giovedì 18 Luglio 2024

CORNELIU CODREANU E L’ ITALIA

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Il rapporto di Corneliu Codreanu con l’Italia ha inizio con un singolare episodio; ce lo raccontò la vedova del Capitano, per mostrarci come spesso il marito avesse presentimenti e ispirazioni tutt’altro che fallaci.

Fu nel 1927, quando Codreanu si trovava nei pressi di Grenoble e gli giunse la notizia che in Romania si sarebbero svolte elezioni parziali; decise allora di accogliere l’invito a tornare in patria per parteciparvi e partì immediatamente dalla Francia. Per prendere il treno che lo avrebbe portato in Romania, dovette fermarsi in Italia, a Milano. Qui, avendo davanti a sé l’intera giornata, deposita il bagaglio alla stazione centrale e va alla ricerca di un barbiere; ma, al momento di pagare, non trova più il portafogli, dove c’erano i soldi e il biglietto per Bucarest. Si reca allora al consolato romeno (all’epoca a Milano ce n’era uno), ma gli viene negato qualsiasi aiuto. Ritorna alla stazione, si ferma sul fianco dell’edificio e resta lì per un po’ a guardare i facchini che lavorano. Poi posa la mano sulla spalla di uno di loro e gli chiede se per caso non abbia trovato un portafogli. Proprio quell’uomo, qualche ora prima, ha effettivamente rinvenuto un portafogli e lo ha consegnato alla polizia ferroviaria; è appunto quello di Codreanu, il quale può rientrarne in possesso.


Un altro curioso episodio capitò a due o tre italiani che erano andati a Bucarest per incontrare il Capitano della Guardia di Ferro. “Giornalisti, probabilmente” – diceva la vedova, Elena Codreanu, la quale ricordava che il fatto avvenne nei primi mesi del 1938. In quel periodo Codreanu ricevette Virgilio Lilli (che scrisse poi un lungo articolo per “La Lettura”), Virginio Gayda del “Giornale d’Italia”, Francesco Maratea del “Messaggero” e Julius Evola, che rievocò il suo colloquio col Capitano su diversi quotidiani e periodici. Orbene, i visitatori giunti dall’Italia capitarono alla Casa Verde un mercoledì o un venerdì, cioè in uno dei due giorni della settimana che i legionari consacravano al “digiuno nero”: totale astinenza da cibo, bevanda e fumo fino al tramonto. O forse era un martedì, altra giornata nella quale spesso Codreanu digiunava. In ogni caso, quest’ultimo intrattenne nel proprio ufficio i giornalisti, finché, al tramonto, disse alla moglie di apparecchiare la tavola: gli italiani sarebbero stati suoi ospiti. La povera signora si spaventò, perché avevano soltanto un piatto di fagiolini, con cui Codreanu avrebbe interrotto il digiuno, e lei dovette ingegnarsi a farlo bastare per tutti. “Ma quegli italiani – raccontava divertita la vedova del Capitano rievocando l’episodio – non la smettevano più di manifestare il loro entusiasmo per il cibo e di elogiare la cena!”


In quello stesso periodo, il 21 febbraio 1938 per l’esattezza, venne reso noto il progetto della nuova costituzione romena, che comportava la dittatura personale del monarca; allora Corneliu Codreanu sciolse il partito legionario Totul pentru Tara e annunciò di voler partire per Roma, dove si sarebbe occupato dell’edizione italiana del suo libro.


Che tale questione stesse particolarmente a cuore al Capitano, è testimoniato da quattro lettere inedite che egli scrisse tra il ’37 e il ’38 al professor Leon Zopa, capo del cuib (“nido”, cioè sezione) fondato a Roma nel settembre 1937 e denominato “Dacia”.


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