venerdì 19 Luglio 2024

Presto un’atomica tedesca?

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Hitler era contrario ma oggi è diventata condizione indispensabile

L’idea di una bomba atomica made in Germany ha cominciato a circolare proprio a luglio dell’anno scorso, non molto lontano dal vertice Nato di Bruxelles dove Trump aveva “sbottato” contro la Nato ventilando l’ipotesi dell’uscita degli Stati Uniti dall’Alleanza, ad opera del politologo Christian Hacke, che sull’inserto settimanale del Die Welt firmava un articolo dal titolo “Abbiamo bisogno della bomba?”.
Le considerazioni di Hacke prendono le mosse proprio da quello che, per i tedeschi, rappresenta un voltafaccia di Washington che è sempre di più in rotta di collisione con Berlino in merito alle politiche economiche – leggasi dazi – ed è diventata il bersaglio principale, insieme alla Francia, delle recriminazioni americane sulla spesa per la Difesa dei membri della Nato: la Casa Bianca, per voce del Presidente Trump, ha, in più di un’occasione, accusato i Paesi dell’Alleanza di destinare troppo poco del loro bilancio alla Difesa essendo lontani dall’obiettivo del 2% del Pil prefissato.
La soluzione per i tedeschi, secondo il politologo, sarebbe quindi di dotarsi di armamento atomico per mantenere un deterrente efficace che permetta alla Germania di allontanare lo spettro di azioni aggressive come quella effettuata dalla Russia in Crimea: sempre secondo Hacke se, infatti, la Germania avesse avuto un arsenale atomico proprio, avrebbe potuto avere un argomento molto più efficace per scoraggiare Putin dall’annettersi l’importante e strategica penisola del Mar Nero.
La Germania si sente sola
Hacke nella sua analisi non utilizza mezzi termini.”Questa rottura culturale all’ interno della società americana è particolarmente dura per i suoi alleati, specialmente la Germania. Se la Repubblica Federale è stato l’ alleato europeo preferito dagli Usa per oltre 70 anni, oggi ha uno status speciale: è considerata il nemico numero uno di Trump”. L’autore considera la rottura dell’idillio con gli Stati Uniti irreversibile e pertanto si apre la minaccia di venire esposti ad un attacco nucleare. Da parte di chi, però, il politologo non lo dice.
La Germania, ad onor del vero, non è totalmente sprovvista di armamento atomico. Così come l’Italia ha in dotazione un certo numero di bombe nucleari a caduta libera del tipo B-61-12 che possono venire impiegate con il meccanismo denominato “doppia chiave”. Sostanzialmente le bombe sono a tutti gli effetti americane, ma possono venire montate sui cacciabombardieri tedeschi e impiegate dalla Bundesluftwaffe in caso di necessità previa autorizzazione di Washington. Sono quindi armamenti a “sovranità limitata” che, qualora gli interessi americani e tedeschi diventino divergenti, potrebbero restare inutilizzate negli arsenali di Berlino.
A spaventare i tedeschi, però, più che la mancanza della copertura fornita dall’ombrello atomico americano, è la guerra commerciale mossa da Trump che, oltre ai dazi sull’acciaio e alluminio, sta cercando in tutti i modi di allontanare Berlino da Mosca per quanto riguarda le forniture di gas naturale, ed in questo è sostenuto da altri Paesi europei, come la Polonia, che vedono di cattivo occhio la dipendenza energetica dell’Europa dalla Russia più per questioni storiche che per reali motivazioni strategiche. Polonia che viene citata da altri media tedeschi come uno dei Paesi “autoritari” che potrebbero, qualora la Germania dovesse decidere di dotarsi di un proprio arsenale atomico, fare altrettanto e generare così unaescalation nucleare in Europa che viene giudicata pericolosa.

