Ricerca

Dossier Ricerca

Partner

orion

Centro Studi Polaris

polaris

 

rivista polaris

Agenda

<<  Agosto 2020  >>
 Lu  Ma  Me  Gi  Ve  Sa  Do 
       1  2
  3  4  5  6  7  8  9
10111213141516
17181920212223
24252627282930
31      

NOEVENTS

Altri Mondi

casapound
Comunità solidarista Popoli
L'uomo libero
vivamafarka
foro753
2 punto 11
movimento augusto
zetazeroalfa
la testa di ferro
novopress italia
Circolo Futurista Casalbertone
librad

Sondaggi

Ti piace il nuovo noreporter?
 
Tempi Moderni
Il lupo e le iene PDF Stampa E-mail
Scritto da Giornale d'Italia   
Giovedì 05 Agosto 2004 01:00

Quel che il fenomeno Liboni ci ha mostrato. Il volto di un’italietta meschina in cerca disperata di emozioni d’accatto.

Luciano Liboni ha attraversato il cielo delle estati italiane come una meteora.

Da tempo è divenuto assai arduo distinguere tra realtà, fiction e reality show, sicchè la storia in fondo banale di quest’uomo braccato è diventata il leit motiv estivo di un’opinione pubblica che si lascia catturare più facilmente da vicende periferiche che non dalle enormi problematiche che riguardano il suo futuro, immediato e no.

Senza averlo potuto immagnare, quest’uomo emarginato, con un passato alle mense della Charitas, forse sieropositivo, frequentatore assiduo del sottobosco più disagiato e multietnico dell’Italia centrale, ha così monopolizzato a lungo gli sguardi inumiditi degli italiani accaldati.

Ma tralasciando le tragedie individuali del Liboni, della sua vittima, Giorgioni e delle rispettive famiglie, a dar veramente spettacolo, senza saperlo, è stata un’Italia povera, triste e allucinata.

A cominciare dai media che per meglio vendere l’hard-show hanno confezionato per il protagonista nomi altosonanti, quale “lupo solitario” quasi a evocare una vocazione alla Robin Hood di un individuo che i latino-americani avrebbero invece battezzato con il ben più appropriato appellativo di “desperado”.

Il richiamo del “lupo” ha così sedotto, forse inconsciamente, tutti coloro che al sacrosanto disagio esistenziale che quest’epoca di post/civiltà non può non provocare, amano dare un sapore nichilsta, iconoclastico ed in una certa misura masochistico.

Da qui l’esaltazione per il “giustiziere” che serpeggiava nei forum dell’ultrasinistra e in qualche centro sociale, ultimi pietosi ricettacoli del pre/eroina.

Follia, demenza: certo. Ma come definire la corsa alla foto, accanto al sangue fresco, sul luogo dove il Liboni era stato abbattuto; una corsa che hanno fatto in molti, romani e turisti, per farsi immortalare presso la chiazza scura da cui era fuoriuscita la vita del braccato ? Che civiltà è ormai divenuta la nostra ? Chi mai avrebbe immaginato simili abbrutimenti prima dell’era del “Grande Fratello” ?

Ora che il Liboni è morto, perso nella tragica banalità di una storia criminale qualunque, sarà invece molto difficile dimenticare il triste spettacolo che abbiamo dato di noi e ancor più problematico guardare al futuro con ottimismo: il livello generale dell’agglomerato umano al quale ci siamo ridotti in pochi decenni può essere guardato dall’alto in basso da qualsiasi fauna di hinterland e favelas in ogni angolo del mondo. Nella costante miserabile della loro esistenza tutti quegli infelici non solo hanno attenuanti che a noi mancano del tutto ma possiedono codici comportamentali che il nostro sopravvivere ha smarrito.

 
Corporatura pesante? Busta paga leggera! PDF Stampa E-mail
Scritto da Corriere.it   
Mercoledì 04 Agosto 2004 01:00

Se sei alto e bello avrai una paga migliore. Accade negli USA ed in Gran Bretagna, dove centinaia di deliranti leggi “anti-discriminatorie” sono riuscite solo ad imporre il pensiero unico del politicamente corretto senza cancellare alcuna reale discriminazione. È sempre così: la modernità nasce per cancellare ogni disuguaglianza e finisce per lasciare in piedi solo quelle più immotivate ed odiose, come quelle basate sui pregiudizi estetici dell’era del narcisismo.

