venerdì 19 Luglio 2024

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Un’area in cerca di un leader che forse non ha bisogno di lei

Chi nasce volutamente come erede dei popoli, delle idee e dei progetti che hanno perso la guerra mondiale contro gangsters, usurai e oligarchi deve inventarsi ogni giorno un posizionamento per essere qualcosa di più di una vestalina a guardia di un fiammifero.
L’unica possibilità di sentirsi realmente vivi e attivi in prima persona è data dallo scontro, dalla guerra civile più o meno strisciante, dal contendersi fisicamente gli spazi con un nemico. E poi?
Per il resto bisogna trarre una lezione dalla storia e un’altra dalla realtà e intraprendere un cammino nell’aspirazione di essere una minoranza fanatica, rigorosa, qualificata e al tempo stesso un’avanguardia che funga da lievito per nuove sintesi possibili.
Di questo sono consapevole ormai da oltre quarant’anni e perciò mi preoccupo contemporaneamente di una rivoluzione culturale, esistenziale e di stile e di un’osservazione attenta per il perseguimento di nuove sintesi peroniste.

Il leader
Alcune persone intelligenti mi fanno notare che il peronismo ha necessità di un capo o, almeno, di una figura di riferimento nel cui traino operare per strumentalizzarne l’impatto.
Vero, anche se ritengo che servano soprattutto la nostra saldezza interiore e la nostra consapevolezza.
Così fin dai tempi degli anni di piombo e poi ancora nella latitanza, rompendo ogni conformismo, ho prestato molta attenzione a tutte le figure istituzionali che potevano offrire una linea, tracciare un solco.
Ho riposto molte aspettative in Kohl e Mitterrand, a prescindere dalle loro indubbie capacità, qualità insufficienti perché altri personaggi, come la Thatcher, assolutamente ammirevoli, andavano comunque in senso contrario. In Italia, a parte l’interesse destato dal Cossiga picconatore, le figure che hanno segnato una discontinuità dalla quale si poteva imprimere una svolta peronista sono state Craxi e Berlusconi.

Le figure italiane
In quanto a Craxi sono un pioniere perché ho iniziato a guardare positivamente a lui quando era ancora soltanto un candidato alla segreteria socialista negli anni settanta. La cosiddetta area, fatte salve alcune componenti illuminate provenienti da Lotta di Popolo o dalla Nuova Destra ma incarnate soprattutto da Giano Accame, è stata invece reazionaria, retriva e avversa a Craxi fino al lancio delle monetine. Il Msi ha addirittura sostenuto i marines contro i militi italiani a Sigonella!
Per quel che riguarda Berlusconi ho tardato molto a decidermi sulla sua positività: la colpa è dei missini che nel loro essergli servi invidiosi, perché ne hanno approfittato sì ma ne detestavano la superiorità, o specularmente nel loro detestarlo in quanto attribuivano erroneamente a lui le contorsioni alleanzine che erano invece effetto di un marciume genetico, avevano falsato il quadro inducendo a facili errori d’interpretazione.
Oggi c’è Salvini. O meglio c’è un precipitato in dimensioni minori, ma in toni più alti (comprova di debolezza) di un populismo in difficoltà che si nutre di utopie salvifiche (reazione popolare, crollo del sistema ecc). Questo offre il convento e dal momento stesso in cui l’ha offerto sono stato tra i primi a indicare questa possibilità e anche i limiti della stessa e i modi in cui a mio avviso ci si può rapportare.

Area
Il problema però non è lui ma quell’area da cui mi ostino a credere che si debba selezionare un’avanguardia formatrice. E’ stata anticraxiana aiutando giudici e soviet, è stata o serva di Berlusconi o, contro di lui, lo è stata di Napolitano quando c’erano invece tutte le possibilità per inserirsi a cuneo in una maggioranza molto possibilista; oggi guarda invece a Salvini come se fosse la manna. Il lumbard tra i tre è sicuramente il meno interessante, sia come idee che come potenzialità. E questo non solo per le ragioni addotte da qualcuno che sottolinea la fede pro-palestinese del Bettino e il neutralismo di Silvio fronte a un sionismo conclamato della Lega, ma per ragioni di raggio politico effettivo. Ciò detto, a nulla serve fare paragoni tra personaggi che rispondono a situazioni storico-politiche differenti e si fa quel che si può fare qui e ora.

