Francesco Ingravalle ci riporta sulla giusta via
Francesco Ingravalle merita sempre un’attenta lettura. Non solo per la chiarezza espositiva e la sapienza organizzativa dei contenuti. Soprattutto per quella capacità che i suoi libri hanno di indirizzare il lettore ad un lavoro interiore in grado di, sia concesso il termine, rimettere le cose al proprio posto.
Il suo Nietzsche Politico non esula dall’elogio. Anzi, va ben oltre il semplice elogio, candidandosi ad essere uno dei testi essenziali nella conferma di una netta visione del mondo. Gli spunti sono innumerevoli: Ingravalle li seleziona e li chiarifica regalandoci un Nietzsche filosofo politico attualissimo.
Apollineo e Dionisiaco, Kultur e Stato, Volontà di Potenza e Selezione, Europa Nazione. Nel Nietzsche Politico tutto ritorna prepotentemente se paragonato, poi, ai tempi depressivi, di controllo ed autocastrazione degli ultimi giorni.
Risplende ancora una volta la visione agonistica dello Stato, idealità classica, datore di forma alla necessaria forza e vitalità dionisiaca. La disciplina militare quale forma apollinea, quale cornice, mezzo, appunto agonistico dello scontro eracliteo fra gli uomini, fra le masse e le grandi individualità.
Lo Stato nietzscheano non come fine, ma quale strumento per liberare potenza verso il vero ozio, la Kultur, il Nous platonico, l’irripetibilità dell’Arte e del Bello. In piena sintonia con la storia delle Edizioni di Ar, qui Nietzsche e Platone si incontrano ancora al di là dell’inutile dibattito sulla questione metafisica.
L’utopia classicista di Nietzsche non è dunque libertaria o liberale: i grandi individui non sono gli individui atomizzati del libero mercato. Sono i vincitori, le bionde bestie da preda, che di per sé, e non per razionalità contrattuale ieri, algoritmica oggi, determinano gli eventi.
Non vi è, perciò, alcuna traccia democratizzante nella visione politica del filosofo tedesco. Le masse restano masse, e non vi è alcun compiaciuta preoccupazione per la loro decadente burocratizzazione. Anzi, il disprezzo nietzscheano per ogni nazionalismo e liberalismo poggia interamente sulla decadente visione del cittadino-impiegato, cittadino-funzionario, quale indistinta figura borghese del conservatorismo patriottardo.
Men che meno sarebbe possibile, per il vero Stato, trarre una qualche selezione, un qualche beneficio di potenza, da quei movimenti socialisti e proletari che, vedendo nello Stato il compimento del capitale, mirano ancora oggi ad esaurire l’intera società nello Stato stesso. In quello che in questo caso diviene “il più gelido dei mostri”.
La vita vera, anche e soprattutto, quella politica, è volontà. Ma non di vita. Il darwinismo sociale non appartiene all’autore dello Zarathustra. E’ volontà di potenza. È platonicamente, enkrateia, desiderio eroico di cercare e abbattere gli ostacoli, di dominare gli eventi. Nietzsche prevede l’epoca dei grandi spazi, il collasso delle piccole nazioni, lo scontro con l’oriente e la decadenza americana.
La grecità gli fa da sfondo, una selezione razziale in senso aristocratico e non certo pangermanico, avvicina alla nascita di una Europa Nazione, ad un grande spazio statuale dentro al quale i riferimenti a Giulio Cesare, Bonaparte, al Principe di Machiavelli, ai principati del Rinascimento, fanno intuire una realtà politica federale incentrata sulla grande potenza e sulla liberalità.
Un’Europa unita in senso radicale aristocratico, che Ingravalle ha saputo scalpellare magistralmente in questo suo lavoro dalla monumentale opera marmorea di Friedrich Nietzsche.