La ballerina Anastasia Volochkova non avrà gradito di essere protestata dal Bolshoi perché, non più leggerissima, il suo partner faticava un po’ a farla volteggiare sul palcoscenico. Né il soprano Deborah Voigt avrà gradito la decisione della Royal Opera House di toglierle la parte per eccesso di obesità. Ma in entrambi i casi il criterio applicato dal datore di lavoro era legittimo in quanto strictly job related : strettamente correlato con le esigenze della prestazione artistica. Quando, invece, a essere penalizzata sul lavoro per qualche chilo di troppo è una segretaria o una cassiera, non ci sono giustificazioni: è una discriminazione illegittima. Eppure, a quanto risulta, questa discriminazione è di fatto molto diffusa: uno studio recente della Cornell University (New York St.) ci informa che le lavoratrici obese hanno mediamente retribuzioni più basse, a parità di ogni altra condizione, mentre gli eccessi di rotondità dei colleghi maschi non hanno effetti rilevanti sul loro trattamento. Curiosamente, risulta invece che altre differenze di aspetto fisico influiscano sia sul trattamento delle donne, sia su quello degli uomini: secondo due ricerche (delle Università di Miami e della Pennsylvania), godono di un trattamento medio migliore maschi e femmine di statura più alta; e una ricerca londinese misura la maggior retribuzione di cui godono mediamente i più belli, anche di sesso maschile.


Queste informazioni - che sorprendono per la precisione dei dati e del metodo con cui oggi si riesce a confermarne la fondatezza - vengono dai due Paesi, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, dove la legislazione antidiscriminatoria è stata inventata e raffinata prima e più che altrove: è lì che, negli anni ’60, si è incominciato con i divieti di discriminazione per motivi di opinione e di razza, cui si sono poi via via aggiunti i divieti riferiti alle discriminazioni di genere, di cultura, di etnia, di handicap fisico; ultimamente anche di età e di orientamento sessuale. Ora nel Regno Unito si leva qualche voce in favore di una legge che non si limiti a elencare i singoli criteri di differenziazione di trattamento illegittimi, ma ponga un divieto unico: un Single Equality Act che proibisca qualsiasi disparità. In questo modo, si pensa, sarebbe vietato differenziare i trattamenti anche in base al peso corporeo, alla statura o alla bellezza personale.

La cosa, però, non è così semplice. Ipotizziamo che la legge vieti qualsiasi differenziazione di trattamento che non sia riferita al contenuto del lavoro, al suo «valore»; resterebbe apertissimo il problema della scelta dei criteri di valutazione del lavoro tra i mille possibili. Certo, una selezione di quei criteri è compiuta dalla contrattazione collettiva, attraverso la definizione del sistema di inquadramento dei lavoratori. Ma un contratto collettivo può riferirsi soltanto alle caratteristiche della prestazione facilmente osservabili e misurabili, verificabili anche in giudizio; poi c’è una miriade di altre caratteristiche che si possono apprezzare soltanto in azienda, giorno per giorno, e per lo più non sono suscettibili di misura, né di prova rigorosa. Ad esempio

 
Olimpia addio PDF Stampa E-mail
Scritto da Agi   
Martedì 03 Agosto 2004 01:00

Lo sport è diventato una schifezza. Tra farmaci, inghippi, compravendite, estrogeni, sponsopres e varie pinzillacchere. Livio Berruti confessa: “le olimpiadi di Roma, nel 1960, furono le ultime pulite”.

Il doping? Lo sport ha alzato bandiera bianca. L'unica soluzione e' far fuori per cinque anni gli atleti beccati a doparsi". Toni duri quelli che Livio Berruti, campione olimpico a Roma '60, usa per descrivere il mondo dello sport attuale, a pochi giorni dall'inizio dei giochi di Atene. Per lo sprinter torinese, oggi sessantacinquenne, le ultime Olimpiadi libere da doping e interessi economici, sono state proprio quelle in cui vinse la medaglia d'oro nei 200 metri. "Le ultime Olimpiadi pulite? Quelle del '60. - afferma in un'intervista al settimanale Vita - La colpa? Degli atleti disposti a fare qualsiasi cosa pur di vincere, piu' ancora che degli sponsor". Secondo Berruti, i controlli antidoping non sono affatto seri. "Quello che conta - dice - e' solo il fattore campo. Basta ricordare come Ben Jonson risulto' pulitissimo ai mondiali di Roma dove il presidente dell'Iiaf era italiano". L'unica soluzione e' una maggiore severita': "Uniformita' di controlli e sanzioni esemplari, - suggerisce Berruti - altro che le pene ridicole comminate nel calcio. Dove se vieni beccato a doparti stai fuori tre mesi. Il campione deve essere un esempio da seguire. Se risulta positivo ai controlli, bisogna farlo fuori per cinque anni".

