4 novembre 1918, l’Italia vinceva la Prima Guerra Mondiale. L’incapacità della classe dirigente l’avrebbe privata del frutto della vittoria e l’avrebbe sprofondata nella guerra civile. Poi vennero Fiume e la Marcia
Ottantasei anni fa l’armistizio consegnava all’Italia di Vittorio Veneto la vittoria mutilata. Una classe politica incapace si lasciava scippare a Versailles, durante quel trattato insensato e liberticida che avrebbe condotto l’Europa alla seconda guerra civile di lì a vent’anni, il frutto del sacrificio.
Un’Italia umiliata andava allora a subire le violenze e le intemperanze dei socialisti neutralisti e degli emuli della rivoluzione russa ma sapeva rispondere. Con l’impresa di Fiume, con i Fasci di Combattimento, con la Marcia su Roma e con il Ventennio dell’Italia di Vittorio Veneto: quell’Italia che avrebbe saputo far fiorire il sangue delle trincee nelle quali la nazione si era unificata e il vero socialismo, quello del pane raffermo e della morte in agguato, aveva affondato le sue radici, non più classiste ma nazionali.