sabato 27 Luglio 2024

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«Assolti», ma ufficialmente disapprovati: i leader di Podemos, partito nato da una costola del movimento antisistema degli Indignados, Pablo Iglesias, 39 anni, professore di Scienze Politiche anticapitalista e la sua compagna Irene Montero, 30, resteranno rispettivamente segretario generale e capogruppo in parlamento. Non hanno tradito la causa, diventando proprietari immobiliari. Ma la loro nuova villa di quasi trecento metri quadrati a 40 chilometri a nordovest di Madrid, con piscina e giardino di altri 2.000 metri quadri, è parsa poco opportuna per una coppia di autentici rivoluzionari, a una grossa fetta del loro elettorato.
Travolti dalle critiche, anche all’interno del loro stesso schieramento, per aver disdegnato di «vivere come la gente normale e poterla quindi rappresentare nelle istituzioni», come ha detto il sindaco di Cadice, José María González Santos, meglio noto come «Kichi», richiamandosi al codice etico di Podemos, Iglesias e Montero si erano rimessi al giudizio degli iscritti. E per dimostrare che non si sarebbero accontentati di un blando viatico, il segretario del partito aveva promesso di dimettersi anche se la partecipazione al referendum fosse stata bassa.
Su mezzo milione di aventi diritto al voto, si sono pronunciati in 188 mila: il 68,42% (128.300 persone) della base ha trovato legittimo che la coppia stipulasse un mutuo trentennale da 660 mila euro per un alloggio non propriamente popolare, mentre il 31,58% (59.224) ha fatto pollice verso per la scelta un po’ troppo borghese dei suoi leader. Qualcuno ha rinfacciato a Iglesias un tweet del 2012 (l’anno dopo la rivolta degli Indignados) con cui attaccava gli investimenti immobiliari dell’allora ministro dell’Economia, Luis De Guindos: «Affideresti la politica economica del Paese a chi spende 600 mila euro in un attico di lusso? Sarebbe come affidare a un piromane il ministero dell’Ambiente», aveva ironizzato.
Non è la stessa cosa, ha rilanciato Irene Montero: «Un conto è comprare casa per viverci, un altro per speculare». Meno controvertibili alcune vecchie dichiarazioni televisive del leader di Podemos che stroncava «i politici che vivono nelle ville e non sanno che cosa sia prendere un mezzo di trasporto pubblico». Non c’è alcuna incoerenza, ha valutato invece, a larga maggioranza, la comunità di Podemos esprimendo il proprio appoggio a Iglesias, i cui conti e redditi erano già stati pubblicamente vagliati a più riprese, per evidenziare il progressivo aumento dei suoi depositi bancari dopo l’ingresso in parlamento. La decisione stessa di mettere le loro cariche a disposizione della volontà popolare, il «pabliscito», come è stato ribattezzato dalla stampa spagnola, è parsa una scelta coraggiosa.
Via libera, insomma, al mutuo da 1.600 euro mensili che i vertici, uniti in politica e nella vita, si sono impegnati a versare per l’acquisto dello «chalet». Ma, pur avendo ottenuto una partecipazione record al sondaggio, la coppia registra anche un importante crollo dei consensi: rispetto al risultato raggiunto poco più di un anno fa, alle primarie del partito, Iglesias ha perso 20 punti percentuali e apre la via alla concorrenza interna. Un’ipoteca in più sul suo futuro.

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