 
Ora spuntano anche i “malati di web”… PDF Stampa E-mail
Scritto da repubblica.it   
Martedì 03 Agosto 2004 01:00

Finlandia: niente militare per i "drogati del Web”. I giovani abituati a stare su Internet tutta la notte giudicati non idonei e rimandati a casa per tre anni a disintossicarsi. L’alienazione tecnologica dell’individuo post-moderno si accompagna alla svirilizzazione delle società europee. Andiamo verso un mondo di monadi cibernetiche.

HELSINKI - Niente servizio militare in Finlandia per i "drogati del Web". L'esercito ha rimandato a casa le giovani reclute che manifestavano vere e proprie "crisi di astinenza" da Internet. Sei mesi - tanto dura la leva nel paese scandinavo - senza il loro amato computer, senza navigare e chattare con gli amici per loro sono troppi. Un trauma.

I medici militari finlandesi hanno riconosciuto questa moderna malattia come un valido motivo per non adempiere al servizio di leva. "Per i giovani che giocano tutta la notte in Internet - ha detto il comandante dell'Ufficio di leva, Jyrki Kivela - e non hanno né amici né hobby, andare nell'esercito è uno shock troppo grande".

Così qualche giovane recluta dopo i primi giorni di militare ha cominciato a presentarsi dal medico per manifestare la sua insofferenza. I dottori hanno riconosciuto loro una "dipendenza da internet". Un caso del tutto nuovo, senza precedenti, ma gli ufficiali di leva hanno stabilito il comportamento da seguire in questa situazione: i giovani "drogati del Web" vengono rimandati a casa per tre anni. Per disintossicarsi. "Dopo - ha detto Kivela - quando devono tornare, noi gli chiediamo se sono a posto... Hanno avuto il tempo per crescere".

(3 agosto 2004)

 
Li vogliamo torturare ? PDF Stampa E-mail
Scritto da Corriere della sera   
Martedì 03 Agosto 2004 01:00

Così sarebbero nate le sevizie nei carceri iracheni, per divertimento. Si apre il processo contro gli aguzzini: Lynddie England , la soldatessa delle foto di torture ha 21 anni ed è incinta. In teoria rischia 38 anni di carcere

I suoi avvocati: ad Abu Ghraib agì per ordini superiori. Ma il primo testimone: quelle foto erano un divertimento

Non porta la mimetica da deserto che aveva nelle foto, quando teneva al guinzaglio un prigioniero nudo ad Abu Ghraib. Non sorride come faceva davanti alla fotocamera digitale, mano «a pistola» verso i genitali dei detenuti. Un’altra Lynddie England è apparsa ieri di fronte a un tribunale militare di Fort Bragg, Nord Carolina. Divisa verde scuro, basco nero, il pancione di chi è incinta di sette mesi.
Più piccola dei suoi 158 centimetri, più silenziosa di quando, a maggio, dava interviste tv e giurava agli investigatori di aver agito per ordine dei superiori, «trascinando iracheni al guinzaglio per sei ore di seguito», «camminandoci» sopra ma senza far nulla di «estremo». Ieri ha pronunciato due parole, «No, madam», quando la presidente della corte, colonnello Denise Arn, le ha chiesto se voleva dire qualcosa prima della lettura dei 19 capi di imputazione. «No, signora». Non ancora. Era il primo giorno dell’«articolo 32», il grand jury chiamato a decidere se «la ragazza del guinzaglio» che sognava di fare la meteorologa finirà davanti alla Corte Marziale. Se potrà essere condannata a 38 anni di carcere.

