Berlusconi, i proci, i risultati elettorali, Cohn-Béndit, i conflitti in corso, le manovre e soprattutto il futuro
PRIMO PUNTO: Il governo
Il Berlusconi IV si distingue dai precedenti per composizione e per linea politica.
Composizione:
Rilevante è la presenza di figure di provenienza craxiana quali i ministri Brunetta, Sacconi, Tremonti, la sottosegretaria Stefania Craxi e lo stesso premier Berlusconi.
Assenti invece le sentinelle dichiarate di lobbies e di poteri forti. Nel Berlusconi III, per esempio, questi gruppi avevano immesso nell’esecutivo come loro gaaranti Fini, Martino e Pisanu.
Linea politica:
In politica estera (ed anche economica ed energetica) il governo ha intrapreso azioni aperte verso l’est, in particolare la Russia, e verso il Mediterraneo mettendo fine all’attendismo che era susseguito allo smantellamento del partito italiano (Gronchi, Mattei) e alla liquidazione di Moro prima e di Craxi in seguito.
In politica interna il governo, e più specificatamente il premier, sta perseguendo una rivoluzione costituzionale e istituzionale che punta ad un accentramento decisionista con la liquidazione dei privilegi e dei poteri dei gruppi intermedi, quelli che occupano i ruoli di “rappresentanza” o di “commissariato politico”. Di qui gli scontri con le nomenklature sindacali, le (para)statali, i soviet in Magistratura e le cerchie esclusive del mondo bancario.
SECONDO PUNTO: L’interpretazione del momento
Come leggere questi conflitti?
Lungi da ogni genere d’identificazione nei protagonisti o contro di loro, o dalla passione pro o versus il Cavaliere, chi sia autocentrato e persegua un progetto animato da un’Idea del Mondo deve esprimere un giudizio lucido e freddo su quanto accade e sulle sue conseguenze a medio e lungo termine.
Si è messo da più parti l’accento sulla positività dell’azione in politica estera del Berlusconi IV (ovviamente paragonandolo ai governi precedenti e agli eventuali governi alternativi) ma ci si è sbagliati a non concentrarsi proprio sugli intendimenti autocratici del premier.
Questi intendimenti, che “mettono in pericolo la Costituzione” come non si stancano di ripeterci i chierici della prima repubblica, sono davvero liberticidi?
La storia c’insegna – o perlomeno insegna a me – che la libertà (sia collettiva che dei singoli individui) va di pari passo con l’autorità centrale ed è inversamente proporzionale all’occupazione dei posti a corte da parte dei proci di ogni risma e colore. I quali, per logica connaturata, soffocano, comprimono e burocratizzano ogni azione dal basso neutralizzandola fino ad ucciderla.
Ogni elemento in natura, e anche nella psiche individuale e collettiva, dipende da leggi di azione e reazione, di sbilanciamento e bilanciamento, di spostamento e compensazione. Sicché un rafforzamento autocratico a discapito della sclerosi oligarchica ridurrebbe sì il potere dei mandarini ma per una legge dinamica riaprirebbe automaticamente spazi di libertà e di organizzazione nella direzione dell’autonomia e dell’azione diretta.
Oggi che l’azione autocratica è appena abbozzata, già assistiamo a una serie di flussi innovatori. Segnali che vanno dalla maggior libertà partecipata che vige nel partito di maggioranza rispetto, per esempio, a quello che era il caso di An, alla straordinaria capacità leghista di esprimersi come partito-movimento fino al proporsi di un neo-movimentismo a sinistra che inizia a delinearsi forse con Sinistra e Libertà, con L’Altro sicuramente.
Uno dei principali leaders storici della sinistra europea, un gigante della politica, Daniel Cohn-Béndit, sta come al solito facendo da battistrada. In Francia ha trascinato il partito della sinistra nuova,“Europe-Ecologie,” al 17% circa: un vero boom. E’ stato accusato di eccessiva connivenza con l’Eliseo ove non avrebbe disdegnato inviti e incontri. Ma questo, lungi dal farne una marionetta, ne confermerebbe la costante capacità avanguardistica. Il neo-cesarismo è infatti una tendenza generale, non solo italiana. Augusto lo inaugurò non a caso accentuando i propri poteri tribunizi: era il fondamento della “monarchia popolare” quella che sotto forma regale, imperiale, o cesariana, ha da sempre espresso l’intesa (a volte burrascosa) tra popolo e capo chiudendo nella forbice e tagliando le unghie e i canini ai privilegiati e ai proci. La democrazia, o se preferite la democrazia delegata, ha fatto sempre l’opposto. Paradossalmente la monarchia popolare ha prodotto cives, la democrazia sudditi e schiavi.
