sabato 27 Luglio 2024

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La crisi della democrazia parlamentare e il fallimento del teatrino sovranista trovano un materiale umano scadente

È da un pezzo che la politica è soltanto messinscena per catturare quel consenso che permette di fare carriera nel parassitismo.
È narcisismo e finzione che talvolta s’incrociano con gli interessi lobbistici, associazionistici, di categoria, più o meno leciti, più o meno criminali. Più spesso li servono senza esprimerli direttamente.
È da un pezzo che la farsa democratica, quell’eccezionale invenzione oligarchica del diciannovesimo secolo, non ha altri scopi o destinazioni, essendosi acuite le distanze tra la casta, gli “iniziati”, i “competenti”, i poteri forti, e la plebe.
La farsa democratica è in crisi di rappresentazione e sta ormai cedendo il passo alla post-democrazia, più adatta a rapportarsi con il re nudo. E questa è una buona notizia perché crolla il palco delle illusioni.

Ogni popolo si mette in scena a modo suo
Questo è un dato universale. Ma, con buona pace degli egalitaristi, esistono ancora le specificità nazionali. Nel mettersi in scena, i popoli sono diversi tra di loro. Gli inglesi si ritagliano sempre lo spazio dell’isolazionismo, innanzitutto individuale, in cui esiste sempre un’autonomia dignitosa; in Germania e tra i popoli nordici vige un impegno di serietà verso la funzione che si ricopre e la collettività tutta; in Francia, un po’ più latina, emerge la fanfaronaggine che consiste nell’esibire quello che non si è, ma che costringe poi a rimanere nella parte, anche a costo della stessa vita. In Italia siamo guitti: la parte la si recita alla perfezione, ma senza alcuna remora nel cambiare ruolo in un nuovo copione. Con una faccia tosta che non si conosce in alcun paese al mondo.

Il circo è più serio
Borghi per Draghi; Draghi “sovranista”; Salvini con “prima l’Europa” e flessibile sulla migrazione; la Boldrini che converge dalla parte opposta; Grillo che sospende la Piattaforma Rosseau; il Pd che dopo aver abbracciato i tanto a lungo denigrati 5S per governare “insieme contro il pericolo leghista” ora riscopre la democrazia della Lega; Rinaldi che se n’esce con “non siamo mai stati contro l’Euro”. Tutto questo in pochi minuti, con la stessa velocità in cui, in tempi più tragici e criminali si svestirono la camicia nera. Elementare Watson: è la pagliacciata italiana!
Ha commentato giustamente mio figlio, citando Giano Accame, “il problema non è tanto cambiare idea, che è lecito, ma è scordarsi o negare di averne avuta prima un’altra”.

Gli ultimi “sovranisti”
Per queste ragioni, adesso che è miseramente crollato il teatrino sovranista con tutte le sue ineffabili cretinerie, più di quelli che prendono atto della realtà, sono encomiabili i Roberto Fiore e pochi altri (forse Simone Di Stefano e Marco Rizzo) che si abbarbicano all’idolo-pupazzo della superstizione incolta del No Euro e dell’Exit, ostinandosi a non comprendere che in questo modo fiancheggiano il dominio Wasp, la guerra alle energie europee e la colonizzazione mondiale. Avallano il default dell’Argentina e l’assassinio di Saddam Hussein, vittime dell’offensiva anti-Euro e anti-Ue. Assecondano la strategia bipolare Usa, contrastano – de facto e non per proclami, che quelli non contano – l’intesa energetica e politica russotedesca e l’offensiva europea nell’Indopacifico e per giunta condannano l’Italia alla subalternità assoluta, da cui pretenderebbero che uscisse con il ciclostile di soldi inutili e con l’autarchia dell’insalata e dell’ostello.

Imperialismo e capitalismo
Quelle posizioni intenibili, ora miseramente crollate, sono tarlate alla base. Lo sono per scelta di campo strategico, lo sono per volontà di potenza, lo sono per idea del destino. Lo sono, poi, perché contrastano l’imperialismo europeo (vettore possibile di rinascita rivoluzionaria) ma non mettono in discussione il capitalismo se non tramite il richiamo a formule partecipative tutto sommato vaghe. Il sovranismo resta impantanato nel liberismo puro e nell’egoismo bottegaio che si pretende nazionale solo nella misura in cui il bottegaio s’illude di farsi proteggere da uno Stato che peraltro non c’è.

Un paradosso preadolescenziale e incapacitante
I sovranisti, nella loro mania psicotica anti-Ue, confondono i meccanismi e le espressioni ideologiche che sono a Bruxelles ma anche a Milano o a Roma (e che hanno preceduto quelli comunitari) con l’Europa in sé e non si oppongono ad essi in quanto tali, né v’intervengono direttamente in senso radicale e concreto laddove è possibile (e lo dico per esperienza e a ragion veduta), ma perché europei.
Paradosso dei paradossi, per puntellare l’ideologia/capriccio suggerita loro dalle logge inglesi e per giustificare il loro non agire nei luoghi dovuti, i sovranisti si trincerano dietro l’affermazione assoluta che non si può cambiare quest’Europa, che non sarebbe la nostra, senza uscirne.
Non solo è falso, ma lo stesso ragionamento si potrebbe estendere a quest’Italia e sostanzialmente a questo mondo. Vogliamo quindi scendere? Più o meno è quello che ne viene fuori, con un programma da isteria preadolescenziale.
Quest’assurdità sfocia nell’abdicazione a qualsiasi ruolo effettivo e ha finito con il produrre la più retriva, stupida, sterile e imbarazzante espressione, non del neofascismo, ma dell’intera estrema destra dal 1815 ad oggi, ossia da quando esistono le categorie politiche dettate dalla rivoluzione borghese.

Soddisfazione
Chiarito questo, perché è essenziale, perché mi batto da anni affinché si chiarisca; soddisfatto per il fallimento del teatrino sovranista; posso oggi dire che restano incomparabili quelli che a quel teatrino rimangono aggrappati come naufraghi e gridano al tradimento di una causa in cui nessuno ha mai creduto, rispetto a quelli che hanno cambiato casacca in due secondi.
Questi ultimi non sono traditori, né hanno subito minacce o ricatti da finanze internazionali o da poteri forti: sono soltanto dei guitti che cambiano la parte perché è cambiata la commedia e l’importante per loro è recitare e avere un pubblico.
Non possono dire di avere cambiato idea perché non ne avevano, né ne hanno, alcuna.

Speriamo che Draghi non riesca
Questo è il vero collante nazionale di oggi: una popolazione di guitti, di furbetti, di accattoni senza decoro. Non sappiamo cosa vorrà fare Draghi e se potrà riuscirci. Ma con questa popolazione e con la classe dirigente che si merita, e che la rappresenta perfettamente, non c’è da stare molto allegri.
Filosoficamente, spiritualmente, culturalmente e politicamente intrisi del materialismo opportunista, servili nei confronti di chi appare potente, Draghi o non Draghi, gli italiani continueranno ad essere i nemici dell’Italia, della Romanitas, della serietà e perfino di chiunque li favorisca o faccia conto su di loro.
San Mario è già potenzialmente nella polvere, come Craxi, come Renzi, come Berlusconi.
Lo sarà soprattutto se gli riuscirà di fare qualcosa di bene perché quello che la canaglia non sopporta è di dover essere riconoscente.
Speriamo che non accada! Speriamo di andare a picco come meritiamo!
Per poterci, infine purificare e tornare a essere dopo quasi otto decenni.
L’abisso, dateci l’abisso, perché dobbiamo tornare a emergere: siamo stufi di galleggiare!

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