Lynddie, 21 anni, è una dei sette riservisti incriminati per le torture ad Abu Ghraib. Cinque, tra cui il padre di suo figlio, caporale Charles Graner, aspettano la Corte Marziale in Iraq. Uno, Jeremy Sivits, reo-confesso, sconta un anno di carcere. Alla sentenza, il 19 maggio a Bagdad, ha pianto: «Chiedo scusa al popolo iracheno». Lynddie non si scusa. I suoi avvocati ripetono che ha eseguito gli ordini. I suoi cento commilitoni, i riservisti della 372ma Compagnia di Polizia Militare, sono tornati a casa l’altro giorno, dopo un anno e mezzo di Iraq. Una cerimonia privata alla base di Petersburg, le famiglie, la banda, il comandante Donald Reese (il generale Taguba lo ha fatto nero nel suo rapporto) che traccia un bilancio positivo, dicendo che i suoi ragazzi hanno fatto un sacco di «cose molto, molto buone».
Non è chiaro se Reese sfilerà tra i 25 testimoni che l’accusa vuole citare contro il soldato England. Il primo ha parlato ieri: Paul Arthur, investigatore dell’esercito ad Abu Ghraib, ha raccontato della notte del 13 gennaio, tre mesi prima che esplodesse lo scandalo, quando il soldato Joseph Darby bussò alla sua porta con un Cd pieno di foto, «quelle foto». «Andai subito a svegliare la England e i suoi compagni per interrogarli». Cosa le disse Lyddie? «Che avevano scattato quelle foto tanto per divertirsi un po’».
Nessuno gli parlò di ordini superiori. Ne parla, a suo modo, il generale Janis Karpinski, estromessa comandante delle prigioni irachene. Alla Bbc ha raccontato che ci fu un complotto per tenerla all’oscuro degli abusi. «Gente in alto che sapeva». Quanto in alto? Pentagono, Casa Bianca? Ha risposto: «E’ possibile».

 
Alla fiera dell’individualismo PDF Stampa E-mail
Scritto da Agi   
Lunedì 02 Agosto 2004 01:00

Succede anche questo, purtroppo sempre più di frequente. Gli sguardi ignobili e lascivi di esseri infimi continuano a vagare per internet per sfogare una libido insana su immagini di fanciulli.

Oscurati e sequestrati quattro portali web italiani che offrivano immagini di pedofilia. I siti sono stati bloccati dalla Polizia Postale su disposizione della Procura di Catania dopo una denuncia presentata dall'associazione Meter di don Fortunato Di Noto, impegnata nella tutela dell'infanzia. I portali erano tutti allocati presso un server milanese, ignaro del contenuto delle pagine. I volontari di Meter monitoravano dal 2003 i siti, che si camuffavano alterando la parola "child" (bambini) in "chill" (brivido). In rete c'erano foto erotiche con bambini e bambine "senza limiti di eta'". "Non abbasseremo mai la guardia e la vigilanza: per i nostri figli e per i figli che non hanno genitori e tutori, abbandonati a se stessi. Anche in estate tanti bambini, molti bambini, saranno abbandonati e sfruttati. I pedofili non vanno in vacanza, e devono sapere che neanche coloro che lottano contro il loro turpe crimine nei confronti dei bambini", ha commentato don Di Noto.

 
Non desiderare la donna d’altri PDF Stampa E-mail
Scritto da Corriere della sera   
Lunedì 02 Agosto 2004 01:00

Per affittartela il marito potrebbe chiederti una cifra cospicua, valutandola quanto una top model. Che esagerazione !

Il tradimento non è un reato, ma la tentata estorsione sì. E così da tradito si è trasformato in inquisito. Luigi Boccarossa, 54 anni, titolare ad Assago di una impresa di pompe funebri, invece di vendicarsi con le proprie mani, ha pensato di chiedere denaro, in tutto 3.500 euro, al presunto amante della moglie ed è così finito in carcere a San Vittore con l'accusa di estorsione.