I tempi per l’atomica tedesca sono maturi?
Al di là delle considerazioni di politica interna, basate sulle forti opposizioni che potrebbero levare gli ambienti “pacifisti” tedeschi che rappresentano ancora la maggioranza delle forze politiche, la nostra risposta è negativa.
Lo stesso Hacke, come riporta La Verità, è scettico in merito: “sfortunatamente, per ragioni di correttezza politica e a causa della mancanza di coraggio civile oltre ad inadeguate considerazioni strategiche militari, la questione è stata completamente rimossa in Germania fino ad ora. In relazione a questa domanda ci si comporta come le tre scimmie: non dire, non sentire, non vedere. Ma la Germania deve affrontare il problema e discuterlo pubblicamente senza riserve e paraocchi. L’ umore pacifista di base gioca un ruolo decisivo. Ma non sarebbe intelligente se le controverse questioni di sicurezza fossero fin dall’inizio diffamate come militariste”.
Il vero scoglio che impedisce un passaggio epocale come questo è, in realtà, la stessa condizione delle Forze Armate tedesche, alle prese con enormi problemi di finanziamenti, di arruolamenti, e di conseguente capacità di mantenimento dell’efficienza dei mezzi in dotazione.
Le Forze “disarmate” tedesche
La Germania parrebbe infatti proprio mancare di vocazione militaresca, dopo il lavaggio del cervello post Seconda Guerra Mondiale, tanto che la Bundeswehr, l’esercito tedesco, sta considerando di estendere l’arruolamento agli stranieri e ai minorenni per tappare i buchi del fabbisogno dei propri effettivi.
Oltre a questo il livello generale delle Forze Armate viene ritenuto dallo stesso Stato Maggiore non sufficiente a garantire la sicurezza del Paese.
Come indicato anche da Hans-Peter Bartels, membro della commissione parlamentare della Difesa, l’efficienza delle Forze Armate negli ultimi quattro anni, nonostante l’incremento dei fondi stanziati, è peggiorata invece di migliorare.
Viene citato, ad esempio, il caso dei sommergibili, che per un lungo periodo, a cavallo tra il 2017 ed il 2018 sono stati tutti “fuori servizio”. I sei vascelli classe U-212, per mesi, sono rimasti fermi negli scali di Kiel per improrogabili lavori di manutenzione venendo così a mancare dalla disponibilità della Flotta.
Come non ricordare poi i numerosi incidenti occorsi alla flotta di superficie, il più delle volte dovuti sempre a mancanza di manutenzione e di adeguato addestramento degli uomini. Il più famoso resta il fallito lancio di un missile Standard SM-2 che ha causato un incendio sulla fregata Sachsen il 21 giungo scorso.

Anche i mezzi dell’Esercito non se la passano bene. La deriva decadente è infatti comune a tutte e tre le branche delle Forze Armate. Erano 95, infatti, i carri Leopard II rimasti in forza alla Bundeswehr, di cui efficienti solo una minima parte, lo scorso gennaio, a fronte di uno schieramento stimato di circa 20mila carri armati da parte russa – operativi e no.
Un po’ poco per pensare di poter fungere da deterrente. Ecco spiegato quindi il motivo della ricerca dell’atomica che, secondo Hacke, servirebbe a colmare lo svantaggio militare delle Germania in pochi anni.
Risulta però una prospettiva quantomeno di difficile attuazione e non solo per questioni politiche: una corsa all’atomica non si risolve in una manciata di anni soprattutto quando si hanno Forze Armate in preda ad una crisi profonda che, come abbiamo visto, l’aumento delle spese non ha contribuito a risolvere, evidenziandone così la natura strutturale. Che senso avrebbe avere, dopo quasi un decennio – tanto durò la corsa alla bomba della Francia effettuata tra il 1958 ed il 1966 quando De Gaulle annunciò la nascita della Force de Frappe e successiva uscita dalla Nato – con una struttura militare fortemente debilitata di uomini, mezzi e senza una strategia?
Rispondiamo noi: nessuno. Nemmeno a fronte del drammaticamente mutato scenario internazionale che vede sia il nascere di una nuova corsa agli armamenti atomici di nuovo tipo – testate HGV e a basso potenziale – sia l’uscita di potenze globali da trattati come l’Inf che hanno garantito la pace e l’equilibrio atomico in Europa allontanando lo spettro di una guerra da trent’anni.

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