Bloccando il processo di pace si blocca la nascita dello stato palestinese. Un piano genocida che non può chiamarsi tale : per gli israeliani altro non è se non « la legge del più forte ».
A cosa mira Sharon con il ritiro unilaterale da Gaza? Non è un mistero. Lo ha rivelato ad Haaretz (1) il suo consigliere Dov Weisglass il 6 ottobre scorso: “il senso del nostro disimpegno [dai Territori Occupati] consiste nel congelare il processo di pace. Ci dà la formalina necessaria per chiudere in un boccale ogni negoziato politico coi palestinesi”. Dov Weisglass è un portavoce credibile: è in rapporti molto confidenziali con Condoleezza Rice, che lo chiama affettuosamente “Dovi”. Nella sua intervista rivelatrice, Dovi aggiunge: “il nostro disimpegno serve a bloccare il processo di pace. E bloccando questo processo, si blocca la nascita di uno Stato palestinese, e si evita una trattativa sul ritorno dei rifugiati [palestinesi], sulle frontiere e su Gerusalemme. Di fatto tutto ciò che riguarda uno Stato palestinese e quel che ne consegue è stato rimosso praticamente per sempre. E tutto con la benedizione del presidente [Bush] e la ratifica dei due rami del Congresso [Usa]”. Il bello di questi “falchi”, nota il giornalista Paul de Rooij (2), è che dichiarano i loro piani. Non c’è bisogno di costruire complesse teorie complottiste: basta ascoltarli.
Per capire cosa prepara ai palestinesi il piano di ritiro di Sharon, bisogna ascoltarne un altro: Arnon Soffer, professore di demografia all’università di Haifa, anche lui consigliere di Sharon. Da demografo falco, Soffer teme la fertilità araba. La sua frase preferita è: “il ventre delle palestinesi è un’arma biologica”. Intervistato dal Jerusalem Post, ha risposto con franca brutalità (3).
Domanda: che forma avrà quest’area dopo la separazione unilaterale?
Soffer: i palestinesi ci bombarderanno con la loro artiglieria e noi risponderemo con rappresaglie. Ma almeno ciò avverrà sul muro [il muro che Israele sta costruendo per “autodifesa” su terre palestinesi] e non negli asili infantili di Tel Aviv ed Haifa.
D: Israele è pronta a combattere questo tipo di guerra?
Soffer: anzitutto il muro non è come il muro di Berlino. E’ una recinzione che noi controlliamo da entrambi i lati. Diremo ai palestinesi che se un singolo loro missile viene sparato oltre il muro, noi ne spareremo dieci come rappresaglia. Saranno uccisi donne e bambini, e distrutte case. Al quinto di questi incidenti, le madri palestinesi impediranno ai mariti di sparare i loro Kassam [missili fatti in casa, ndr.], perché sapranno cosa le attende in questo caso. Secondo: quando nella striscia di Gaza, chiusa da ogni parte, vivranno 2,5 milioni di palestinesi, sarà una catastrofe umana. Quella gente diverrà anche più feroce di quel che è oggi, aizzata per lo più dal folle fondamentalismo islamico. La pressione alla frontiera sarà spaventosa. Sarà una guerra tremenda. E così noi israeliani, se vogliamo restare vivi, dovremo uccidere e uccidere. Tutto il giorno, ogni giorno.
D: anche davanti alle telecamere della CNN?
Soffer: se non uccidiamo, cessiamo di esistere. La sola cosa che mi preoccupa è come assicurare che i ragazzi e gli uomini che dovranno fare i massacri tornino alle loro famiglie come normali esseri umani.
D: e quale sarà l’esito di questo ammazzamento?
Soffer: i palestinesi saranno costretti a comprendere che la demografia non fa più il loro gioco, perché noi siamo qua e loro là [dal muro]. Allora saranno loro stessi che cominceranno a chiedere colloqui per “la gestione del conflitto”, e non per la “pace”, questa parola sporca. Pace è una parola per credenti, e io non ho alcuna tolleranza per i credenti…sono pericolosi.
Come dire più chiaramente che il destino dei palestinesi è segnato? Il muro e il ritiro unilaterale serve solo ad Israele: per costruire uno stato razzialmente puro. Ovviamente nessun palestinese lavorerà più in Israele. Se non vorrà morire di fame, dovrà em