giovedì 12 Dicembre 2024

Tra gli irriducibili dei «campi» di Guantanamo

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L’esercito statunitense svela meccanismi e sistemi d’interrogatorio per dimostrare che sono false le accuse di tortura ai sospetti terroristi «Usiamo solo mezzi di persuasione: premiamo chi collabora con noi».


Nel nome della guerra al terrorismo gli Stati Uniti tengono prigioniere senza processo oltre 600 persone a Guantanamo. A intervalli regolari il Pentagono organizza dei «media tour». Prima della partenza i giornalisti s’impegnano per iscritto a non cercare di comunicare con i prigionieri. Ogni sera un militare ispeziona le foto.I volti dei detenuti sono oscurati, in obbedienza alle convenzioni di Ginevra, così come tutto ciò che potrebbe nuocere all’immagine dell’esercito. La visita guidata dal 16 al 19 marzo ha acquistato un significato particolare.Accusato di maltrattare i prigionieri l’esercito americano ha mostrato qualche scena di vita a Campo Delta. Per la prima volta la stampa ha potuto vedere dove si svolgono gli interrogatori. I militari hanno aperto anche la sala del tribunale dove si svolgeranno i processi ai «nemici combattenti».Le udienze cominceranno fra molti mesi ma, nella terra di nessuno giuridica che è Guantanamo, i responsabili americani vengono messi sotto pressione perché dimostrino che una qualche giustizia, sia pure militare, è in cantiere. Il comandante del campo, il generale maggiore Geoffrey Miller, ha presentato di persona il lavoro svolto. Guantanamo è «un laboratorio della guerra contro il terrorismo, -ha spiegato- la detenzione qui è umana e noi ne siamo fieri». È stata la sua ultima conferenza stampa.Dopo 18 mesi a Cuba, il 22 marzo è stato assegnato all’Iraq. Anche là si occuperà di detenuti. «Gli Stati Uniti -ha assicurato- non torturano mai nessuno. Autorizziamo certe tecniche d’interrogatorio ma mai quelle che impiegano la forza». All’ingresso il tenente colonnello Pamela Hart ha allestito una proiezione di slide di presentazione. Guantanamo: 610 «nemici combattenti», 2.162 soldati. Tra 250 e 300 interrogatori al giorno. Non si può registrare -avverte- ma si possono riportare frasi. Guantanamo non è proprio una baia completa: dall’aeroporto alla base bisogna prendere un traghetto.Gli Stati Uniti mantengono quest’enclave a Cuba dal 1903, fra molte contestazioni. Anche l’eventuale scomparsa di Fidel Castro, secondo il comandante della base navale, Les Mc Coy, non porterebbe alcun cambiamento: «La terremo fino a quando durerà la guerra contro il terrorismo». La base oggi è piena di cantieri. Delta I, Delta II, Delta III, campo 4, campo 5, campo Echo… Dopo l’apertura, nel gennaio 2002, Guantanamo ha conosciuto una sorta di boom edilizio. Il campo 5 non è ancora finito. Sarà il fiore all’occhiello: «il modo più innovativo di condurre interrogatori in isolamento», recita la slide esplicativa, completamente informatizzato. «Si potranno condurre anche quattro interrogatori per volta. E senza nemmeno un foglio di carta».Da gennaio il Pentagono è diventato impaziente. Bisogna accelerare le liberazioni. In loco i militari vorrebbero essere certi che i detenuti hanno rivelato tutti i loro segreti. In due anni 119 prigionieri sono stati liberati e altri 12 sono stati trasferiti nei Paesi d’origine (4 sauditi, 1 spagnolo, 7 russi). Il campo 5 deve svilupparsi, bisogna «aumentare la mano d’opera del 50%». Stavolta niente prefabbricati. La gettata per il pavimento può «durare 50 anni». I primi condannati probabilmente sconteranno qui la pena. Miller ha tutte le intenzioni di dotarlo anche di una stanza per le esecuzioni capitali. I detenuti sono originari di 42 diversi Paesi. Solo 6 erano ricercati. Gli ultimi sono arrivati nel novembre 2003. I militari continuano a ripetere che nessuno si trova lì per caso e che si tratta di membri di al Qaeda che lavoravano alla preparazione di attentati. «Oltre cinquanta fra loro non hanno alcuno scrupolo a spiegare che lottano per il jihad e che, se saranno liberati, torneranno immediatamente a combattere», dice Steve Rodriguez, il responsabile del campo, d’origine cubana.Persino l’età dei prigionieri è tenuta nascosta. Per far vedere che tra loro non ci sono minori, l’esercito non lesina mezzi. Si utilizzano radiografie del polso e analisi della dens

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