sabato 20 Luglio 2024

Amico e nemico

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Seconda sessione dei corsi d’accademia della politica

23 novembre al Centro Congressi Cavour di Roma, si è svolta la prima lezione dell’Accademia per la politica.

L’argomento:
AMICO e NEMICO IN ITALIA
Storia e analisi critica dell’eccezione italiana (1994-2011) e riflessione sul concetto chiave
schmittiano di amico/nemico.
Dalla chiave schmittiana: Analisi critica della politica economica ed energetica italiana dal 1946 ad oggi e identificazione dei soggetti antagonisti.
Storia e analisi delle figure italiane che hanno lottato per la libertà comune (Gronchi, Olivetti, Mattei, Craxi, Berlusconi).

 

Ha aperto Gabriele Adinolfi partendo dalla chiave schmittiana di riconoscimento dell’amico e del nemico, in mancanza del quale non esiste politica ma solo una grigia routine senza scopo.
Adinolfi ha sottolineato come la minoranza comunista organizzata abbia padronanza piena di questo concetto e ne faccia anche un uso strumentale per mobilitare contro il nemico di turno (Berlusconi, i fascisti, gli xenofobi, i sessisti, i maschi). Oltre alla minoranza comunista che, dal Quirinale, dalla Magistrtura e da alcuni punti-chiave delle Istituzioni, opera indisturbata pur senza aver ottenuto un consenso popolare, non c’è nulla. I soli politici di altra natura che abbiano assunto categorie schmittiane sono stati finora Berlusconi (contro i comunisti, i giudici) e Bossi (contro Roma ladrona).
A fianco del partito bolscevico si trova quello globalista della finanza targato Goldman Sachs che opera indisturbato fin dal golpe istituzionale del novembre 2011.

Ha poi sostenuto e storicamente documentato che non c’è contrasto tra i due soli partiti oggi agenti, bensì concordanza operativa, comunanza di fini, affinità elettive, alleanza storica e relazione organica.
Li accomuna

–  Il mito dell’internazionalismo

–  L’odio per le classi medie

–  La demonizzazione della proprietà privata

–  Il disprezzo per lo Stato sovrano
–  L’odio del passato, di cui far tabula rasa

–  L’ostilità verso il risparmio (che è ostacolo alla speculazione)

Benché si tratti di un’osmosi molto più antica made in the City & Wall Street, in Italia questa minoranza sovversiva biforcuta si esprime dal 1943 all’interno del Cln (animandone anche gli atti terroristici) e si manifesta nei tronconi azionista (ovvero liberal) e comunista.
In un’ottica assai ben definita da alcuni sociologi (in particolare Eric Werner), quel duplice partito oligarchico, internazionalista, nemico del risparmio, della produzione, della nazione, dell’identità, della libertà individuale, della proprietà e della comunità di destino, opera per contrapporre categorie di cittadini disgregando il popolo (guerra tra classi, sessi, etnie, generazioni) inducendo  un senso d’insicurezza e di timore; e lo fa con l’utilizzo di una logica terrorista.
Il terrorismo, fin dal XIX secolo, è stato scientificamente il grande compagno di viaggio di quella coppia rivoluzionaria.
Oggi a quella gente non serve più come un tempo colpire a casaccio per scatenare il terrore, essendo già i media in condizioni di produrre i medesimi risultati senza spargimento di sangue. Eppure permangono spazi di rischio nel caso di ritorsioni per guerre parallele o per motivi rituali.
In ogni caso con una traslazione dovuta alle esigenze dell’epoca (indurre la guerra tra poveri, il multirazzismo e i conflitti etnici) i nuovi terroristi dell’alta finanza sono jihadisti wahabiti, agli antifa è concesso di proseguire la loro guerra civile partigiana ma non spetta più a loro colpire al di sopra della cintola. Le pesanti sentenze per il ferimento dell’ad di Ansaldo ne sono la prova.

Fronte a questo nemico che non è così difficile da identificare e di cui è utile conoscere metodi e meccanismi, esiste un potenziale amico. Amico non è colui con cui ci s’identifica, è colui il quale persegue almeno qualcuno dei seguenti obiettivi e che, nel farlo, è combattuto dal nemico.
Esso è chi :

–  ha una concezione comunitaria, solidale e sociale

–  difende le libertà individuali

–  è produttivo

–  esprime una politica dettata dalla storia e dalla geografia della nazione

–  tende a superare i conflitti protesi alle logiche di guerra civile

–  prepone il buon senso alle costruzioni ideologiche

 – è mosso da e verso giustizia

 – si batte per affrancarsi dai condizionamenti esterni o quantomeno per ridurli.

