mercoledì 8 Maggio 2024

La Cina fa cadere Mosca

Paga caro il popolo ucraìno, perde l'Europa, e intanto la Russia è nel precipizio

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A seguito dello scoppio del conflitto russo ucraino, Pechino ha cercato di mantenere una posizione neutrale, non schierandosi a favore di Mosca pur tollerando il transito di tecnologia atta a supportare lo sforzo bellico di Mosca, quali i droni. Nel tentativo di smarcarsi definitivamente dal conflitto, Pechino ha recentemente annunciato forti restrizioni all’export di droni.

Le manovre cinesi
Il 31 luglio il ministero del Commercio cinese ha imposto forti restrizioni sull’export di droni, ai sensi delle disposizioni dell’annuncio numero 28. Nello specifico, le restrizioni sull’esportazione vengono imposte sui velivoli aerei senza equipaggio (Uav) in grado di volare oltre la linea visiva dell’utilizzatore, nonché dotati di un’autonomia superiore o uguale a 30 minuti ed aventi un peso superiore ai 7kg dotato delle seguenti caratteristiche:

  • Una potenza radio superiore al limite certificato dai prodotti radio civili internazionali
  • La capacità di trasportare carichi con funzioni di lancio
  • Una fotocamera iperspettrale o multispettrale che supporti bande diverse da 560 nanometri
  • Sensibilità termica (Netd) della termocamera inferiore a 40 millikelvin
  • Un modulo di misurazione e posizionamento laser appartenente alle categorie Classe 3R, 3B, o Classe 4
  • La capacità di trasportare carichi utili non certificati
    La disposizione statuisce che il ministero del Commercio effettuerà un esame sulle domande di esportazione, decidendo di volta in volta se procedere alla loro approvazione. Il ministero ha inoltre ufficialmente asserito che viene categoricamente vietato l’export nei casi in cui il produttore sia a conoscenza del fatto che l’apperecchio verrà utilizzato per scopi terroristici, o operazioni militari, con ovvio riferimento al conflitto attualmente in corso tra Russia e Ucraina. Il ministro del Commercio di Pechino ha infatti indicato come tale manovra risulti finalizzata a rafforzare l’immagine della Cina come nazione responsabile e interessata al mantenimento della pace globale.

Le restrizioni imposte dalla Cina, in vigore a partire dal primo settembre, stanno provocando forti problemi alle forze russe secondo il quotidiano russo Kommersant, il quale ha indicato come tale provvedimento ha determinato una generale carenza di componentistica, quali le termocamere, tra le fila di Mosca. Gli importatori russi potrebbero ugualmente cercare di far arrivare i droni dal territorio di Pechin, tuttavia l’ottenimento di una licenza all’export per i produttori cinesi può richiedere da sei mesi ad un anno ed è inoltre necessario dimostrare come il drone non verrà utilizzato per scopi militari, il che appare piuttosto complicato.
Anche la formazione di rotte di importazioni alternative tramite triangolazione risulta altamente complessa, in virtù dei costi superiori e dei recenti incrementi dei controlli alle esportazioni di droni imposti da alcuni possibili intermediari quali il Kazakistan. Kommersant ha rimarcato come le forze armate russe abbiano ammassato grosse riserve di droni cinesi, le quali tuttavia potrebbero non bastare, in virtù delle forti perdite subita da Mosca sul fronte dei droni.
I velivoli senza pilota hanno svolto un ruolo di assoluta importanza nel presente conflitto, venendo impiegati per lo svolgimento di una vasta gamma di funzioni da parte di entrambi gli schieramenti. In virtù di una migliore integrazione di tali sistemi all’interno delle forze armate e di una superiore capacità di intercettazione, l’Ucraina è riuscita ad utilizzare tali sistemi in maniera maggiormente funzionale rispetto alla Federazione Russa. Durante la prima fase del conflitto, segnata da una guerra di movimento, le forze di Kiev hanno impiegato tali sistemi come moltiplicatore di potenza, usandoli per incrementare la situational awareness, dirigere il tiro dell’artiglieria e bombardare le grosse colonne corazzate russe.
La seconda fase del conflitto ha invece visto una graduale transizione verso una guerra d’attrito, dove i droni hanno de facto svolto il ruolo di artiglieria a lungo raggio. Anche in questo caso, gli ucraini si sono rivelati maggiormente abili nell’intercettare i droni russi, ponendo in essere attacchi tendenzialmente più efficaci. La manovra posta in essere dalla Cina potrebbe pertanto avere impatti fortemente negativi sullo sforzo bellico russo. In primo luogo le restrizioni sull’export incrementeranno il prezzo delle componenti attualmente già presenti in Russia, in secondo luogo la formazione di una via di importazione alternativa potrebbe risultare in tempistiche più elevate circa l’arrivo di droni sul campo di battaglia e in costi nettamente più alti.

I limiti della partnership “senza limiti”
Venti giorni prima dell’invasione dell’Ucraina, Mosca e Pechino avevano asserito come la propria partnership, mirata al contrasto di nazioni intenzionate ad ottenere l’egemonia globale non vedesse alcun limite nelle possibilità di cooperazione. Nei fatti il conflitto ha invece portato alla luce i numerosi limiti esistenti nella partnership tra i due paesi, legati dal comune interesse nel contrapporsi agli Stati Uniti, ma profondamente divergenti sul grado di revisionismo nelle rispettive politiche estere.
Se l’insoddisfazione russa verso la distribuzione di potere sul sistema internazionale è giunta al punto tale da spingere il Presidente Putin a lanciare un’invasione su vasta scala dell’Ucraina al netto delle inevitabili conseguenze economiche, il grado di insoddisfazione cinese per quanto in crescita rimane significativamente meno elevato rispetto a quello russo. Ciò ha determinato una chiara asimmetria nelle rispettive politiche estere espressasi durante il conflitto.
La Cina non ha infatti imposto sanzioni alla Federazione Russa, continuando ad intrattenere con essa regolari relazioni diplomatiche e commerciali e incrementando notevolmente le importazioni di combustibili fossili da Mosca (anche in virtù del forte sconto garantito). Se da un lato Pechino si è prodigata per scongiurare un eventuale collasso della Federazione Russa, dall’altro ha tendenzialmente rispettato le sanzioni imposte a Mosca, azzerando contestualmente gli investimenti attinenti all’iniziativa Belt and Road in Russia.
A ciò si è aggiunta l’interruzione della collaborazione tra l’azienda cinese UnionPay e gl istituti di credito russi, nonché l’estromissione di Mosca dalla joint venture per la costruzione dell’aereo di linea CR292. La politica cinese verso il conflitto è stata tendenzialmente gradita anche dal Presidente ucraino Zelensky, che si è definito “soddisfatto” della neutralità cinese. Sebbene gli Stati Uniti non abbiano ravvisato un effettivo sostegno su vasta scala da parte della Cina allo sforzo bellico russo, Pechino è stata più volte accusata da Washington di consentire il transito di droni e “dual use technology” funzionali a sostenere le operazioni russe. La recente manovra pare quindi volta ad estraniare Pechino dal conflitto, evitando possibili sanzioni occidentali.
In conclusione, al netto di un non trascurabile avvicinamento tra Mosca e Pechino negli ultimi anni, le parti presentano una forte asimmetria nei rispettivi interessi. Una reale e completa convergenza tra La Cina e la Federazione Russa si manifesterà solo laddove Pechino dovesse raggiungere un grado di insoddisfazione circa la distribuzione di potere sul sistema internazionale nettamente più elevato rispetto a quello attuale.

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