Cohn-Béndit si propone come Tribuno che è quello che ogni rivoluzionario, di qualsiasi colore, dovrebbe fare oggi. Non contro l’autocrate, chiunque esso sia, ma contro i proci, chiunque siano.
TERZO PUNTO: La battaglia in corso
Ho avuto modo di spiegare come, a mio avviso, Berlusconi abbia consapevolmente trasformato una vittoria schiacciante in un successo mancato. Questo per provare a sfruttare lo stato di grazia al fine di eliminare separatamente i Curiazi (Fini, D’Alema, Casini, Di Pietro ecc).
Che le elezioni che hanno visto in campo un governo in carica da un anno – e in un periodo di crisi economica – per la maggioranza in carica siano risultate addirittura trionfali lo dicono le cifre.
La somma di PdL e Lega dà una percentuale di pochissimo inferiore a quella delle scorse politiche. Ma vi andrebbe aggiunto almeno l’1,8% di Lombardo e Fatuzzo (se vogliamo essere così magnanimi da concedere a La Destra uno 0,5 nella sua coalizione, percentuale che nei fatti neanche ha). E la tenuta del voto di protesta trasformatosi in voto di consenso così è assicurata. Cosa inedita in democrazia.
Il PdL è il primo partito in tutte le circoscrizioni delle europee.
Lasciamo stare L’Aquila che è troppo particolare perché lì la maggioranza assoluta si sposa con una bassa percentuale di votanti, essendo sfollati i più. Ma nell’abruzzo intero il Pdl doppia il Pd.
Il Pdl guadagna poi cinque eurodeputati, oltre un quinto della sua truppa, in un Europarlamento che pure in questa legislatura offriva meno posti disponibili.
Il Pd come alternativa di governo quasi scompare.
Nelle amministrative Pdl e Lega vanno come un rullo compressore e il centrosinistra si aggrappa a poche isole felici.
Berlusconi alle europee ha ottenuto qualcosa di più di due milioni e settecentomila preferenze personali (cioé un elettore del Pdl ogni quattro ha sentito il bisogno di scriverne il nome). Per rendersi conto di quello che significa si tenga a mente che il presunto vincitore delle europee, Di Pietro, ha collezionato – come partito! – due milioni quattrocentocinquantatremila voti in tutta Italia.
Ovvero solo con le preferenze espresse Berlusconi batte di un quarto di milione di voti l’intera IdV. Eppure fa lo scontento per aprire le ostilità. E Fini le raccoglie cercando di provocare ad arte un conflitto con la Lega.
Ora Berlusconi ha la forza e le condizioni favorevoli per dare una spallata. Ora i proci cercheranno di sparargli nelle gambe.
Ci sarà insomma un golpe, mascherato, soft, maquillé, ma ci sarà: resta da vedere da parte di chi, perché di golpe in realtà ne sono in atto due opposti.
QUARTO PUNTO: Come schierarsi
Nessuno che abbia un briciolo di intelligenza, un minimo di mentalità politica e tenga alla libertà può non augurarsi che Berlusconi abbia la meglio sui proci.
Chi faccia prevalere sentimenti o risentimenti personali in senso inverso è francamente un superficiale, un ignorante, un suicida o un cretino. Ma questo conta poco, come poco conta il tifo.
Importa invece l’azione e, per l’azione, ha valore la visione, immediata, a medio e a lungo termine. Si deve allora compiere un ulteriore sforzo d’interpretazione fino a capire che proprio questo apparente livellamento grigio sta invece alimentando identarismo e movimentismo. Li ritroviamo infatti in tutti i settori politici: tanto interni quanto esterni, tanto amici quanto nemici dei grandi partiti o puramente e più sagacemente a latere di essi.
La prova la abbiamo avuta a sinistra con il parto del nuovo soggetto e con la mentalità che questo ha assunto che non è più teologica, e che non si pretende nemmeno governativa, ma si apre a un progetto sociale e culturale di base; e, per quanto ce ne sia sicuramente una dose, non può trattarsi esclusivamente di un semplice restiling ma indica un ritorno a certe origini.
Ma l’abbiamo anche a destra. Se Storace & co falliscono senza riserve è perché si ponevano come veteroalternative al berlusconismo. La Fiamma Tricolore che conserva i suoi fedelissimi e Forza Nuova che aumenta addirittura il suo bacino elettorale, se da un lato confermano l’assoluta mancanza di un progetto politico compiuto e di un loro destino, dall’altra rivelano che niente è stato annullato o livellato. Manca purtroppo, ma non data di oggi, qualsiasi dirigenza a un ambiente che, per questo, è diventato di “destra terminale”. Per inveterata sindorme di attesa della manna e del Messia, gli elettori e i militanti “identitari” firmano cambiali in bianco a dirigenti o simboli: ma poi chi le incassa non ha la minima idea di cosa fare, improvvisa e attende la Provvidenza e così tutto si attorciglia su di sé. La testa manca ma l’humus c’è. E qualche risultato lo comprova.
