martedì 16 Luglio 2024

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Ma fegato e nervi saldi non sono parole vane. Anche il cervello va addestrato

Nel cervello esiste un’area che inibisce la paura e l’ansia legate ai traumi. Un team di ricerca dell’Università di Torino, il cui studio è stato pubblicato sulla rivista eLife, ha sperimentato con successo una procedura di neurostimolazione per disinnescare le reazioni corporee di allarme associate alla memoria traumatica.
La sperimentazione è stata condotta dal ricercatore Eugenio Manassero insieme al team di ricerca coordinato dal professore Benedetto Sacchetti del Dipartimento di Neuroscienze e dalla professoressa Raffaella Ricci del Dipartimento di Psicologia dell’ateneo torinese.
Cosa succede al nostro corpo dopo un trauma?
In seguito a un’esperienza traumatica, nel cervello si forma un ricordo dell’evento che racchiude due principali componenti: la rappresentazione consapevole di ciò che è accaduto e la valenza emotiva associata all’episodio. Quest’ultima si manifesta attraverso modificazioni delle risposte corporee (come l’aumento del battito cardiaco e della sudorazione). Queste modificazioni degli stati corporei sono percepite come spiacevoli dalla persona, provocando sentimenti di paura o di panico, e possono talvolta evolversi in veri e propri sintomi di patologie, quali il disturbo post-traumatico o il disturbo d’ansia.
La nuova procedura
I ricercatori e le ricercatrici hanno applicato una sessione di Stimolazione Magnetica Transcranica (TMS) focalizzata sulla corteccia prefrontale anteriore (aPFC) una settimana dopo che i partecipanti allo studio avevano appreso la valenza avversiva di uno stimolo. La tecnica di TMS è una tecnica di stimolazione cerebrale in grado di modulare l’attività di specifiche aree del cervello in maniera non dolorosa e non invasiva.
I risultati
Quando, dopo la neurostimolazione, veniva ripresentato ai partecipanti lo stimolo minaccioso, il gruppo stimolato nella aPFC mostrava risposte corporee di allarme nettamente inferiori rispetto al gruppo di controllo sottoposto a una stimolazione placebo. Sorprendentemente, l’attenuazione delle risposte emotive persisteva in modo duraturo anche nel lungo termine, senza più dover ricorrere alla neurostimolazione. Questo effetto di attenuazione si verificava nonostante il ricordo consapevole degli stimoli minacciosi non venisse in alcun modo danneggiato.
Infine, un confronto tra i risultati ottenuti stimolando la aPFC e quelli derivanti dalla stimolazione della corteccia prefrontale dorsolaterale, un’area studiata precedentemente, ha rivelato che la aPFC appare essere un candidato decisamente più promettente per regolare le iper-reazioni di allarme verso stimoli minacciosi.
Verso nuove terapie per chi soffre d’ansia?
“Questa ricerca riveste un’importanza significativa dal punto di vista clinico, poiché mette in luce un nuovo strumento che potrebbe in futuro affiancarsi in modo complementare e sinergico ad altre strategie terapeutiche per aiutare tutte le persone che hanno vissuto esperienze traumatiche o che soffrono di un disturbo d’ansia. Tenendo conto di quanto sia fondamentale migliorare la qualità dei trattamenti in un’ottica di promozione della salute e del benessere della collettività, questa ricerca potrebbe aprire una nuova frontiera in questa direzione”, spiega Manassero.

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