sabato 20 Luglio 2024

Figlie della lupa

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A prima vista, sembra uno di quei punti in cui un certo immaginario mediatico mainstream e un altro, di una sinistra sempre alla ricerca della Grande Rivoluzione, si incontrano.

Ci sono delle belle ragazze, cosa che in una rivoluzione va bene a tutti: a quelli che apprezzano solo immagini di gente per bene, come a quelli che preferiscono  immagini di giovani maschi che lanciano pietre.

Fisionomia, abbigliamento e postura non sono mai neutrali: queste sono persone in cui l’occidentale medio si riconosce senza esitazione, e per questo fanno pensare a una sorta di trionfo universale delle nostre ragioni. Sono l’esatto contrario di un taliban, per capirci.

Bellezza, sorriso, primavera, speranza…

Le ragazze indossano magliette rosse, e questo manda un messaggio a tutto un mondo di sinistra occidentale, che vede l’umanità come una sorta di agglomerato intercambiabile, dove le formazioni storiche non contano nulla. Fratellanze e sorellanze, insomma.

Sicuramente pochi faranno caso al gesto che le ragazze stanno facendo.

Non stanno facendo le corna, come potrebbe sembrare a prima vista.

Con le dita, disegnano una sagoma, che se se ne proietta l’ombra su un muro, forma la testa di un lupo. Precisamente della Lupa Madre, Börteçine, che avrebbe guidato gli antenati dei turchi fuori dalla valle di Ergenekon o Agartha.

Ne parla un racconto che fonde insieme storie cinesi, dell’Asia Centrale e persiane e narrativa teosofica europea in una fantasia ricostruita dal ministero dell’educazione negli anni Trenta, allo scopo di creare un mito di origine per i turchi.

Le nostre ragazze sono quindi delle “giovani idealiste” (Ülkücü Gençlik), meglio note da noi come Lupi Grigi (Bozkurt [1]), membri di una vasta organizzazione vicina all’esercito, che per decenni ha condotto una guerra durissima, in Turchia e in Germania, sia contro l’estrema sinistra, sia contro l’indipendentismo curdo.

E il rosso non ha nulla a che vedere con quello del socialismo, bensì con quello della bandiera turca, che si vede infatti sventolare alle loro spalle. Una bandiera dove stella e luna (già presenti nella simbologia ottomana) sono state introdotte negli anni Trenta come richiamo al Tengricilik, la presunta religione celeste “panturanica”, culto ancestrale del dio Tengri praticato da unni, mongoli, turchi e magiari.

Stella e luna, Ayyıldız,  si riflettono nella vasta pozza rossa del sangue versato dai guerrieri turchi, dagli antichi nomadi fino ai “martiri” delle guerre contro greci e curdi.[2]

Come con tutte le bandiere, le intenzioni simboliche dei creatori sono largamente dimenticate, ma non per i Lupi Grigi: in antitesi alla cultura islamico-araba, la loro simbologia religiosa è sempre stata fortemente legata alla natura, al cielo e ai boschi, anche quando si tratta di giovani tifosi cresciuti nei ghetti di Istanbul o di Francoforte.[3]

I Lupi Grigi non sono ovviamente tutto ciò che si sta muovendo in Turchia al momento, anzi sono una minoranza in un gran calderone (che aiuta però a capire perché i curdi guardano con una certa cautela queste sommosse); ma è interessante riflettere sulla nostra percezione delle immagini.

Ad esempio, guardando questo video, prodotto dagli stessi ambienti di cui fanno parte le due ragazze nell’immagine, ma che probabilmente ha un effetto diverso sullo spettatore mainstream. Notevole (al minuto 1:38)  il “marchio naturale di Tengri” che compare ai migranti nel nevoso cielo di Stoccolma.

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