giovedì 18 Luglio 2024

Giovinezza

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Furono Filippo Tommaso Marinetti e i futuristi a gettare il seme – ‘Ritti sulla cima del mondo, noi scagliamo, una volta ancora, la nostra sfida alle stelle!’ -.
E vennero, nel ’17, i ragazzi del ’99 e gli arditi spavaldi e scanzonati ad attraversare il Piave o, roccia dopo roccia, arrampicarsi oltre le trincee pugnale fra i denti e bombe a mano. Fiume irredenta, la Fiume di D’Annunzio, dei legionari facili al verso e avanguardia estrema della bellezza e della musica fattasi politica e degli uscocchi predatori. Ed ecco, finito il conflitto, reduci e combattenti salire sui BL 18 stornelli randelli qualche revolver e goliardiche bottiglie d’olio di ricino a disperdere sovversivi e cialtroni d’ogni tipo. 8 di settembre del ’43 l’ultima leva, i balilla andarono a Salò, fiocco nero o lo scudetto della Decima cucito sulla manica della giubba. Poche speranze e nessuna certezza di vittoria. E anch’essi si resero poeti ed assassini al servizio dell’Ideale, prima d’essere scannati simili a torelli, mattanza d’aprile.                                                                                
Gioventù eroica, sogno grande, fiore sbocciato dal letamaio della storia. Alla guerra perduta rispose la generazione successiva, bastoni e barricate, mani levate, davanti alle scuole sulle scalinate di Valle Giulia, pronta a battersi per un sì o per un no. Mai  vittime mai carnefici anche quando fu versato generoso il proprio sangue e quello avverso, chiavistelli e sbarre della cella, incerto il cammino dell’esilio. ‘Perchè non vogliamo più essere i gladiatori della borghesia e del conservatorismo, e amiamo la libertà della nostra vita’…                                                                                                                
E questa giovinezza deve essere la barra ove condurre fra i marosi del quotidiano la navicella delle nostre lotte, in rotta verso ‘l’isola che non c’è’. Forse. E, nonostante l’anagrafe impietosa, preservare sogni e ideali che ci rendono quello spirito, ‘nostro’, già definito negli anni ’30 da Robert Brasillach quale ‘anticonformista per eccellenza, antiborghese sempre, irriverente per vocazione’. Ovunque si vada, qualunque siano gli estremi confini dell’identità, quanto profonde le radici della tradizione volgiamoci indietro là dove questa gioventù s’è dichiarata s’è imposta si è donata. Sarà il modo sicuro per cogliere i segni del futuro…

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