sabato 20 Luglio 2024

In memoria

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SANDRO RIGHINI (Gruppo di Studio Auser – Bozzano):

In memoria della M.O. Emilio Bianchi, il nostro gro Gruppo di Studio che ha pubblicato, in quattro edizioni, il Suo avvincente diario di guerra, dedica un doveroso ricordo in memoria dell’eroico ardito del mare. Il Suo amico e collaboratore Ferruccio Bravi lascia al capitano stesso l’onore di raccontarci in prima persona le sue gloriose gesta e la sua vita, naturale per lui quanto esemplare per noi.

FERRUCCIO BRAVI (Equipo de Estudio Autinaucus – Caracas):

Ho avuto il privilegio di essere, oltre che estimatore, costante e affettuoso amico di antica data della M.O. Emilio Bianchi l’Eroe della X Mas deceduto il 15 agosto.

Lo conobbi nel luglio del 1971 quando lo intervistai per la “Vetta d’Italia” (Taccuino d’estate: incontro con l’eroe, a. XII, n. 8, pg. 3 – Bolzano, 28 VIII 1971).

Il vincolo di amicizia si temprò nel 1996 quando ebbi l’onore di collaborare all’edizione delle Sue Pagine di diario 1940-1945 – Memorie di guerra e di prigionia di un operatore dei Mezzi d’Assalto, un massiccio volume in 8° che ebbe successo malgrado il silenzio conformistico della critica.

A onorare la memoria dell’Eroe diffonderò un estratto delle parti essenziali del ‘Diario’ e il testo integrale della mia pubblicazione “Un po’ fuori del tempo e del mondO…” – Rievocando la splendida avventura di Emilio Bianchi e d’altri arditi del mare”.

I due testi, riprodotti su carpetta, saranno inviati in omaggio per posta elettronica a richiesta indirizzata a: silvalentauser@hotmail.it .

ACHILLE RAGAZZONI (Società Nazionale ‘Dante Alighieri’ – Bolzano):

Onore al Comandante Emilio Bianchi, scomparso ieri 15 agosto a 103 anni di età, uno degli Eroi di Alessandria, dove assieme a Luigi Durand de la Penne affondò la corazzata‘Valiant’. Le sue memorie sono state pubblicate a Bolzano dal Centro Studi Atesini. Ecco la motivazione della Medaglia d’Oro al Valor Militare:

«Eroico combattente, fedele collaboratore del suo ufficiale dopo averne condivisi i rischi di un tenace, pericoloso addestramento lo seguiva nelle più ardite imprese e, animato dalla stessa ardente volontà di successo, partecipava con lui ad una spedizione di mezzi d’assalto subacquei che forzava una delle più potenti e difese basi navali avversarie, con un’azione in cui concezione operativa ed esecuzione pratica si armonizzavano splendidamente col freddo coraggio e con l’abnegazione degli uomini. Dopo aver avanzato per più miglia sotto acqua e superato difficoltà ed ostacoli di ogni genere, valido e fedele aiuto dell’ufficiale le cui forze erano esauste, veniva catturato e tratto sulla nave già inesorabilmente condannata per l’audace operazione compiuta. Noncurante della propria salvezza si rifiutava di dare ogni indicazione sul pericolo imminente, deciso a non compromettere l’esito della dura missione. Col suo eroico comportamento acquistava diritto all’ammirata riconoscenza della Patria e al rispetto dell’avversario.» – Alessandria d’Egitto, 18-19 XII 1941.

F. BRAVI a STEFANO T. – Trento):

Vidi l’amico Bianchi l’ultima volta che fui in Italia, circa tre anni fa, ed era ridotto in uno stato pietoso: Lui, ancora così dinamico e spiritato sui novantacinque, era immoto sulla poltrona, non mi riconosceva più, si smarriva nel parlare e chinava il capo nel sonno. 

Ero desolato, mi sovvennero i versi di Lattanzio: “Mors illi venit, mors est sola voluptas”. Non gli augurai la morte, ma pensavo che sarebbe stata per Lui una liberazione, come la prospetto per me che, carico d’anni e annebbiato nella vista, non apprezzo più il sapore della vita.

Pensavo che la Sua morte non mi avrebbe rattristato e invece mi assale una fredda malinconia con una struggente nostalgia degli anni lontani.

E’ doveroso che io stenda un necrologio di un Amico tanto illustre, tanto stimato, ma sono scarsamente incline a questo convenzionale e deteriore genere letterario. “A strufi e butoni’ ho messo insieme un freddo messaggio che diffondo per rete. 

A far bene, rendendo un omaggio alla memoria dell’Eroe, è il caso di diffondere la Sua scrittura. Impaginerò a modino un estratto delle migliori pagine del Suo diario e lo diffonderò in carpetta a richiesta.