QUINTO PUNTO: Un modo nuovo
Meglio fa, anche stavolta, Casa Pound, che capitalizza la scelta di non schierarsi nel nulla elettorale, garantendo però al contempo – e qui c’è la novità di portata rivoluzionaria – le indipendenze dei nuclei locali che si articolano nei vari casi in alleanze con le destre terminali, con quelle governative e con le liste civiche.
Come al solito l’armata Iannone sta qualche buon passo avanti ed ha già iniziato a muoversi nel movimentismo post-partitico con quella spinta tribunizia che è necessaria per dar voce e peso a quelle minoranze che continuano ad affannarsi senza costrutto alla ricerca di un’antistorica immedesimazione in un partito su misura che oggi non può esistere se non come caricatura grottesca, sterile e lillipuziana.
Del resto anche dai risultati dei fiammisti e dei forzanovisti risulta che il radicamento ha pagato soprattutto quando ha rotto gli schemi preconcetti. Lo studio dei singoli score, con risultati lusinghieri in certi casi e devastanti in altri pur all’interno del medesimo contenitore, attesta che il populismo ha prevalso sull’ideologismo e il movimentismo sull’integralismo.
Quello che rende però più significativi i successi locali dei militanti di Casa Pound è che, mentre con FN o FT le simpatie locali sono sempre handicappate un tot dal peso dell’etichetta nazionale e del modo di porsi dei partiti, per quello che riguarda gli Iannoniani, invece, il consenso trasversale è molto meno condizionato e più ampio. Ed è notevole quello che comporta in termini di consacrazione come riconosciuti soggetti autonomi.
Politica quando non è gestione di potere è creazione di spazi e di luoghi, è fondazione, è confronto aperto ed è partecipazione. E la linea inaugurata da CPI è la più consona a questo esperimento.
Vedrete che, come è avvenuto per tutto il resto, l’azione intrapresa dalla ciurma salpata col Cutty Sark verrà presto imitata. L’unica perplessità che potrà rallentare la sua pronta mimesi risiede nel fatto che è una scelta fondata esclusivamente sulla sostanza e non sulla visibilità la quale ultima è ovunque locale e della quale non si può quindi vivere di rendita: i travet della politica in questo modo di agire non trovano spazio.
SESTO PUNTO: Corsari
Capitalizzare questi insegnamenti è il punto di partenza, ma non basta: bisogna chiarire il progetto che si ha in testa. Che non deve esaurirsi nell’accompagnare, da vicino o da lontano, nell’entusiasmo o nel sospetto, l’accentramento berlusconiano e nemmeno nel farlo in piena autonomia con un pragmatismo etico e radicale, ma che deve declinarsi in una visione a lungo termine. Perché delle due l’una
– Berlusconi prevale e allora, come ci fa capire Cohn-Béndit, si apriranno forzatamente spazi per una base sociale finalmente liberata dai filtri e dalle cappe e questo sarà una panacea per la realizzazione del tribunato.
E ci sarà comunque un dopo-Berlusconi e quindi una nuova trasformazione con tanto di liti, scissioni, strappi, finché si produrranno le condizioni per la nascita di una coalizione peronista all’italiana che potrà veder confluire a sé forze sociali da diversi schieramenti. Che è quello a cui personalmente punto alla lunga distanza.
– Prevalgono i proci e sarà allora necessario un profondo radicamento delle autonomie di base per preservare un minimo di libertà perché questa sarà minacciata.
In ambo i casi – e speriamo che si tratti del primo – sarà necessario il recupero totale della logica del confronto, della positività, dell’affermazione, della pluralità nel vitalismo, dell’assoluta trasversalità; quella stessa logica che fu alla base di ogni cosa rimarchevole in Italia: da Fiume ai primi governi Mussolini, da L’Orologio al Sessantotto.
Ci si deve concepire come forza energica, creativa, libera, spregiudicata e a tutto campo.
L’accentramento berlusconiano insomma sta producendo sia l’asfissia dei partiti che la rivitalizzazione delle autonomie movimentiste. Ora dobbiamo iniziare a operare per trasformare queste ultime in un progetto politico efficace.
Che non può essere affidato all’improvvisazione né agli umori dei singoli o alle loro inventive discentrate ma deve imperamente incentrarsi su di una disciplina e un asse, seguendo modelli e metodi precisi.
E qui rimando a “Sorpasso Neuronico” che li spiega abbondantemente e anche a “Tortuga” perché tutti i segnali, in Italia e fuori, indicano che è tempo di Corsari. Rossi, verdi e neri. Siamo di nuovo a Salgari e a D’Annunzio. Dopo la Zeta della destra postfascista e lo Zero della destra terminale, forse ora toccherà finalmente all’Alfa.