venerdì 19 Luglio 2024

Giancarlo Esposti

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Immolato sull’altare dei depistaggi stragisti e della fratellanza partigiana

30 maggio 1974. Sono passati solo due giorni dalla strage di piazza della Loggia a Brescia.
La Questura ha immediatamente iniziato a indagare negli ambienti dei partigiani legati al Partito comunista; la notizia non è resa pubblica così come non lo sono gli elementi inquietanti, che abbiamo rievocato l’altro ieri, che indicano una matrice gappista dell’attentato.
Il ministro dell’interno, Paolo Emilio Taviani, capo partigiano “bianco” e dirigente di Gladio, ha deciso: bisogna fermare immediatamente la Polizia che sta mandando all’aria la trama di potere; si arrangerà perché le indagini siano affidate a nuclei speciali dei Carabinieri. Se ne occuperà il capitano Delfino.
La strage diventerà immediatamente “fascista” e i depistaggi – o meglio gli impistaggi – con militanti lombardi detenuti a lungo prima di essere assolti, si susseguiranno.
Taviani, partigiano, si trova a gestire politicamente le spinte dei partigiani “bianchi” e “rossi” i quali, come l’anticomunista Fumagalli, sono in relazioni operative con chi copre le Br o le frequenta i vertici, tipo “il direttore d’orchestra” Igor Markevitch.
E il pericolo fascista nella rinnovata fratellanza partigiana è proprio quanto serve per operare la svolta che condurrà il Pci in area di governo e consentirà ai protettori degli ambienti laici e progressisti (in particolare a quell’epoca, Inghilterra e Israele) di sventare le scelte estere ed energetiche italiane, profondamente mediterranee e sostanzialmente filo-arabe.
La prima macchinazione prende di mira Giancarlo Esposti, un militante milanese dal piglio e dal taglio militarista, che fece parte delle Squadre d’Azione Mussolini e non, come si sarebbe sostenuto in seguito, di Ordine Nero. Il che, in ogni caso, è un particolare ininfluente. Esposti ha “le phisique du rôle” per essere credibilmente incriminato; insieme a tre camerati in quei giorni è accampato nel reatino, a Pian del Rascino.
Un intervento armato al suo bivacco ad opera dei Carabinieri si conclude con la sua uccisione all’alba del 30 maggio per mano di un funzionario dei corpi speciali.
Con fulminea contemporaneità viene pubblicato l’identikit dell’attentatore di Brescia: si tratta del ritratto di Esposti che, morto, non si sarebbe più potuto difendere dall’accusa.
Tutto a posto per stragisti e depistatori.
Un inatteso inconveniente sventerà però la manovra degli apparati: trovandosi in giro per boschi da tempo, il “colpevole” si era fatta crescere una barba di almeno un mese; barba che l’attentatore “identificato” non aveva sul volto; dunque è il caso di dire che per un pelo non può più essere lui…
Sacrificata così la vita di Esposti (in uno scontro a fuoco secondo la versione ufficiale contestata da alcuni) la sua memoria rimase però immacolata per una pura e semplice circostanza fortuita.
Cionondimeno Giancarlo è stato dimenticato dai più come è stato il caso di decine e decine di altre persone sacrificate per la ragion dell’Antistato.
Negli anni successivi però il ricordo del suo sacrificio avrebbe unificato tra loro i gruppi più radicali allora minacciati da sconsiderate mire repressive che in ogni caso ad ogni anniversario, in diverse città italiane, compivano piccoli atti di testimonianza usando la sigla Gruppo 30 Marzo che fu un collante emotivo e operativo da cui emerse dì lì a poco la struttura nazionale di Terza Posizione.
Ma questa è un’altra storia; anzi è la stessa.
Ieri, oggi e sempre dedichiamogli il
Presente!

 

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