F. BRAVI a BRUNO C. – Cerveteri:

Emilio Bianchi fu per me un caro ed illustre amico. Da quattro giorni ho serie noie con il ‘computer’ nel vano tentativo di installare un grande schermo ad alta definizione, commisurato alla mia vista indebolita (ho l’occhio sinistro annebbiato oltre che vedovo). Appena ora posso diffondere in rete e attraverso il sito ‘Auserini pro Italica Patria’ un messaggio in memoria dell’Eroe, messaggio che troverai trascritto in calce. Diffonderò pure una scelta delle migliori pagine del Suo diario con un commento tenendo conto dell’articolo che mi segnali e che a mia volta segnalerò all’occasione.

S.RIGHINI agli amici auserini:

A pochi giorni dalla morte del capitano Bianchi, avevamo promesso ai nostri lettori di onorarne la memoria attraverso i suoi stessi scritti. In occasione di questa tragica data per l’Italia abbiamo ritenuto opportuno riportare alla luce le impressioni dell’eroe di Alessandria. Bianchi visse l’8 settembre da lontano, nell’ospedale del campo di prigionia inglese in Sud Africa, ma le sue annotazioni sul diario dimostrano che intuì subito la gravità dell’avvenimento. Comprese in modo repentino quali tristi conseguenze, di lì a poco, avrebbero trascinato l’Italia nel più profondo baratro. E ci sembra quasi di vederlo, solitario, osservare impassibile gli sciocchi gridolini di gioia di tanti prigionieri convinti che la guerra fosse finalmente finita, mentre in realtà si preparavano i giorni più bui della nostra Patria.

SETTEMBRE 1943 (estratto da Pagine di diario):

«Intanto, come si temeva, la situazione militare in Italia va precipitando. Conquistata la Sicilia, le armate anglo-americane si apprestano ad invadere la Penisola. Dopo massicce incursioni di fortezze volanti sulle grandi città del centro-sud, sui porti, sui nodi stradali e ferroviari, le forze d’invasione sbarcarono sulla costa meridionale della Calabria il 3 settembre e nel golfo di Salerno l’8 settembre. Alle 19.45 di questo infausto giorno viene annunciato dalla radio la conclusione dell’armistizio fra l’Italia e gli ‘alleati’.

La notizia ‘mozzafiato’arriva al campo già la sera stessa. A mio modesto parere, pur non conoscendo ancora i torbidi retroscena dell’armistizio badogliano, non mi sento di approvare tale soluzione. Si era entrati sconsideratamente in guerra e se ne usciva non certo nel modo più pulito.

Ancora una volta medito sulle parole di Teseo Tesei a Bocca di Serchio, subito dopo l’annuncio del nostro intervento nel conflitto: “Le guerre non si dovrebbero mai fare; ma se si fanno bisogna saperle combattere fino in fondo, anche in caso di sconfitta”.

Così aveva detto in presenza di tutti gli altri operatori subacquei. E coerente a questo principio aveva compiuto il suo dovere, “fino in fondo”, fino all’olocausto. La sorte gli risparmiò di vivere la cocente umiliazione che stiamo vivendo.

Sono frastornato: nel mio animo c’è solo una grande confusione di sentimenti, non so più cosa pensare e in che cosa credere. La situazione politica è completamente rispetto alle mie convinzioni e ai miei principi. Un senso di sfidu-cia mi invade. Mi conforta almeno la certezza di aver fatto sempre il mio dovere, anch’io ”fino in fondo”; e comunque con il massimo impegno, nel miglior modo che mi era possibile.

Cerco di farmi una ragione, di rassegnarmi alla situazione senza uscita determinata dalla catastrofe militare; ma non riesco a mitigare il sentimento di sconforto, a riordinare i pensieri che mi turbinano nella mente. Che Iddio abbia pietà di questa Italia, che l’assista in quest’ora grave della sua storia.

Nell’ambiente ospedaliero, e di certo in ogni altro ambiente, la notizia dell’armistizio ha colto tutti di sorpresa. Allo stupore generale, come già avvenuto il 26 luglio, seguono reazioni discordanti, ma stavolta meno contenute e in qualche caso grottesche. Alcuni prigionieri, fra canti e battimani, ridono e si abbracciano, convinti che tutto sia finito nel modo migliore e che il ritorno sarà imminente: si figurano di riabbracciare i loro cari e di riprendere la vita serena di un tempo, come se la guerra non ci fosse mai stata, come se l’Italia fosse ancora fiorente nella prosperità e nell’ordine, come l’avevamo lasciata. Poveri illusi! Altri piangono per lo sconforto o discutono fra loro con grande animazione. I più sono riservati, si ritirano nelle baracche a meditare sull’incertezza del loro futuro e sulle incognite che gravano sulle loro famiglie in un’Italia dall’avvenire sempre più oscuro».

 

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