 

 Adriano Scianca ha quindi ricostruito la storia del “partito nazionale” nel dopoguerra e della sua repressione a partire dal 1962 (l’anno in cui fu assassinato Enrico Mattei).
E’ partito da un’affermazione di Ernesto Massi, colui che di fatto inaugurò la scuola geopolitica in Italia  “La geopolitica è prassi prima di essere dottrina; i popoli che la praticano non la studiano; però quelli che la studiano potrebbero essere indotti a praticarla: è perciò logico che i popoli che la praticano impediscano agli altri di studiarla”
La geopolitica è “nelle cose”. Si impone a prescindere dalle ideologie.
Nel primo dopoguerra ci furono tentativi di restituire all’Italia un posto nel mondo, tentativi favoriti dalla “Crisi di Suez” del 1956 quando le superpotenze sostennero l’Egitto contro le potenze mediterranee (Francia, Inghilterra, Israele) concedendoci, nelle frizioni neonate tra potenze e superpotenze, di poter rafforzare i nostri rapporti energetici, economici e diplomatici verso il mondo arabo e anche ad est.

 Intanto i modelli italiani erano in auge. Dal capitalismo sociale (Olivetti e Mattei), alla realizzazione dei primi computer efficaci (Olivetti), alla ricerca nucleare (Ippolito), al sistema sanitario (Marotta) al rilancio energetico (Mattei), al ruolo di Cinecittà senza parlare della nostra scuola che, plasmata sulla Riforma Gentile, eccelleva di gran lunga nel mondo.

Furono l’alleanza tra azionisti e comunisti, l’utilizzo di magistrati conniventi e della stampa liberal, l’intervento di sicari ove necessario e il varo della grande stagione delle “riforme” che scompaginarono l’Italia privandola di tutte le eccellenze, rapinandola delle sue realizzazioni e smantellandone i settori funzionanti.
Da notare che tutto questo avvenne durante il primo centrosinistra (1962-64) con l’intervento decisivo di un partito socialista a forte opzione trozkista (dal partito comunista erano stati epurati) e con relazioni privilegiate con la Cia.
Dopo la prima grande ondata antinazionale ce ne fu una seconda, sostenuta dalla Cia e a grande protagonismo trozkista: la chiusura della stagione della contestazione giovanile con la politicizzazione del Sessantotto. Ciò introdusse i concetti destrutturanti e suicidi oggi in gran vigore, cioè:

– L’odio per il padre

– L’odio verso la famiglia patriarcale

–  La castrazione del maschio

–  Il senso di colpa ereditario

–  La condanna del coraggio e  dell’iniziativa

–  Un continuo stato di emergenza e di giudizio morale da tribunale speciale.

Scianca ha tratteggiato l’intera storia del “partito nazionale” (Gronchi-Mattei-Andreotti-Moro-Craxi-Berlusconi) mettendo particolarmente in luce il sostegno concesso da Andreotti all’esploratore e orientalista fascista Giuseppe Tucci di cui Andreotti fece un diplomatico speciale mediante la costituzione dell’IsMeo.
Rammentata la vicenda Moro, Scianca ha concluso sul Socialismo Tricolore di Bettino Craxi (la grande risposta a marxisti e trozkisti nell’area socialista).
Sono quindi state proiettate le slides su Craxi.

 

Gian Piero Joime ha poi parlato dell’energia, chiave dell’autonomia.

• L’energia non è sostituibile, se non con altre forme di  energia

• L’energia non è riutilizzabile né riciclabile. Si può usare solo una volta. Poi non c’è più.

• L’energia serve per movimentare, modificare, elaborare tutte le altre risorse che utilizziamo nella nostra organizzazione economica e sociale: nessuna di queste  risorse ha un ruolo comparabile.

• Senza energia non esisterebbe economia. L’energia è economia.

• L’energia è ricchezza per produrre qualsiasi forma di ricchezza, dal cibo ai trasporti alle telecomunicazioni.
• La diminuzione del rischio di confronto armato tra gli attori della comunità  internazionale nell’area euro-atlantica ha mutato il concetto di “sicurezza  nazionale”, allargatosi sino a comprendere minacce di natura economica, ambientale e sociale.

• Un ruolo di primo piano nel dibattito internazionale è il concetto di sicurezza energetica, con la riscoperta della centralità della tutela statale della sicurezza energetica, dopo ha una fase in cui i paesi occidentali si erano orientati verso  l’introduzione di meccanismi di mercato e privatizzazioni delle società del settore.

• Per molti governi europei, le grandi imprese nazionali sono diventate il principale mezzo per contrastare il potere negoziale dei Paesi produttori extra europei. L’energia è dunque ridiventata, “una questione squisitamente politica”.