Un papà
Ma siamo sicuri che si pensi proprio a cosa fare qui e ora?
A me pare che si cerchi qualcuno in cui immedesimarsi, un papà. Salvini tiene toni alti, che è una caratteristica di chi sa bene quanto sia limitato in quel momento il suo raggio d’azione. I toni alti non significano niente, anzi. L’Iran ad esempio insultava e minacciava Usa e Israele, a cui però continuava a fornire il petrolio e con i quali si è poi spartito l’Iraq che, con i suoi toni pacati, ha invece messo in discussione parecchi equilibri imperialistici e, senza minacciare verbosamente Tel Aviv, ha però risposto al suo fuoco con i missili Scud.
Degli orfani senza più strada e senza nessun papà rischiano di commettere con Salvini il medesimo errore che con Putin: attribuire con un transfer da psicoanalisi all’uno o all’altro ambizioni e progetti che non hanno, forzare la realtà, fanatizzarsi per un’icona travisata fino al giorno in cui la chiameranno traditrice perché non avrà corrisposto a quelle promesse che non si era mai sognata di fare ma che la patologia dell’orfano aveva date per scontate perché si ostinava a scambiare le sue aspettative con la realtà. Successe cinquantasette anni fa ai francesi di Algeria con De Gaulle, figurarsi qui e oggi!

Vicinanze presunte
Conosco l’altra obiezione: Salvini è più vicino a noi. Questo per essersi fatto interprete della psicologia reazionaria che una scarsa preparazione politica, un’assenza di fede nei Miti e una pochissima personalità d’area hanno concesso di fare ingresso nel nostro immaginario, capovolgendolo. Tutta l’ideologia con la quale il populismo di destra si pone nei confronti della psicologia reazionaria è sbagliata, sia come potenzialità (nessun’ideologia reazionaria ha mai condotto in nessun porto la psicologia reazionaria, serve invece una classe rivoluzionaria per rettificarla) sia come posizionamento (volenti o nolenti in questo movimento euroscettico comanda la City e distrugge noi).
Il che non significa che, ciononostante, non ci si debba entrare in dialettica costruttiva. Sia Mussolini che Lenin lo avrebbero fatto. Il punto è che quando ci si riconosce in un’ideologia altrui si sta vagando come zombies nel buio. Sostenere ad esempio che la Lega si sta avvicinando a noi perché sta interpretando in modo reazionario e anti-europeo la psicologia reazionaria è grottesco. E’ come quando in Francia o in Belgio mi vengono a dire che Israele si sta avvicinando a noi perché sostiene che gli arabi e i musulmani sono tutti terroristi. Se a furia di delirare sei tu che sei diventato qualcos’altro non ti si è avvicinato nessuno: sei diventato transgender e utile idiota. Sei tu a essere diventato israeliano e inglese, non loro ad essere diventati fascisti!

Dunque?
Dunque agire sì, ma con consapevolezza e con una mentalità che ho preso a definire evoleninista. Senza mai svendere i nostri Miti nell’illusione che chi propone sistemi reazionari che li contraddicono ci porti a vittoria. Non succederà e qualora si vincesse con le parole d’ordine degli altri che negano tutta la nostra tradizione ideale che vittoria sarebbe?
Insomma non si sfugge dal problema di base: a nulla serve decidere dove si andrà se non si ha in mano il proprio timone.
Il primo nemico sei tu: ricordatelo sempre.
Ora puoi fare tutto, a patto di non distrarti mai: ma tu, siamo sinceri, lo accetti questo o quando te lo dico pensi senpre e solo agli altri camerati, magari tuoi rivali? Perché se è così – e temo che sia così molto spesso – io e te, aborigeno, che ce dobbiamo dì?
E figurati che gliene importa di te a Salvini. 

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