LA VICENDA - A dire il vero Boccarossa ad Assago è conosciuto per teatrali proteste contro il Comune: in un'occasione ha minacciato di buttarsi da un traliccio dell'Enel, poi si è incatenato e ha annunciato uno sciopero della fame. Una richiesta quella di Boccarossa tutto sommato modesta rispetto a quella fatta da un odontotecnico di Pavia, arrestato qualche giorno fa per aver chiesto all'amante della moglie prima 55mila euro e poi la possibilità di incontrarsi con la moglie di quest'ultimo. Boccarossa non è arrivato a tanto. Sospettava che un quarantreenne di Assago, fosse l'amante della moglie, anzi ne era talmente convinto da chiedergli un risarcimento in piena regola. Così lo scorso sabato sera ha dato appuntamento all'uomo per avere la somma richiesta. Non pensava però che ad aspettarlo ci fossero anche i carabinieri di Corsico travestiti da giardinieri che lo hanno arrestato non appena ha ricevuto il denaro.

 
Zombies PDF Stampa E-mail
Scritto da Corriere della sera   
Lunedì 02 Agosto 2004 01:00

Un tempo l’uomo guardava il cielo e sognava. Oggi non ha più il tempo. Vampirizzato 24 ore su 24 potrà essere schiavo anche sopra le nuvole. Tra due anni I cellulari anche in volo.

Finora aveva invaso «solo» quasi tutti gli angoli della terra, dagli autobus agli uffici, passando indebitamente per chiese, cinema e teatri. Tra breve conquisterà anche i cieli: il cellulare sarà autorizzato nelle cabine degli aerei dal 2006. Per riuscire a violare anche quest'ultima oasi di pace a costi accessibili, sfida importante per le compagnie aeree, è appena stata costituita un'apposita società. Ne fanno parte il consorzio europeo Airbus, la Società internazionale di telecomunicazioni aeronautiche (Sita) e l'americana Tenzing, primo fornitore di Sms e d'accesso a Internet a bordo di aerei di linea. Obiettivo: battere sul tempo le parallele ricerche del grande concorrente d'Airbus a stelle e strisce, Boeing.
L'OGGI - La creazione di questa società «è una tappa preliminare, ma - specifica il consorzio Airbus - non c'è ancora una data definita per una futura entrata in funzione», che non potrà comunque essere prima di due anni. Se al momento il telefonino è proibito (almeno) in volo a causa del rischio di interferenze con gli strumenti di navigazione del velivolo, ci vorrà infatti ancora un po' di tempo per arrivare a un indebolimento tale del segnale telefonico da scongiurare qualunque tipo di disturbo.
PIONIERI - In realtà, su alcune compagnie di volo (come Cathay Pacific, Emirates, Iberia e Lufthansa) è già possibile ricevere email e messaggini, ma la grande rivoluzione sarà poter comunicare dal proprio cellulare. E farlo a prezzi non irrisori ma nemmeno proibitivi: per servizi già nati come la posta elettronica, Tenzing fissa un tetto massimo di 8,30 euro sulle tratte interne agli Stati Uniti e tra 8,30 e 16,60 per quelle internazionali, mentre l'inflazionato Sms dovrebbe costare 2 euro. Ai viaggiatori che non possono resistere il tempo di un volo senza cornetta o senza computer, il servizio verrà fatturato dal loro operatore telefonico o dal loro fornitore d'accesso a Internet, secondo la griglia tariffaria in vigore per le chiamate internazionali.

 
Sorridi: qualcuno ti sta spiando PDF Stampa E-mail
Scritto da corriere.it   
Domenica 01 Agosto 2004 01:00

Il Garante della privacy lancia l’allarme: siamo tutti pedinati! “Viviamo in una società sempre più sorvegliata. Le telecamere per strada, il telepass, il web, la scia del cellulare, le tracce che lasciano le carte di credito... Siamo tutti costantemente seguiti, pedinati, osservati...” Benvenuti nel regno del Grande Fratello.

Spaventato? «Sì. Sono spaventato. Viviamo in una società sempre più sorvegliata. Le telecamere per strada, il telepass, il web, la scia del cellulare, le tracce che lasciano le carte di credito... Siamo tutti costantemente seguiti, pedinati, osservati...». Con quei suoi modi cerimoniosi da antico gentiluomo meridionale e quel passato di studioso marcato da saggi tipo Le fonti di integrazione del contratto o Proprietà e industria: variazioni intorno alla responsabilità civile , il Garante per la Privacy Stefano Rodotà è mille miglia lontano dal paranoico Gene Hackman di Nemico pubblico . Eppure... Eppure, come il protagonista del film di Tony Scott che da ex agente della National Security Agency vede dappertutto microfoni e cimici e tele-spie contro cui combatte una ipertecnologica guerra di sopravvivenza, è piuttosto preoccupato: «Oggi tutto ciò che si vede in quel film, che pareva fantascienza, è possibile.

