sabato 20 Luglio 2024

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L’Osce imposta dalla Merkel nella pace di Minsk prova a iniziare il percorso di avvicinamento reciproco con Mosca

L’Osce cambia, si adegua ai tempi e lancia i suoi droni per garantire le osservazioni sul difficile terreno di Ucraina. Ma pensa anche ad ampliare la propria efficienza sul campo con una “limitata componente militare”. A tracciare all’ANSA strategie e successi della missione è il segretario generale dell’Osce, Lamberto Zannier, appena rientrato da un incontro di due giorni a New York convocato da Ban Ki Moon per fare il punto sulla sicurezza internazionale.

“Si è trattato di un evento ristretto – spiega Zannier – e con me c’erano tra gli altri il segretario generale Nato, Jens Stoltenberg, e il segretario generale del Servizio azione esterna Ue, Alain Le Roy. Una riunione che ha fornito notevole ricchezza di contributi, ma ha anche evidenziato un quadro complesso dei problemi che abbiamo oggi in materia di sicurezza. Mi occupo di politica estera da più di 40 anni e questo è il periodo più complesso nel quadro internazionale”.

Ovviamente l’Ucraina ricopre in questo momento un ruolo primario nel panorama della sicurezza internazionale.

“Sì, perché l’Ucraina ha portato alla ribalta divisioni che ancora ci sono in Europa a dimostrazione che non c’è stata una vera e propria riconciliazione dopo la guerra fredda. La crisi in Ucraina è una crisi profonda della sicurezza europea e ricomporla non sarà facile. L’Osce è in tal senso una delle piattaforme migliori a disposizione della comunità internazionale”.

Sotto il profilo operativo, però, sembrano essere emersi spesso problemi, come quello del difficile accesso in aree di importanza strategica, oltre ai rischi per la sicurezza degli operatori scaturita dai molti gruppi che operano sul teatro ucraino senza rispondere a catene di comando.

“Proprio avendo questi ostacoli abbiamo sentito l’esigenza di trovare altre soluzioni e abbiamo introdotto dei droni. E’ stata un’esperienza utile perché abbiamo avuto immagini di siti nei quali non avremmo potuto avere accesso. In alcuni casi ci hanno sparato e uno dei droni è stato abbattuto. Stiamo ampliando questo sistema. Gli osservatori operano in gruppi multinazionali di due o quattro per macchina. Io vorrei dotarli di droni ‘tattici’ che permettano di vedere cosa accade in un raggio più ampio. Stiamo poi valutando altre tecnologie come telecamere fisse e palloni aerostatici con fotocamere”.

Ma c’è anche un’idea di supportare la missione con la presenza di militari.

“Sto considerando la possibilità di combinare la nostra operazione, che è civile, con una limitata componente militare. Questo ovviamente introduce varie complicazioni, perché cambia la struttura della missione e richiederà un mandato separato.  Ovviamente la forza di peacekeeping dovrà riguardare Paesi che sono considerati neutrali rispetto al conflitto. Questa componente permetterebbe però di entrare in aree difficili e svolgere una funzione di interlocuzione più efficace rispetto alla componente civile. E potrebbe anche fornire una cornice di protezione alla popolazione”.

E sotto il profilo politico?

 “Una delle considerazioni che ho fatto a New York è quella dell’ampliamento del processo politico con operazioni sul terreno. Sulla base degli accordi di Minsk abbiamo avuto la settimana scorsa una riunione del gruppo di contatto trilaterale che ha concordato sulla creazione di quattro gruppi di lavoro: uno sulla sicurezza, sulla violazione del cessate il fuoco e sulle armi pesanti; uno sul processo politico, quindi sul futuro assetto della regione coinvolgendo chi vive nel territorio; uno sul rilancio economico; uno sugli aspetti umanitari”.

Al di là della vicenda Ucraina, che sembra riportare il mondo indietro nel tempo, è ancora possibile trovare punti di incontro tra la Russia e l’Occidente?

“Sui grandi problemi del panorama mondiale le priorità sono comuni, a Mosca come a Roma o Washington. Ci sono quindi elementi per poter lavorare su un terreno di incontro e trovare insieme soluzioni”.

 

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