Il 18 aprile 1974 il magistrato Mario Sossi viene rapito a Genova dalle Brigate Rosse. Aveva condannato all’ergastolo Mario Rossi per l’assassinio a freddo dell’impiegato Alessandro Floris durante una rapina del 1970 ad opera del Gruppo XII Ottobre, legato ai GAP di Giangiacomo Feltrinelli.
I rapitori richiederanno la scarcerazione di Mario Rossi e di altri detenuti pretendendo anche che ottengano asilo a Cuba, che sarà rifiutato però da Fidel Castro. Trentasei giorni dopo, le Brigate Rosse, che non hanno ancora ucciso nessuno, libereranno il giudice dopo che i cinque del direttivo nazionale saranno andati al voto che avrà esito favorevole per tre a due. Il voto per l’uccisione sarà espresso dai due esponenti del direttivo legati al cosiddetto Superclan. Scontenti dell’esito, gli esponenti di questa linea si vedranno coinvolti nella strage di Piazza della Loggia, a Brescia, solo cinque giorni più tardi. Molto probabilmente l’ordigno nell’occasione esploderà troppo presto e la tensione in cui s’intendeva coinvolgere il Pci si trasformerà in tragedia.
A proteggere i terroristi dalla Questura e dalla Magistratura, che prenderanno immediatamente la strada giusta, interverrà il ministro degli interni, il partigiano bianco e capo militare della Gladio, Taviani, coadiuvato da un sottufficiale dei Carabinieri, Delfino, disposto a tutti i depistaggi, che farà carriera fino al grado di generale prima di essere incriminato per diversi capi d’imputazione e degredato totalmente.
Poiché negli ambienti bene informati della sinistra si è capito quale sia la vera matrice della strage “fascista” di Brescia, i brigatisti, per ribadire che sono rossi, eseguiranno e rivendicheranno il loro primo – duplice – omicidio il 17 giugno successivo a Padova, in una sede del Msi, dove assassineranno Graziano Giralucci e Giusppe Mazzola.
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