Il 30 dicembre 2006 veniva assassinato per impiccagione il Capo di Stato iracheno Saddam Hussein. La sua nazione, florida e di sicuro tra le più libere e sociali dell’area, era stata invasa, occupata e sottomessa da forze internazionali agli ordini angloamericani e con altissima responsabilità iraniana. La brama rapace dell’imperialismo “religioso” di Teheran aveva servito gli interessi di coloro che gli ayatollah chiamavano “Satana” ma con i quali erano sempre stati lingua in bocca, fin dai tempi dell’Irangate.
Saddam Hussein, leader popolare, venne processato, condannato a morte e assassinato dai servi dello straniero, imposti nelle nuove istituzioni.
Saddam, prima di morire fieramente, durante il processo, ricusando la caricatura del tribunale, si era definito “il Mussolini del Medio Oriente”. (Nella foto).
Dall’abbattimento del governo socialnazionale iracheno in poi tutto è crollato nella regione, a favore di salafiti, turchi, israeliani e ayatollah. Ma il colpo all’indipendenza e alla modernizzazione araba, alle relazioni euro-arabe e alla stabilità di governi decenti, fu fortissimo. La Siria che, per rivalità provinciali e per sudditanza verso Teheran, non sostenne Bagdad, di lì a poco se ne sarebbe pentita amaramente, e continua a subire gli effetti di quella diserzione di allora.
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