giovedì 18 Luglio 2024

La provincia tedesca si radicalizza

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In particolare nell’ex DDR

La Turingia segnala l’apertura di una grande faglia politica in Germania. La grande perdente alle elezioni regionali del Land della Germania orientale  è l’Unione Cristiano-Democratica, il partito di governo della “Cancelliera” Angela Merkel, che rispetto al voto del 2014 precipita dal primo al terzo posto, lascia sul terreno oltre un terzo dei voti e si assesta al 21,8%. La Cdu, all’opposizione nonostante il primo posto del 2014, si è classificata dietro due partiti considerati outsider a livello nazionale.
Il boom più clamoroso è stato quello di Alternative fur Deutschland (Afd), la destra anti-immigrati e anti-euro, che più che raddoppiando i suoi consensi ha sfondato quota 250.000 voti ottenendo il 23,4%. L’Afd non si è presentata in Turingia guidata dalla tradizionale corrente liberista sul piano economico ma portando alla sua testa l’identitario ideologo Bjorn Hocke, fautore del pensiero comunitarista della “Nuova Destra”. Sorpassando la Cdu, l’Afd si candida a essere il principale avversario di Die Linke, la Sinistra del governatore uscente Bodo Ramelow, che da poco più del 28 è salita al 31% rafforzandosi come partito centrale nel governo della regione.
La Linke e l’Afd sono destinati a risultare antitetici. La forte contrapposizione ideologica e la volontà di Ramelow di guidare il governo regionale a capo di una coalizione che non potrà più, per il pessimo risultato fatto registrare da socialdemocratici (8,2%) e verdi (5,2%), essere la stessa uscente ma che dovrà escludere, nelle intenzioni del leader, l’Afd risultano ostacoli insormontabili. Ma sotto un certo punto di vista il fatto che oltre il 54% dell’elettorato di una delle regioni più povere della Germania abbia scelto di esprimersi a favore di partiti in aperta rivolta col governo di Berlino è indicativo.
Indicativo per la mole della disaffezione dimostrata dall’elettorato sia verso le forze di governo (Cdu-Spd) sia verso un’alternativa considerata troppo urbana e “classista” come i Verdi, forti nelle regioni a alto reddito e inconsistenti ove i problemi in campo sono le disuguaglianze, la povertà, la ricostruzione industriale. Il Sussidiario ha paragonato l’esito del voto in Turingia, sotto certi punti di vista, all’esito delle regionali in Umbria: un duro colpo a un “progressivo “non governo” che dalle rispettive capitali distrugge valori economici e sociali in tutti i territori. Non può sorprendere che né il “distretto” italiano né quello tedesco siano statisticamente “poveri” nell’Unione Europea, ma si ritrovino altresì nella vasta Europa al di sotto delle medie (il Pil pro-capite è a quota 90 su 100 in Turingia e a quota 84 in Umbria).
Indicativo, inoltre, il fatto che sia Afd che Linke abbiano, in diversi punti, una retorica non completamente dissimile sulla critica all’Unione europea. Da destra e da sinistra esse sono infatti le più dure voci critiche di un movimento eterogeneo di disaffezione o scetticismo sulla moneta unica in un Paese, la Germania, in cui il dibattito sul tema, forse per effetto della centralità nel Vecchio Continente, è affrontato apertamente. L’Afd incarna un antieuropeismo economico, estremizzazione dell’isolazionismo incarnato da frange della Cdu e dai liberali Fdp e del culto del rigore contro gli “spendaccioni” Paesi del Sud Europa che vivrebbero alle spalle di Berlino, a cui si aggiungono pensatori eterodossi e più spiccatamente nazionalisti come Hocke. La Linke, invece, nasce per volontà dell’ex presidente Spd, Oskar Lafontaine, come scissione dal partito della sinistra tedesca nella fase della sua svolta verso l’economia dell’era globalizzata e la fedeltà europeista acritica a cavallo tra XX e XXI secolo. Il suo è un antieuropeismo politico, in cui la critica verso un’Europa ritenuta fonte di danni ai diritti del lavoro e dei popoli è incarnato oggigiorno dalla corrente del partito che fa capo a Sarah Wagneknecht, moglie di Lafontaine.
Qualcosa, dunque, si muove in Germania: e il voto in Turingia, unitamente all’ascesa dei Verdi a ovest, dovrà lanciare un segnale a Berlino: non è più possibile confidare nel pilota automatico politico e economico. In campo economico, politico e sociale la Germania è in una fase molto delicata. E l’elettorato dà sempre maggiori segni di disaffezione verso un governo considerato improduttivo e inefficiente. Riscoprendo anche una forte polarizzazione ideologica.

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