Con la tecnologia satellitare puoi davvero seguire uno dall’alto senza che possa accorgersene. E dieci giorni fa il Procuratore generale fiscale del Messico e 160 dipendenti si son fatti mettere sottopelle un chip per controllare l’accesso a un centro delicato di raccolta dati ed essere localizzati in caso di rapimento. Ma è compatibile con la dignità della persona? Siamo oltre "Nemico pubblico". Ogni giorno spuntano nuovi strumenti, nuovi apparecchi, nuove diavolerie che imporrebbero una stretta vigilanza a custodia del primo dei diritti delle persone. E invece...».

Invece?

«E invece, sul più bello che c’è più bisogno di attenzione, ci tagliano i fondi. Lei ha presente i virus?».

I virus?

«Le nuove tecnologie sono come i virus: mutano e s’aggiornano continuamente. Noi dovremmo, man mano che arrivano i nuovi, trovare gli antivirus. Invece ci troviamo nelle condizioni degli istituti di ricerca. Dove si taglia per primo, in Italia, quando servono soldi? Nella ricerca. E questo sta succedendo. Io non posso fare a meno di pagare 30 milioni l’anno per avere accesso, attraverso una banca dati americana, a tutto lo scibile giuridico e scientifico che ci interessa. Sennò...».

I virus della società spiata si propagano.

«Nel 2001 potevamo spendere quasi 11 milioni e mezzo di euro, oggi siamo a poco più di 10, con un taglio del 12 per cento. E questo senza tener conto dell’inflazione, sennò il taglio sarebbe poco sotto il 20 per cento. O noi riusciamo a interrompere questo progressivo taglio delle risorse o rischiamo seriamente di andare in crisi. In un momento che dopo l’11 settembre (anche se da noi abbiamo patito meno la svolta restrittiva che c’è stata in America o in Ingh
 
Cronache mongole PDF Stampa E-mail
Scritto da Il Messaggero   
Domenica 01 Agosto 2004 01:00

Dopo l’uccisione di Liboni scatta la caccia alla fotografia accanto alle macchie di sangue sul selciato. Le nuove frontiere della demenza contemporanea

DOPO LA TRAGEDIA

Al Circo Massimo tanti cittadini per la foto ricordo

Non appena si è diffusa la notizia del ferimento, della cattura e poi della morte del bandito, decine di romani si sono riversate al Circo Massimo, teatro della sparatoria per una foto ricordo davanti al sangue di Luciano Liboni.
 
Alla fiera dell’individualismo PDF Stampa E-mail
Scritto da Ansa   
Sabato 31 Luglio 2004 01:00

Succede, di nuovo, anche questo. Ragazzini si divertono a cercare di assassinare gli automobilisti tirando sassi dai viadotti

Tre ragazzini di 11 anni sono stati sorpresi dalla Polizia Stradale a lanciare sassi sull' autostrada A7 Genova-Milano.Tre auto erano state colpite ed avevano avuto il parabrezza sfondato. I ragazzini, risultati autori di un analogo lancio avvenuto ieri, saranno segnalati alla Procura della repubblica presso il tribunale dei minorenni. E' accaduto nel pomeriggio, quando al centro operativo autostradale sono giunte le segnalazioni telefoniche degli automobilisti colpiti.

In questo mondo di ladri

 
<< Inizio < Prec. 221 222 223 224 225 226 227 Succ. > Fine >>

JPAGE_CURRENT_OF_TOTAL

Noreporter
- Tutti i nomi, i loghi e i marchi registrati citati o riportati appartengono ai rispettivi proprietari. È possibile diffondere liberamente i contenuti di questo sito .Tutti i contenuti originali prodotti per questo sito sono da intendersi pubblicati sotto la licenza Creative Commons Attribution-NoDerivs-NonCommercial 1.0 che ne esclude l'utilizzo per fini commerciali.I testi dei vari autori citati sono riconducibili alla loro proprietà secondo la legacy vigente a livello nazionale sui diritti d'autore.