sabato 20 Luglio 2024

La saga dei Mussolini si tinge di giallo

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La donna del ponte della musica era la moglie di Guido

Aveva visto giusto Dante Alighieri, quando alla foce del Tevere piazzò l’approdo della barca di Caronte, e lì si ammassavano le anime dannate in attesa di essere trasportate all’Inferno. Così il fiume che attraversa Roma, oltre al volto romantico delle luci che si rispecchiano sul serpente d’acqua, offre da sempre quello più «noir» di una lingua scura che risucchia dentro di sè dolore, misteri e disperazione.
La cronaca parla quasi quotidianamente di persone che decidono di farla finita e scelgono proprio i suoi ponti per compiere l’ultimo salto. Volti e nomi ognuno dei quali è la punta dell’iceberg di vicende già sentite e, per quanto dolorose, crudelmente indifferenti ai più. Fin quando quei nomi richiamano a una storia, o a una dinastia. E allora cambia tutto. Perché comuni non sono più. È il caso della donna di 75 anni trovata morta venerdì mattina, verso le 10, all’altezza del Ponte della Musica, sulla sponda destra del Tevere. Il suo nome è Anna Maria Ricci e, fin qui, tutto «comunissimo». Fin quando non si aggiunge il cognome da sposata, Mussolini. Sì, perché la signora in questione era la vedova di Guido, figlio di Vittorio, secondogenito del Duce. Una figura senz’altro nota al mondo della destra, romana e non. Sia perché fu candidato sindaco nella Capitale del 2001, tra le file di Forza Nuova (e prima ancora, nel ’96, corse al Senato per il Movimento Sociale di Pino Rauti) , sia perché si è sempre battuto per conciliare memoria e verità su vita e morte del nonno, tanto da scrivere un libro (Benito Mussolini. L’uomo della pace) e da proporre nel 2006 la riesumazione di quel corpo sulla cui uccisione vennero date quasi venti versioni diverse.
Come per ogni vicenda umana e familiare destinata a riflettersi nel corso delle generazioni, sul «dopo» Benito Mussolini si affiancano misteri piccoli e grandi. Dal «tesoro di Dongo», le sei borse piene di gioielli e denaro sottratte dal convoglio su cui viaggiava il Duce nel momento in cui fu prelevato dai partigiani il 27 aprile 1945 e svanite nel nulla, fino al busto di Rosa Maltoni, mamma del Duce, scomparso dall’asilo Santarelli di Forlì e ricomparso dopo decenni come cimelio in un bar. E ora, un nuovo capitolo si aggiunge con il cadavere della signora Ricci. Che era, da tempo, al centro di una disputa familiare con i figli della prima moglie di Guido.
Al centro, l’assegnazione dei «posti» nella tomba di famiglia a Predappio, noto santuario dei nostalgici del Ventennio. Un dissidio che aveva portato Anna Maria Ricci, nel giugno 2013, a compiere il gesto eclatante di imprimere su una lapide il suo nome con tanto di foto, sotto a quello di suo marito e della suocera, Orsola Buvoli. Un modo, insomma, per «prenotare» il suo posto per l’eterno sonno, accanto a suo marito, morto a dicembre 2012. Uno scontro in famiglia così aspro da essere approdato, a quanto sembra, anche alle carte bollate. Ironia della sorte, quella scritta è rimasta lì per oltre un anno, per essere rimossa soltanto pochi giorni fa. Una vicenda, dunque, da copione nelle dinamiche tra famiglie di «primo e secondo letto», come tante se ne sentono. Ma che tuttavia aveva causato ad Anna Maria Ricci, che viveva a Riano, alle porte di Roma, una grande amarezza. Se quel dolore sia stato la causa della sua morte è ancora presto per dirlo. Come recita il gergo della cronaca, «le ipotesi sono ancora tutte sul tavolo». Dai primi accertamenti non risultano segni di violenza, e quindi ora l’autopsia chiarirà se di suicidio si è trattato oppure di una rovinosa caduta accidentale.
Certo è che la vicenda Ricci pone l’accento sul nodo- sepoltura delle «seconde mogli Mussolini» ancora in vita. È il caso, ad esempio, di Carla Maria Puccini, seconda consorte di Romano, oppure di Josefa Monica Buzzevoli, argentina seconda moglie di Vittorio (il padre di Guido). Al tempo della colorita protesta di Anna Maria Ricci, rilasciarono dichiarazioni alla stampa locale. Mentre la prima assicurò che si sarebbe fatta cremare e si schermì con un «non mi prenoto prima del tempo», l’altra usò toni più agguerriti: «Nessuno può impedirmi di andare nella cripta con mio marito». «Il luogo ideale per dormire era la tomba di una persona amata», scrisse l’ungherese Agota Kristof e a questo fa pensare la vicenda, al di là dei risvolti da parenti serpenti. E vedremo se poi, dopo il funerale, il desiderio per cui si battè Anna Maria Ricci verrà esaudito. Oppure se il Tevere si è portato via anche quello.

 

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