venerdì 19 Luglio 2024

Chi ha paura della legge Mancinum?

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Un allarme dell’altro Adinolfi

«Se il ddl Scalfarotto fosse approvato, cara Boldrini, io sarei arrestato e rischierei fino a 6 anni di carcere…». L’allarmato tweet di Mario Adinolfi – ex deputato del Pd e oggi direttore della Croce, quotidiano di sommo rigore cattolico – segue la «giornata mondiale contro l’omofobia e la transfobia» che ha armato l’inquietudine dei presidenti della Repubblica e della Camera, Laura Boldrini in particolare, per l’assenza di una legge in punizione degli omofobi (da ora in poi transfobici è sottinteso). Lo sarebbe, come dice il tweet, il disegno di legge del sottosegretario Ivan Scalfarotto (Pd) approvato alla Camera nel settembre del 2013, giorno in cui i cinque stelle si baciarono sulla bocca in denuncia all’annacquamento del testo per renderlo condivisibile ai più. Da allora però la legge è rimasta lì, regolarmente inserita nel calendario della commissione del Senato e mai discussa. Il fatto è che le posizioni sulla norma sono infinite al punto che Scalfarotto si è definito «una persona non gradita alle associazioni Lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e transgender) oltranziste»: il suo ddl è troppo morbido così come per Adinolfi, e tanti altri come lui specie nel centrodestra, è troppo duro.  
 
«Giro l’Italia a presentare il mio libro (Voglio la mamma, sui temi in oggetto, ndr) e ogni volta sono accolto da associazioni gay che mi contestano e mi insultano, vorrebbero impedirmi l’incontro, mi ritengono un nemico titolare di opinioni discriminatorie e fonti di odio», dice Adinolfi. Secondo lui a legge approvata ci vorrebbe nulla perché qualcuno lo denunciasse portandolo a giudizio, «che poi io lo vinca oppure no: sarebbe quantomeno un impedimento alla mia libertà di opinione». La legge punisce con pene che vanno da sei mesi a sei anni chi propagandi idee sulla discriminazione sessuale o partecipi ad associazioni coi medesimi obiettivi o istighi a commettere violenza; è stata scritta, spiega Scalfarotto, estendendo all’omofobia la legge Reale-Mancino a proposito di violenza o discriminazione per motivi etnici o religiosi. «Vorrei tranquillizzare Adinolfi: non è che con la legge Mancino sono finiti alla sbarra decine di razzisti, che pure ci sono. Il diritto di opinione è tutelato dall’articolo 21 della Costituzione, e nessuna innovazione penale lo supererà».  
 
E però è vero che è difficile capire quale sia la portata della discrezionalità del giudice. Poche settimane fa il manifesto elettorale di un candidato gay valdostano è stato deturpato con disegni di orecchini, collane e ciglia femminili. È reato di omofobia? «Ecco, un conto è l’omofobia, un conto il reato. Secondo me è omofobia ma non è reato», dice Scalfarotto. E il cartello esposto a Lecce da un commerciante che esortava i genitori a «tenere lontani i vostri figli da gay»? Insomma, qualche serio problema di interpretazione c’è. «Deciderà il giudice», ripete Scalfarotto affidando forse inconsapevolmente ma una volta ancora alla magistratura un potere che dovrebbe essere della politica. Adinolfi è uno per il quale l’adozione da parte di coppie omosessuali equivale a una «compravendita» ed è uno a cui non sfugge che per questo convincimento rischia di trovarsi in mezzo a una gigantesca class action. Per limitare la portata della legge è stato aggiunto un emendamento (o meglio, il subemendamento Gitti, dal nome di chi l’ha scritto) per cui la pena non si applica ad associazioni «di natura politica, sindacale, culturale, sanitaria, di istruzione ovvero di religione». Si fa l’esempio ovvio di una scuola ebraica che non assuma un musulmano come insegnante di religione. Dunque, se uno dice a dottrina che «i gay sono malati» non commette reato e se lo dice in una scuola pubblica sì? Difficile venirne fuori. E Scalfarotto comprende che in Italia ci sono persone affezionate al liberalismo inglese dove si è sempre puniti per ciò che si fa e mai per ciò che si sostiene, «ma non capisco per quale ragione tanto liberalismo venga caro quando si parla di omosessuali e non quando si parla d’altro». E cioè, se in Italia è reato dire che «i negri sono inferiori» lo sia anche se si dice che inferiori sono i gay. Che non ci siano discriminati fra i discriminati. 
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