A rischio il sì dell’Irlanda al Trattato di Lisbona. Un sondaggio del giornale di Dublino, Irish Times rivela che sono scesi sotto il 50 per cento i sì . L’appoggio al trattato è sceso di otto punti percentuali raggiungendo quota 46 per cento, rispetto all’ultimo sondaggio. Il 29 per cento dei partecipanti al sondaggio ha detto che voterà contro il trattato nel referendum: un punto percentuale in più rispetto allo scorso maggio. Ma quello che è più cresciuto (sette punti percentuali) è stato il partito degli indecisi, che ha raggiunto il 25 per cento. Il referendum viene riproposto agli irlandesi dopo che hanno già respinto il trattato in una prima votazione nel 2008.
Il “sì” dell’Irlanda al Trattato Ue non sarà facile. Ad ammetterlo è stato il ministro degli Esteri, Michael Martin, che in un’intervista a un’emittente locale ha spiegato che “si tratta di una grande sfida e di una campagna molto difficile che chiederà risorse, convinzione, politica e passione di tutti”. “Non mi sono mai fatto illusioni – ha aggiunto il ministro – sarà difficile ma penso che possiamo farcela”. Il referendum irlandese, il 2 ottobre è atteso in tutta Europa per riuscire finalmente a sbloccare l’impasse’ del nuovo Trattato.
In Europa, il trattato di Lisbona potrà entrare in vigore solo se ratificato da tutti i 27 paesi membri. Oltre all’Irlanda che ha scelto la via referendiaria, il Trattato deve ancora essere ratificato da Germania, Repubblica Ceca, e Polonia.
CHE COS’E’ IL TRATTATO DI LISBONA. Il Trattato di Lisbona (noto anche come Trattato di riforma) è il trattato redatto per sostituire la Costituzione europea bocciata dal ‘no’ nei referendum francese e olandese del 2005.
L’accordo recepisce gran parte delle innovazioni contenute nella Costituzione europea. Rispetto a quel testo, sono state approvate a Bruxelles le seguenti modifiche:
– non esisterà un solo trattato (come la Costituzione europea), ma saranno riformati i vecchi trattati. Il Trattato di riforma modificherà quindi il Trattato sull’Unione europea (TUE) e il Trattato che istituisce la Comunità europea (TCE). Il primo manterrà il suo titolo attuale mentre il secondo sarà denominato “Trattato sul funzionamento dell’Unione europea” (TFUE). Ad essi vanno aggiunti la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e il Trattato Euratom (quest’ultimo non era stato integrato nella Costituzione europea);
– è stato tolto ogni riferimento esplicito alla natura costituzionale nel testo: sono stati eliminati i simboli europei e si è ritornati alla vecchia nomenclatura per gli atti dell’UE: tornano “regolamenti” e “direttive” al posto delle “leggi europee” e “leggi quadro europee”;
– il “ministro degli Esteri” europeo tornerà a chiamarsi “alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza comune (PESC)”, benché con i poteri rafforzati indicati nella vecchia Costituzione: sarà anche vicepresidente della Commissione europea;
– vengono meglio delimitate le competenze dell’UE e degli Stati membri, esplicitando che il “travaso di sovranità” può avvenire sia in un senso (dai Paesi all’UE, come è sempre avvenuto) che nell’altro (dall’UE ai Paesi);
– il nuovo metodo decisionale della “doppia maggioranza” entrerà in vigore nel 2014 e, a pieno regime, nel 2017;
aumentano i poteri dei Parlamenti nazionali che hanno più tempo per esaminare i regolamenti e le direttive;
– la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea non è integrata nel Trattato, ma vi è un riferimento ad essa. Il Regno Unito ha ottenuto una “clausola di esclusione” (“opt-out”) per non applicarla sul suo territorio al fine di preservare la Common law. Lo stesso è stato concesso alla Polonia ma con l’elezione a premier di Donald Tusk quest’ultimo si è impegnato a non far valere l'”opt-out” ottenuto;
– il Regno Unito e l’Irlanda hanno ottenuto (per chiunque lo voglia utilizzare) un meccanismo (“opt-out”) per essere esentati da decisioni a maggioranza nel settore “Giustizia e affari interni”;
– viene specificato che la PESC ha un carattere specifico all’interno dell’UE e che non può pregiudicare la politica estera e la rappresentanza presso le istituzioni internazionali degli Stati membri.
– la concorrenza non è più ritenuta un obiettivo fondamentale dell’UE, ma viene citata in un protocollo aggiuntivo;
– viene introdotta l’energia nella clausola di solidarietà in cui gli Stati membri si impegnano a sostenere gli altri in caso di necessità;
– viene specificata la necessità di combattere i cambiamenti climatici nei provvedimenti a livello internazionale;
– viene introdotta la possibilità di recedere dall’UE (fino ad oggi, infatti, vi si poteva solo aderire).
Valéry Giscard d’Estaing, il presidente della Convenzione europea, ha dichiarato che le differenze tra i testi della Costituzione europea e del Trattato di riforma sono solo “cosmetiche” e che rendono quest’ultimo meno comprensibile rispetto al primo mentre il “think tank” euro-scettico “Openeurope” si è spinto fino all’analisi dettagliata, notando che il Trattato di riforma è per il 96% identico alla Costituzione europea.
Un pessimo trattato, il conservatorismo endemico delle masse, lo scetticismo generale, i capitali americani per il no (la statunitense Ryanair finanziò la campagna contraria lo scorso anno). Ecco la miscela per condurci nell’impasse. Il gioco Usa è chiaro: rallentare e ostacolare il più possibile il processo di concentrazione continentale, quello contro cui le talassocrazie e le caste finanziarie si sono sempre battute dai tempi di Napoleone a quelli dell’Asse. E contro cui le caste finanziarie e le potenze navali si batterono anche durante l’Evo Medio.
Il primo trattato, quello di Maastricht, data già di diciassette anni. Da allora le cosiddette “forze nazionali”, più propriamente le debolezze teatranti della destra terminale, cosa hanno saputo offrire, contrapporre, controproporre per sposare giustizia, fierezza, indipendenza e potenza? Niente, solo lamenti da bar o da struscio paesano. E con quel medesimo spirito non hanno esposto alcuna alternativa al trattato di Lisbona cullandosi negli auspici di una miopia reazionaria trinariciuta benchè sappiano – e lo sanno! – che i rallentamenti non solo servono a chi ci domina ma non impediscono in ogni caso lo sviluppo di un processo in corso che, se non viene modificato – MODIFICATO NON OSTEGGIATO – perderà le sue enormi potenzialità positive. Ora magari alzeranno il calice insieme ai loro padroni yankees che non hanno avuto neppure bisogno di metterli sul libro paga visto che fanno sempre quello che vogliono loro. In nome della “difesa” di “valori” ovviamente. Sui quali “valori” e sul come i teatranti li vivano è molto meglio non indagare. Bevete su, è tempo di pippe e gazzosa.