico del Ministero degli Affari Esteri, in data 26 ottobre, il portavoce del Quai d’Orsay non si accontenta di lanciarsi in un inammissibile attacco in piena regola contro un paese indipendente e sovrano, ma difende a spada tratta un movimento denominato Zubr. Forse il portavoce non sa che cosa sia questo gruppo. Se lo ignora, è assai grave che un funzionario si esprima a nome della Francia; ma se lo sa, è ancora peggio.
Per quelli che non lo sapessero, Zubr è l’equivalente dell’Otpor in Serbia, di Kmara in Georgia, di Pora in Ucraina e di Mjaft in Albania, paesi in cui l’ingerenza degli Stati Uniti è proporzionale ai loro interessi geostrategici, i quali divergono, lo si constata quotidianamente, da quelli degli Europei. Questi movimenti giovanili non sono per nulla, come viene suggerito, delle spontanee emanazioni della “società civile”, ma, al contrario, delle fabbricazioni sponsorizzate con milioni di dollari dalle mentite spoglie dell’ingerenza statunitense nei punti caldi che riguardano direttamente l’Europa (i Balcani, il Caucaso, l’anello circolare dell’Eurasia). Questi apparati si chiamano USAID, National Endowment for Democracy (NED), Open Society Institute (Fondazione Soros), German Marshall Fund of the United States, Freedom House ecc. In collaborazione con la Jamestown Society, nella quale ritroviamo Zbigniew Brzezinski, il teorico dello smantellamento della Russia, la Freedom House, diretta dall’ex responsabile della CIA James Woolsey, ospita l’American Committee for Peace in Chechnya, incaricato di condurre la guerra dell’informazione contro Mosca e gli interessi europei con il pretesto, già utilizzato nei Balcani, della democrazia e dei diritti dell’uomo (difesi, come ben si sa, in Iraq). Con associazioni come l’International Crisis Group (ICG) di Morton Abramowitz, l’uomo che a suo tempo consegnò i missili Stinger al guerrigliero afghano vicino a Osama Ben Laden, il trafficante di droga Gulbuddin Hekmatyar (sempre in attività), ci si trova al cuore del dispositivo dell’ingerenza americana in Eurasia. Questi movimenti non sono soli. Per le necessità della causa sono stati fabbricati una serie di siti internet incaricati di rafforzare la propaganda virtuale e istituti di sondaggio (come il CeSID in Serbia) che «accompagnano» le elezioni di quelli che in altre parole sono i paesi-bersaglio, designano in anticipo i vincitori, influenzano psicologicamente i votanti e danno dei risultati che le commissioni elettorali non hanno, ancor prima della chiusura degli scrutini (si constata che i loro colleghi molto meno rapidi negli Stati Uniti).
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