giovedì 9 Maggio 2024

La traversata del Mar Rosso

Confronto e concorrenza tra Usa ed Europa con il pretesto dei pirati yemeniti

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Non esiste il minimo dubbio che le crisi mondiali in atto da due anni si siano riversate pesantemente sull’Europa, a prescindere dal fatto che siano state scatenate espressamente per questo o che siano state semplicemente sfruttate contro di noi.
L’invasione russa dell’Ucraìna è costata agli europei lo sfruttamento congiunto con Kiev delle risorse del Donbass; il rincaro energetico; il freno alla ripresa economica; il seppellimento della “Rapallo energetica” di oltre trent’anni tra Germania e Russia; una scissione psicologica importante tra est e ovest della Ue; la fine dei sogni di un’indipendenza strategica fondata su di un gioco di equilibri pacifici tra Washington e Mosca.
I colpi di stato nel Sahel sono costati all’Europa il rilancio della spinta migratoria subsahariana e l’allontanamento delle nostre capitali da notevoli risorse minerarie africane d’importanza strategica.
La pirateria nel golfo di Suez sta costandoci ritardi sulle rotte commerciali, con enormi costi aggiuntivi. L’Italia, che ha il 40% dei suoi traffici su quella rotta, è la più colpita insieme alla Germania che sta soffrendo in particolare nell’industria chimica. Da notare che all’incasso sta già l’Arabia Saudita che ha approntato una via terrestre per i carichi di merci verso il Mediterraneo.
Quello che meno è noto è che, pur timidamente e con la consueta elefantiasi, l’Europa sta reagendo nella direzione giusta, in particolar modo nella crisi sul Mar Rosso.

Sul Mar Rosso i pirati yemeniti houthi stanno attaccando le navi commerciali, ufficialmente per rappresaglia alla macelleria di Gaza.
In realtà è un pretesto, ma assume aspetti importanti per le opinioni pubbliche arabe. Gli americani, in questo con l’aiuto degli inglesi (sempre più altalenanti tra Usa e Ue) usano la forza, ma è solo per accrescere la tensione al punto di averla sparata davvero grossa, sostenendo che per abbattere qualche barchetta ci vorranno anni. In altre parole hanno spiegato che non intendono risolvere il problema; la tensione e i suoi effetti economici a danno dei loro competitors europei sono gli obiettivi nemmeno troppo taciti degli americani. Che tengono il medesimo comportamento di sabotaggio europeo con la Russia e perfino con il Niger dato che, subito dopo il golpe “antioccidentale” e “filorusso” si sono affrettati a riconoscere il nuovo governo e a nominare una nuova ambasciatrice.

Al centro di questa crisi sta il comportamento israeliano a Gaza, che ha assunto toni biblici, tinte apocalittiche e cifre genocide al punto da venire sostenuto a stento dai media occidentali (ma non dai governi) e da essere censurato perfino da quelli israeliani.
Al netto di qualsiasi considerazione morale, ideale, politica, in materia, dando per scontato uno sguardo cinico da parte delle cancellerie, solo qualche petromonarchia può essere tacitamente concorde con quanto viene commesso da Tel Aviv. Europei, americani e indiani possono gradire soltanto l’azione respingente rispetto alla normalizzazione tra Teheran e Ryiad, determinata da Pechino che, comunque, non ha perso, ma guadagnato, influenza nell’area.
Per motivi energetici, economici e politici si devono invece mantenere buone relazioni con i governi arabi e il sostegno a Tel Aviv lo rende più arduo. Da cui il meme “Israele ha diritto a difendersi MA” E non è un MA da poco.
Orbene, tra qualche mese si terranno le presidenziali americane e per ben due volte (Carter e Bush sr) le posizioni giudicate ostili da Israele sono costate la rielezione del Presidente. Per cui il MA americano si limita alla retorica.
Invece quel MA da parte europea – e italiana – ha più costrutto visto che abbiamo aumentato gli aiuti economici e le missioni di assistenza ai palestinesi con tanto di cucitura diplomatica con gli arabi. Questo è necessario anche per Washington che, però, deve essere più cauta per il momento, per cui, coinvolgendo gli europei a bombardare gli houthi e senza peraltro concludere nulla, gli americani intendono depotenziare l’azione europea del vantaggio che potrebbe assumere in questi mesi elettorali.

L’Europa, che sicuramente è subordinata, ma non meno di tutti gli altri, alla superpotenza, ma che non è affatto servile, o comunque, non uniformemente servile nei suoi confronti, sta dando un bel segnale in controtendenza, apprestandosi a difendere i suoi interessi in autonomia.
L’Italia, insieme a Spagna e Francia, ha subito inviato una propria nave militare a pattugliare il Mar Rosso, decidendo di mantenere un comando autonomo e di non coordinarsi con gli americani.
Intanto si sta lavorando su Aspides, una missione europea congiunta, con apertura ad altri partners regionali al nostro comando, che potrebbe avere il via il prossimo 17 febbraio.
Tale missione si propone compiti difensivi, o meglio di protezione dei traffici, per evitare quell’escalation che gli americani invece vogliono, ma non fino in fondo, dato che non hanno fatto mistero del loro interesse al prolungamento della crisi.
Come ha sostenuto il ministro degli Esteri italiano, questo potrebbe rappresentare la spinta decisiva “per la creazione di una difesa in comune”.

Se sul nostro fronte dell’Est, quello che due anni orsono ha determinato il grosso dei nostri problemi, gli europei stentano a trovare una linea e una dottrina comune, per quanto riguarda il fronte Sud le cose vanno però decisamente meglio.
Non sappiamo cosa sarà della missione Aspides, ma possiamo ritenerci soddisfatti della linea sulla quale viene concepita. Va aggiunto che non è la classica rondine che non fa primavera, perché ce ne sono un altro paio interessanti, quali il Piano Mattei a trazione italiana e la missione geopolitica e geoeconomica congiunta, coordinata da Parigi, sul Canale del Mozambico.
Con questo non c’è da assumere toni trionfalistici perché il cammino verso la difesa congiunta e la piena sovranità è lungo e non è sicuro che verrà percorso, ma è rassicurante che lo si cominci a tracciare.
Ovviamente restano i problemi interni (culturale, di dottrine sociali ed economiche, etico, demografico) che sono immensi. Ma non si possono combattere le battaglie a puntate: vanno affrontate tutte su ambo i piani e possibilmente vinte.
In un’Europa che resta magmatica nel suo enorme potenziale, che non può né dev’essere ignorato o tradito in nessun caso.

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