sabato 27 Luglio 2024

Erano nati sulle trincee

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rigenerarono l’Italia, in marcia

Erano nati sulle trincee.
Avevano sopportato stoicamente ogni pericolo, ogni terrore, ogni privazione. Nel freddo, nella fame, nell’orrore, nel confronto con la paura animale, con l’appetito animale, con la bestia dentro di sé, avevano prevalso, si erano dominati e, dunque, si erano conosciuti e scoperti.
Giunti all’estremo limite avevano compreso che non esistono limiti invalicabili se non quelli che ci costruiamo da noi: così nell’elementarità e nella precarietà più assoluta avevano appreso la saggezza, la serenità, la calma e l’incorruttibilità.
Erano combattenti di trincea, travolti da quelle tempeste d’acciaio che Jünger ha immortalato in maniera impareggiabile. Chi riusciva a superare la lacerazione, la follia, la disperazione, raggiungeva stadi olimpici. Come i combattenti francesi di Verdun presi in foto nella pausa tra un’inutile offerta sacrificale alla mietitura dell’artiglieria tedesca ed un’altra ma così serafici nell’assurda attesa della pioggia di fuoco che di lì a poco li avrebbe quasi tutti smembrati e sepolti per l’eternità da infondere un senso di pace ancora oggi a chi li osserva in effige.
Alle spalle si erano lasciati il proprio alter ego, il gemello inferiore che ognuno porta in sé, e con lui tutti i pescecani del mercato nero, i politicanti da strapazzo, gli affaristi piccoli piccoli, gli invidiosi di ogni razza e stampo, gli scrivani, gli intellettuali, i ruffiani e tutti coloro che vendono se stessi, corpo ed anima, e non esitano a svendere gli altri.
Quando la vittoria mutilata o la pugnalata alle spalle li obbligarono a rinunciare ad un palmo di patria, essi non tornarono al calore della casa paterna o muliebre ma combatterono a Fiume o sul Baltico, senza un soldo, con poche speranze ma in nome di un imperativo che sentivano superiore ad ogni altra cosa.
Quando tornarono infine furono linciati da plebaglia vile quanto idiota che non sopportava di vedere in loro la grandezza di chi col proprio sacrificio ne aveva indirettamente smascherato la meschinità; vennero sminuiti nella dignità da autorità civili e militari pusillanimi e arroganti, Si guardarono intorno e trovarono ovunque speculazioni ignobili, cinismo, ingiustizia sociale, miseria d’animo e di sentimenti.
Di fronte a tanto sfacelo non potevano e non vollero starsene con le mani in mano. Trovarono un capo, o almeno lo trovarono in Italia ed in Germania, e così marciarono alla volta di un nuovo destino, che volevano più giusto.
Così nacquero i fascisti.
Con loro l’Italia di Vittorio Veneto rigenerò l’Italia intera in quell’alba dell’ottobre del 22.
Non fu una passeggiata perché, negli scontri con le truppe, le camicie nere contarono una quarantina di Caduti ma presero Roma e la restituirono a se stessa.
In Marcia sfilano gli uomini!

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