Un articolo del Corriere della Sera che attesta l’avvento dei primi seri dubbi ad un’intellighentia prigioniera delle sue utopie e dei disastri che comportano. Al servizio (in)conscio del sistema delle multinazionali.
La settimana scorsa il Corriere ha pubblicato una approfondita indagine sui problemi che la Francia incontra nell’integrazione degli immigrati musulmani. Contemporaneamente, le cronache continuano a dare conto degli sforzi del governo Blair di abbandonare quella politica del «multiculturalismo» che la Gran Bretagna ha perseguito per anni e che non ha dato i frutti sperati. Francia e Gran Bretagna avevano adottato politiche opposte. Si parlava, addirittura, di due modelli di integrazione, quello «assimilazionista» francese e quello «multiculturalista» britannico (e, più in generale, anglosassone). Due diverse politiche, ciascuna delle quali coerente con le tradizioni costituzionali di Francia e Gran Bretagna. La politica assimilazionista francese puntava a un’integrazione fondata su uno scambio: la concessione della «cittadinanza repubblicana», con i suoi diritti di libertà, in cambio di una privatizzazione del credo religioso, del divieto di far valere entro l’arena pubblica le appartenenze religiose.
La politica multiculturalista britannica, all’opposto, concedeva generosamente spazi pubblici, sotto forma di «diritti collettivi», alle minoranze etniche o religiose. Nella prospettiva multiculturalista ciò avrebbe dovuto portare a un’armonica coesistenza fra i diversi gruppi all’interno di una società politica liberale e tollerante.
Tanto il modello assimilazionista quanto