Fatte queste premesse Joime è entrato nel dettaglio delle energie rinnovabili e non rinnovabili e ha messo l’accento sulla costante volontà politica di frenare in Italia ogni passo verso l’autonomizzazione (dal nucleare al non-rinnovabile).
Ha quindi chiarito gli aspetti geopolitici del conflitto energetico.
Scarsa distribuzione geografica.
Le principali riserve fossili  sono concentrate in poche regioni del mondo. La distribuzione non  uniforme delle risorse energetiche comporta il mancato sviluppo dei Paesi più poveri e la forte dipendenza dei Paesi industrializzati all’importazione delle risorse dai Paesi esportatori di risorse energetiche. Tale situazione genera un problema geopolitico tra Paesi importatori ed esportatori e un problema ambientale legato  al trasporto delle risorse dai Paesi produttori ai Paesi consumatori/utilizzatori.

Problema geopolitico.
La scarsità delle risorse energetiche fossili e la loro concentrazione in poche aree geografiche del mondo è una delle principali cause di conflitto d’interesse  economico tra le nazioni per il controllo delle riserve. In alcuni casi questo conflitto d’interesse degenera in guerra.
Siamo comunque di fronte a un quadro assai diverso da quello che immaginiamo. Negli anni settanta le International Oil Company (le  sette sorelle) controllavano il 75% della produzione e l’80% delle riserve del petrolio mondiale.
Oggi si devono accontentare rispettivamente del 6% e del 24%. Il controllo del mercato è passato in pochi anni nelle mani delle prime dieci compagnie controllate dai Paesi produttori (le National Oil Company).


Joime ha quindi messo in luce la centralità geografica e geostrategica dell’Italia nella rete energetica internazionale, un’Italia che con il suo 1,4% dell’energia utilizzata nel mondo, pari a un decimo di quello della UE e superiore a quello francese, avrebbe un peso specifico di prim’ordine che non utilizza però mai.
Per un’autonomia italiana non solo si dovrebbero promuovere le non-rinnovabili e parzialmente il nucleare ma si devono allargare i rapporti ad est e a sud.
Esattamente quelle relazioni promosse dal Berlusconi IV e contrastate dai governi Goldman Sachs Monti e Letta che hanno contribuito alla riduzione delle nostre influenze in Libia, Siria ed Egitto, che hanno compromesso quelle decisive in Kazakhstan mentre operano alacremente per la dismissione dell’Eni, dell’Enel, di Finmeccanica.
Da notare che le campagne contro Berlusconi sono partite quarantott’ore dopo l’annuncio ad Ankara del ruolo italiano nello sviluppo del South Stream, pipeline di valore strategico euro russo, conflittuale con il Nabucco atlantico.

Un assist perfetto per la ricostruzione del Caso-Mattei da parte di Paolo Sidoni che dopo aver tratteggiato la storia e le opere dell’imprenditore di Acqualagna, le sue sfide alle Sette Sorelle, agli inglesi, agli israeliani e ai francesi, le sue aperture alle lotte di tutti i non-allineati e la sua posizione per l’uscita italiana dalla Nato.
In qualche modo Mattei è l’emblema dell’autonomismo italiano del dopoguerra, del trasversale “partito italiano” e il suo assassinio è quello della nostra sottomissione per forza.

 

In chiusura Adinolfi ha letto le analogie dell’oggi con lo ieri e soprattutto ne ha sottolineato le continuità organiche. La strategia della tensione degli anni settanta fu messa in piedi dagli uomini del Cln di trent’anni prima; Giorgio Napolitano è il delfino politico di quell’Amendola che nel Cln ebbe un ruolo chiave; Enrico Letta è il delfino politico di quel Beniamino Andreatta che appose la firma alla privatizzazione della Banca d’Italia che, insieme all’annientamento della politica pro-araba, fu il risultato strategico degli anni di piombo; l’attuale classe dirigente è superstite o figlia di quella che nel 1993 sul panfilo reale Britannia aveva firmato la svendita nazionale agli interessi inglesi e aveva accompagnato la sua opera con le immancabili campagne terroristiche, svendita che fu interrotta dall’emergenza inattesa del populismo berlusconian/bossiano.

 

Conoscere il nemico, la realtà, le poste in gioco, le tecniche, le strategie, le metodologie, riconoscere l’amico e definire gli obiettivi. Solo allora si potrà affermare di star facendo politica.

 E’ stata annunciata poi la prossima sessione dei corsi prevista per il 7 dicembre.

LA SOVVERSIONE DALL’ALTO
Il partito antinazionale, genesi e fenomenologia.
Tecnica e strategia del bolscevismo.
Comunismo e colpo di Stato.
Lo spirito e la mentalità dell’Alta Finanza e delle Multinazionali.
Virus e apparato: i rapporti tra mentalità sovversiva e istituzione (i casi UE ed Euro).

La società comunista del turbo capitalismo.

 

 

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