L’11 marzo 2004 una serie di attentati ai treni in sequenza di un’ora scarsa (ben sette tra le 6,45 e le 7,42) sconvolge Madrid. Tre di queste esplosioni avvengono quando i rispettivi treni si trovano in una stazione ferroviaria. Il massacro più consistente si verifica nella stazione di Atocha, vicina al Museo del Prado e alle Cortes (il Parlamento). Il numero delle vittime è di 192 morti (di cui 177 nell’immediatezza degli attentati) e 2.057 feriti.
Il primo ministro, Aznar, attribuisce la responsabilità ai terroristi baschi dell’Eta. Si scoprirà invece che la matrice è islamista e questa che viene considerata una cantonata che si aggiunge alla reazione alle carenze manifestatesi nella sicurezza, costeranno, alle elezioni che avranno luogo solo tre giorni più tardi, la sua sconfitta elettorale e l’elezione del socialista Zapatero che avvierà la controrivoluzione culturale e giuridica destinata a smantellare ogni ricordo del quarantennio franchista e del bando nazionale nella guerra civile.
Alcuni presunti attentatori verranno uccisi nei giorni seguenti dai servizi speciali. Il coinvolgimento di alcuni islamisti sembra indubbio e, date le tensioni con il Marocco, quest’ultimo viene accusato di connivenze.
L’Eta da parte sua smentisce la sua partecipazione agli attentati.
Tuttavia una serie di indizi significativi fanno propendere per la partecipazione dell’Eta almeno in fase organizzativa e logistica.
Tra l’altro l’Eta gode da sempre di aiuti britannici e marocchini e, quindi, rientra appieno nello schema.
La Spagna, con la guerra in Iraq, aveva provato a prendere peso in Medio Oriente, in frizione anche con gli inglesi e ben otto agenti spagnoli erano già stati assassinati in diverse occasioni.
Sia gli attentati che la gestione politica successiva rientrano quindi in una questione complessa e variegata e vanno letti nella logica delle guerre oblique e sporche.
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