per Greta, Vanessa e la rete dei pidocchi: fatevi un conto
Un altro business miliardario alle nostre spalle a a danno nostro
Undici milioni di euro per liberare Greta e Vanessa. La notizia rimbalza dai media locali e riapre la storia delle due cooperanti italiane rapite in Siria nel luglio del 2014. La notizia arriva in seguito a dei procedimenti processuali del tribunale di Aleppo, dove le due erano state sequestrate.
Il “tribunale islamico” del Movimento Nureddin Zenki ha condannato tale Hussam Atrash colpevole di aver preso indebitamente parte del riscatto versato per liberare le due. Nureddin Zenki è in realtà la milizia che ha operato direttamente nel sequestro di Greta Ramelli e Vanessa Marzullo. Atrash, signore della guerra locale capo del gruppo Ansar al Islam, avrebbe intascato 5 degli 11 milioni del riscatto.
La condanna è stata emessa lo scorso 2 ottobre dal tribunale Qasimiya del movimento Zenki. Tra le pagine della sentenza si scopre che Atrash operava nella zona di Abzimo, la stessa località in cui vennero viste per l’ultima volta Greta e Vanessa. Sempre secondo le carte del processo si deduce che gli altri soldi del riscatto sono finti nelle tasche di altri signori della guerra locali.
All’epoca del loro rilascio in molti si erano affrettati a smentire l’ipotesi del pagamento di un riscatto. Lo stesso ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni aveva assicurato alla camera che le voci sul pagamento del riscatto “erano solo illazioni”, “Siamo contrari al pagamento di riscatti – disse all’aula – nei confronti degli italiani presi in ostaggio la priorità è indirizzata alla vita e all’integrità fisica”. All’ epoca parlò anche il presidente del Copasir che spiegò: “Le contropartite ci sono sempre quando uno riesce a liberare ostaggi, non sempre sono economiche”.