giovedì 18 Luglio 2024

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Turchia e Grecia, Paesi perennemente ai ferri corti per ragioni politiche e strategiche, guardano con interesse alla partita mediterranea e europea del gas naturale in cui sono inserite e da cui puntano a trarre vantaggi economici e geopolitici. L’attivismo incendiario di Ankara, dimostrato dal recente caso cipriota, complica e ingarbuglia uno scenario già di per sè complesso, in cui Grecia e Turchia avrebbero l’interesse a cooperare.

I due Paesi, infatti, sono i più indicati per l’edificazione di un hub del gas a cavallo tra Mediterraneo e Europa orientale che ne aumenti la rilevanza, valorizzando i tradizionali canali di estrazione (gasdotto Trans-Balcanico), quelli in via di realizzazione (il nuovo Turkish Stream) e le nuove prospettive aperti dai giacimenti offshore e dal gas naturale liquefatto trasportato via nave.

Tra nuovi gasdotti, nuove estrazioni e aumenti delle importazioni di gnl statunitense da parte della Turchia i due Paesi si stanno indirizzando verso la costituzione di due hub paralleli e non collaborativi. Atene gioca di sponda con Cipro e Israele, si muove con dinamismo nel campo delle trivellazioni offshore, sfrutta i regali italiani per aggredire con voracità il giacimento Fortuna Prospect presso Corfù, non disdegna il gnl a stelle e strisce, specie dopo l’ascesa al governo di Kyriakos Mitsotakis, che in altri tempi in Italia sarebbe stato definito un “amerikano”. Proprio sul gnl Atene ha guardato in direzione di un primo accordo regionale, siglando con la Bulgaria, desiderosa di ridurre la sua dipendenza energetica da Mosca, un patto per la gestione nei suoi porti di carichi destinati a Sofia.

La Turchia è “imperiale”, accentratrice, spregiudicata. Recep Tayyip Erdogan comprendono fin troppo bene quali sono le prerogative sovrane dello Stato e ne fanno continuamente uso, a prezzo dell’incoerenza strategica. La Turchia nel mondo energetico del Mediterraneo orientale è un Giano bifronte. Ankara, infatti, è vorace, dinamica e provocatoria quando si tratta di inserirsi nel cuneo dell’hub greco-cipriota-israeliano, formato da tre Paesi con cui i rapporti non sono esattamente idilliaci: in particolare la questione cipriota sta vivendo una fase di recrudescenza dopo la scoperta di importanti giacimenti di petrolio e gas intorno all’isola, con la Turchia che vuole accaparrarsi parte di queste risorse nelle zone adiacenti alla Repubblica del Nord.

D’altro canto, la Turchia è più equilibrata e razionale quando l’interesse nazionale energetico chiama alla necessità di bilanciare le importazioni vitali per il suo fabbisogno energetico. Le lune alterne con gli Stati Uniti non le hanno impedito di importare nel 2019, da gennaio a giugno, più gnl di quanto ricevuto complessivamente in tutto il 2018, aumentando il potere negoziale con il convitato di pietra della regione, la Russia, la cui quota nel mix gasiero turco è destinata a scendere dal 51% dell’anno scorso al 33% odierno (6,8 miliardi di metri cubi l’anno), rendendo per Mosca ancor più vitale la cooperazione politica e infrastrutturale con Ankara. Non c’è dubbio che di questo e altri temi riguardanti l’energia Vladimir Putin e Erdogan avranno discusso ampiamente nel loro summit a Sochi.

Ragionando in maniera pragmatica, Grecia e Turchia dovrebbero lavorare a un hub regionale euromediterraneo per favorire il dispiegarsi di corridoi di esportazione per il Gnl e per il gas estratto offshore come alternativa ai progetti regionali russi, ad essi non completamente conflittuale ma, anzi, complementare con la coordinazione di TurkStream  con le reti transbalcaniche. Secondo StartMag, la Bulgaria potrebbe essere la cintura di congiunzione di questo progetto, in quanto snodo strategico e Paese capace di coinvolgere a cascata la confinante Romania. Questo vivacizzerebbe il teatro del Mar Nero, a dimostrazione della resilienza nel contesto del Mediterraneo allargato della partita energetica. Sempre più decisiva per gli equilibri politici europei.

 

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