sabato 27 Luglio 2024

Un grosso problema per i “sovranisti”

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Devono decidere se stare con l’Italia e con gli anti-Ue dalla parte dei turchi e degli islamisti o se devono ammettere che hanno sempre sbagliato tutto

I combattimenti tra le forze governative siriane, appoggiate dalla Russia, e la galassia islamista per il controllo di Idlib prosegue nonostante l’ennesimo cessate il fuoco raggiunto poche settimane fa tra le parti. Di recente il governo di Damasco è riuscito ad avanzare fino a Maraat al Numan, seconda città più importante della provincia nonché simbolo della resistenza contro il presidente Bashar al Assad. La sua riconquista è stata decisiva per il governo siriano, che mira non solo a ripristinare l’integrità territoriale del Paese, ma anche – nel breve periodo – a riprendere il controllo dell’autostrada M4-M5, l’arteria più importante della Siria. L’intensificarsi dei combattimenti nella regione ha però allarmato la vicina Turchia e la situazione rischia di farsi ancora più tesa dopo la morte, il 3 febbraio, di quattro soldati turchi.

L’escalation su Idlib
Da giorni arrivano notizie sugli scontri in corso tra l’esercito di Damasco e le milizie jihadiste cooptate dalla Turchia nella regione di Idlib, da anni al centro di una feroce battaglia tra le due parti. I combattimenti si sono però intensificati nelle ultime ore, tanto da portare anche il governo turco a prendere una posizione più assertiva: Ankara ha infatti inviato nuovi soldati e veicoli militari lungo il confine con la Siria, giustificando la sua decisione come una mossa necessaria per proteggere la sicurezza dello Stato turco dalla minaccia rappresentata da Idlib. Il Governo ha anche specificato di essere pronto a intervenire nel Paese siriano nel caso in cui l’offensiva dovesse trasformarsi in “una catastrofe” al fine di “proteggere i confini da qualsiasi minaccia, soprattutto terroristica”. A Idlib si trovano infatti diverse milizie jihadiste, tra cui Hayat Tahrir al-Sham, gruppo islamista in precedenza affiliato ad Al Qaeda e considerato tanto dalla Russia quanto dalla Turchia un’organizzazione terroristica. Ma a preoccupare Ankara è anche il flusso di profughi che una simile escalation rischia di causare e che si riverserebbero inevitabilmente in Turchia, dove si trovano già circa 3,5 milioni di rifugiati siriani. Una prospettiva che non piace al partito del presidente Erdogan, che proprio a causa della questione profughi ha visto diminuire il proprio consenso elettorale.

La reazione turca
Come già spiegato su InsideOver, il repentino avanzamento delle truppe di Damasco a Idlib dopo mesi – per non dire anni –  di quasi immobilismo lascia alquanto perplessi. Una delle ipotesi plausibili è che vi sia stato uno scambio tra Russia, Siria e Turchia, con quest’ultima più interessata al momento a quello che accade in Libia che all’enclave di Idlib. Ma l’uccisione di quattro soldati turchi in un bombardamento governativo può mettere in pericolo l’avanzata di Damasco nella regione e gli stessi rapporti Siria-Turchia. Il presidente turco non ha tardato a reagire e avrebbe ordinato già un contrattacco: nel bombardamento, secondo quanto affermato dallo stesso Erdogan, sarebbero stati uccisi 30-35 soldati siriani. Inoltre il Governo di Ankara ha fatto sapere che le forze governative che si avvicinano ai posti di osservazione turchi saranno d’ora in poi considerati dei target. La palla sembra però passata ancora una volta alla diplomazia: si parla già di un nuovo incontro tra Turchia e Russia per affrontare il nodo Idlib e discutere degli ultimi sviluppi nella regione. Ad oggi però gli accordi raggiunti su Idlib al tavolo dei negoziati hanno avuto vita breve e molto dipenderà dalla posizione che assumerà Ankara, all’apparenza pronta a rinunciare alla regione.

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