sabato 20 Luglio 2024

Derby giallo

Più letti

Global clowns

Note dalla Provenza

Colored


La Cina incalzata dai vietnamiti

Furiosi per l’intenzione di Pechino di costruire una piattaforma petrolifera al largo delle isole contese di Paracel, migliaia di manifestanti vietnamiti hanno saccheggiato uffici e appiccato il fuoco a una quindicina di fabbriche cinesi. L’esplosione di rabbia è assolutamente inedita per il Paese, retto da un autoritario regime comunista. Gli incidenti sono avvenuti in un comprensorio industriale nella provincia di Binh Duong, nel sud del Paese, in cui operano fabbriche tessili e di calzature cinesi, taiwanesi e sudcoreane. I manifestanti hano preso di mira aziende manifatturiere di proprietà o gestite da cinesi.
Quindici stabilimenti in fiamme
Quasi 20mila persone si sono riversate nelle strade e alcune di loro hanno cominciato a saccheggiare e attaccare le fabbriche e le strutture di sicurezza; poi hanno appiccato il fuoco ad almeno 15 fabbriche, ha riferito il portale VNExpress, che è di proprietà statale. Molte aziende hanno chiuso gli impianti, dando agli operai una giornata di riposo; altre hanno appeso all’esterno la bandiera vietnamita, nel tentativo di scoraggiare i facinorosi. I video e le immagini postate su blog di dissidenti hanno documentato i disordini. Vietnam e Cina sono da anni contrapposta nella disputa territoriale riguardanti alcune isole nel Mar Cinese meridionale, le Paracel e le Spratly. La piattaforma inizialmente era situata nelle acque a sud di Hong Kong, ma poi è stata spostata nelle vicinanze delle Paracel (che i cinesi chiamano Xisha); un atto che Hanoi ha definito «illegale».
Colpite le fabbriche di tessile e calzature
Immediato l’impatto sulle aziende. Li & Fung, gigante mondiale della distribuzione che serve un colosso del retail come Wal-Mart, ha comunicato che alcuni suoi fornitori vietnamiti hanno sospeso la produzione. Il gruppo Yue Yuen Industrial Holdings, che produce calzature sportive per Adidads e Nike ed è quotato alla Borsa di Hong Kong, ha anch’esso bloccato le attività. I maggiori danni sono stati subiti da stabilimenti di proprietà taiwanese, scambiati per cinesi dai manifestanti. A nulla è valso il tentativo degli imprenditori di Taipei di distinguersi, esponendo davanti alle fabbriche messaggi come: «Taiwan appoggia il Vietnam».
La reazione di Pechino
Pechino ha trasmesso ad Hanoi una protesta formale e ha manifestato «viva preoccupazione» per questi atti di violenza, esortando il Vietnam «a prendere ogni misura necessaria per mettere fine a questi atti criminali e punire i loro autori», ha detto Hua Chunying, portavoce del ministero degli Esteri di Pechino. Le violenze di ieri sono considerate tra le peggiori nei rapporti tra Cina e Vietnam dai tempi della breve guerra di frontiera del 1979.
A rischio un interscambio da 50 miliardi di dollari
L’attacco alle fabbriche cinesi mette in pericolo un interscambio cresciuto a dismisura negli ultimi anni. Il commercio bilaterale nel 2013 ha toccato quota 50 miliardi di dollari (+22%), di cui 37 miliardi di export cinese e 13 di export vietnamita. La Cina è per il Vietnam il primo partner commerciale, con una quota del 28% sulle importazioni e del 10% sulle esportazioni. L’obiettivo dei due governi è di portare l’interscambio a 60 miliardi di dollari nel 2015. Ora però i conti sono da rifare. Il Vietnam è da anni una destinazione di primo piano delle multinazionali in cerca di basi produttive a basso costo: il settore principale è il tessile-abbigliamento con un export di oltre 11 miliardi di dollari e 2 milioni di lavoratori (un quarto della forza lavoro impiegata nell’industria). Segue la produzione di calzature, i cui ricavi sono triplicati in dieci anni e ora valgono oltre 5 miliardi di dollari, in particolare nel settore delle calzature sportive. In forte ascesa anche l’elettronica di consumo e la componentistica per computer, che valgono circa 4 miliardi di dollari di export.

 

Ultime

Alto tradimento

Il 25 luglio tedesco: cruento e fallito

Potrebbe interessarti anche