sabato 27 Luglio 2024

Sorridi alla nostra rinascita!

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Negate alcune “libertà individuali”, subordinato il Parlamento? Ecco perché dovresti essere felice invece di difendere l’indifendibile

 

Non c’è nessuna dittatura, perché la dittatura è un’istituzione di regolamentazione, partecipazione e libertà. C’è invece una tendenza autoritaria o decisionista che liquida alcuni orpelli formali della democrazia. La quale democrazia è un sistema tellurico e tirannico che, a differenza della dittatura, produce sempre tirannia, soft o hard a seconda dei casi.

Norimberga e gli esastellati
Il clima di emergenza e la necessità di ristrutturazione del sistema hanno generato la necessità di spalancare in fretta il cassetto hard e di saccheggiarne il contenuto e così la democrazia – che tale è e rimane – si mostra adesso nuda e calpesta le sue stesse contraddizioni.
Questo è quanto, ed è la ragione per la quale tutta la gazzarra “libertaria” con tanto di denunce assurde del fascismo di ritorno, di acclamazioni di un nuovo Processo di Norimberga (contro i discendenti dei giudici?) e di stelle gialle sul petto che insultano al tempo stesso ebrei e nazisti, è roba da imbecilli.

Un autoritarismo senza Auctoritas
La gestione politica della democrazia con pretese autoritarie è attaccabile per mille ragioni, che vanno dall’assunzione di scelte sovrane senza Auctoritas (e per giunta con scarico di responsabilità) fino alla messa in atto di provvedimenti che, ammesso che riescano ad aumentare il numero dei vaccinati, colpiscono duramente la ristorazione e il turismo in piena stagione estiva e hanno già prodotto una pioggia di disdette sia qui che in Francia.
Se si attaccassero certe scelte da questi due angoli, ovvero da quello morale (uno Stato che rifiuta di assumere le responsabilità degli obblighi che impone) e da quello socioeconomico (il disastro che certe imposizioni stanno procurando) non ci sarebbe nulla di sbagliato.

Le piazzate non sono le azioni di piazza
Quando lo si fa in difesa della democrazia, della Costituzione, delle libertà individuali – ovvero di tutto quello che è alla base della tirannia irresponsabile che oggi impera – non soltanto si sta dalla parte sbagliata e destinata a perdere, ma si è funzionali al gioco stesso dell’oligarchia che si nutre della messa in scena di proteste impotenti e sguaiate e dello sfogo di masse anche numerose che ululano alla luna perché non hanno alcun potere contrattuale, nessuna possibilità d’incidere, di nuocere o di ricattare. Basta paragonare anche di sfuggita le piazzate patetiche di oggi con le geometrie di piazza, di qualsiasi colore, dagli anni venti agli anni ottanta, per capire che in strada, oggi, si fa soltanto sceneggiata interpretando la parte necessaria al prosieguo indolore del gioco.
Altra cosa sarebbe l’organizzazione delle forze sociali, ma sembra che sia un concetto troppo difficile da cogliere per chi in realtà vuole soltanto apparire e farsi vedere sui social.

Meno libertà è meglio
In assenza e – auspichiamo – in preparazione di una componente politica in grado di passare dal virtuale al reale, ovvero di assumere un senso politico, un programma e una linea di azione (di azione non di agitazione), è opportuno che si prenda atto che la “restrizione” di spazi democratici è una cosa da festeggiare, perché salutare.
Non di certo perché ci faccia piacere chi la sta realizzando, ma perché essa è oggettivamente positiva per ben tre ragioni che andiamo a elencare.

Il potere modifica la sua ideologia
Il passaggio al decisionismo autoritario si accompagna forzatamente ad una revisione del racconto politico da parte delle classi dirigenti. Favorisce una nuova concezione imperialistica, che già emerge nelle dirigenze del capitalismo renano e accompagna diversi cambi di linea assai importanti manifestatisi nell’ultimo triennio, che vanno dal freno dell’immigrazione direttamente in Niger alla concezione dell’Europa che protegge, dal rilancio della problematica demografica alla sfida sugli scenari globali. Tutto questo richiede versioni più autoritarie della politica, senza di che continueremmo a subire il flusso della storia anziché rientrare in gioco come sta avvenendo da quando la Cina ha stravolto gli equilibri mondiali.
Che queste necessità si accompagnino con la riduzione delle “libertà individuali” così post-sessantottine, così civiche, così individualiste, così da Scuola di Francoforte, non è un male, è un bene per quello che significano in fieri oltre che culturalmente perché questa religione liberal che ci è stata imposta dalle più bieche sovversioni non ha da essere difesa in nessuno dei suoi aspetti.

Il Parlamento sputtanato ci fa riscoprire i fondamentali

Lo stato d’emergenza continuo ha messo a nudo la subalternità del Parlamento e l’inutilità del 99% di quanto vi si dibatte ogni giorno, oltre a dimostrare platealmente che la democrazia in vetrina ci mette soltanto manichini che ci ostiniamo a vestire o svestire per il nostro inutile diversivo ma che dietro il bancone è ben altra la merce che si vende. Sicché la presa d’atto della subalternità totale del Parlamento, lungi dal farci guaire in difesa delle sue prerogative calpestate, dovrebbe far sparire definitivamente in noi certe illusioni elettoralistiche e certe pretese ridicole di cambiare il mondo con la maggioranza dei consensi. Ci dovrebbe insegnare invece che sono i rapporti di forza, le creazioni di centri di potere, ad essere al centro della politica e che l’aspetto elettorale non è che periferico e a valle, non a monte, della politica reale. Ovvero: ci può stare ma solo a supporto di poteri reali e di autorità superiore.
Insomma colui che, se non altro per via dei tatuaggi che si è scelto di marcare sulla pelle, avrebbe dovuto essere erede dalla saggezza critica antidemocratica, dovrebbe recuperare un immaginario e una prassi politica finalmente seri. Egli potrebbe infine diventare, almeno in parte, quello che si atteggia di essere ma non è.

Le fasce produttive non hanno alternative al contropotere

Infine i clamorosi errori di gestione centralizzata che costano cari a piccoli imprenditori, a ristoratori e, per mancati indotti, a milioni di salariati, sono il terzo elemento da capitalizzare.
Non esistono più forze organizzate che abbiano il potere di aprire una contesa perché sindacati, partiti e associazioni sono sostanzialmente parassitari e impotenti.
Per entrare in conflitto è necessario che le categorie sociali colpite si dotino di mezzi economici e di reti organizzative in modo autonomo, che realizzino cioè contropotere. È il solo modo per potersi far valere. Ed è questo il compito primario di un’avanguardia. Parlo ovviamente di avanguardia, non di retroguardia e di avanspettacolo.

Sorridete invece di lamentarvi!
Da qualunque angolo la si osservi, la situazione, soprattutto grazie alla restrizione delle “libertà” individuali (pietà!) e alla liquidazione di molte illusioni elettoralistiche, è invitante e bisogna sorriderle perché ci consente di entrare seriamente in gioco. Sempre che non si preferisca continuare a fare i pagliacci con quel mix d’isteria, paranoia, esibizionismo e vittimismo che va in scena in questi giorni nella piazze italofrancesi.
La selezione sarà naturale e impietosa, per fortuna!

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