venerdì 19 Luglio 2024

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Le Brigate Rosse?
“Ancor prima delle Br, hanno operato gruppi politici come Potere Operaio, che respingevano ogni compromesso, e giudicavano che nessuna conquista operaia fosse soddisfacente. Finirono per porsi obbiettivi di violenza rivoluzionaria. Ad un certo momento i gruppi neofascisti erano stati bloccati e non poterono più esercitare la pressione di cui ho parlato (anche se nel 1980 ci fu l’attacco terroristico di Bologna, di matrice ancora neofascista). Divennero molto più pericolose, durante tutti gli anni ’70,  le formazioni terroristiche dell’estrema sinistra, e tra queste crebbero grandemente le Brigate Rosse”.

Rossana Rossanda, giornalista, già una delle leader del Pci, ha scritto: “Quando leggo le dichiarazioni delle Brigate Rosse è come se leggessi i miei appunti del diario da ragazzina”.
“E’ una intellettuale di tutto rispetto, ma da 30 anni non siamo d’accordo su nulla”.

Ma le dichiarazioni delle Brigate Rosse non erano per caso una caricatura delle dichiarazioni comuniste dei primi anni ’50?
“Erano molto più rozze. Comunque, una caricatura sanguinosa”.

Sono d’accordo. E il suo percorso?
“Sono stato uomo di partito impegnato in politica attiva. Ma allo stesso tempo per 38 anni sono stato impegnato nelle istituzioni, come deputato italiano e successivamente, soprattutto dal 1999 al 2004, membro del Parlamento Europeo. Divenni via via sempre di più un uomo delle istituzioni. Ho svolto diverse funzioni nel Parlamento italiano, e anche un ruolo nelle relazioni internazionali (sono stato per dieci anni nell’Assemblea parlamentare della Nato). Nel 1992 sono stato eletto Presidente della Camera dei Deputati. Poi nel Parlamento Europeo sono stato Presidente della Commissione Affari Costituzionali. Da questo percorso di uomo delle istituzioni è poi scaturita la mia elezione a Presidente della Repubblica. E l’esperienza da me maturata in Parlamento mi ha preparato a poter svolgere la mia funzione attuale, come faccio ormai da sei anni, in quanto garante di imparzialità e promotore dei principi e dei valori della Costituzione”.

In tutti i Paesi europei abbiamo a che fare con la corruzione. E’ un elemento ineliminabile dall’ordine democratico, dall’economia di mercato? Come cavarsela?
“Nessuno di noi pensa alla vita pubblica come a un idillio. Alcuni rischi, alcune sorgenti di corruzione non sono eliminabili. Ma certamente possono esserne seriamente limitate le dimensioni e l’ampiezza, rafforzando i controlli e le sanzioni. Tuttavia, una questione io sento molto in Italia: la corruzione si estende anche perché l’attuale modo di fare politica ha perso la forza degli ideali, i principi morali e la dimensione culturale”.

Ma ciò non riguarda solo l’Italia.
“Sì, la politica oggi è in affanno in tutta Europa. In Italia constato un particolare impoverimento culturale e morale della politica. Vi sono naturalmente molte differenze, non tutti i partiti sono da mettere sullo stesso piano, ma l’atmosfera generale è che la politica è diventata troppo contesa per il potere, disbrigo di affari correnti, personalismi, e questo è un clima nel quale può prosperare la corruzione”.
 
La classica divisione tra destra e sinistra è ancora viva oggi? O forse è più importante la divisione tra una società aperta e quella chiusa?
“Bisogna ripensare le vecchie categorie. Vediamo l’Austria o l’Olanda, dove i partiti della sinistra, della destra e del centrodestra prendevano complessivamente il 70% dei voti, mentre oggi raccolgono si e no il 50%. Avvengono notevoli cambiamenti in paesi fino ad ora stabili, come la Germania, dove adesso vi sono cinque partiti e si è aggiunto perfino un Partito dei Pirati. Sono fenomeni di rottura dei vecchi equilibri. E poi c’è il preoccupante fenomeno di partiti populisti come il Partito dei Veri Finlandesi. C’è da ripensare molto della esperienza dello scorso secolo”.

Quale sarà il futuro dell’Unione Europea?
“Non c’è alternativa all’unità. Mi è rimasta in mente l’opinione espressa un mese fa da Angela Merkel durante l’incontro con il nostro premier Mario Monti e con me: dobbiamo capire che gli europei costituiscono appena il 7% della popolazione mondiale; o riusciamo ad operare uniti o diventiamo irrilevanti. E’ molto importante che l’abbia detto la leader della Germania, paese in cui potrebbe facilmente trovare terreno l’illusione dell’autosufficienza. Invece nemmeno il paese europeo più popoloso, dinamico e competitivo può contare davvero nel mondo se non si integra con gli altri paesi dell’Unione. Penso che il futuro dipenderà dalla piena consapevolezza che ne avranno tutti i governi nazionali, e dipenderà dalla loro volontà e capacità di condividerla con i cittadini, con gli elettori”.

L’ultima domanda: che cos’è il berlusconismo?
“Con le definizioni e le categorie bisogna andarci sempre molto cauti. Si è parlato di berlusconismo come di un certo modo di fare politica e conquistare l’elettorato. Sia nella storia che nella politica vi sono cicli che si sviluppano e poi si esauriscono. Berlusconi ha compreso che non poteva continuare a reggere il governo: si è reso conto della crisi, dell’impossibilità di continuare come prima, e si è collocato in una posizione molto più distaccata”.

E al di là del cambiamento di governo?
“Altra questione importante è che nella società italiana debbono rafforzarsi certi valori, offuscatisi negli ultimi anni, e che hanno molto a che fare con la visione della politica, le sue basi culturali e morali. Innanzitutto, in Europa, così come in Italia, è molto importante che si riaffermi il concetto di solidarietà. Adam Michnik conosce bene questa parola”.

La ringrazio molto, Signor Presidente. L’ho affaticata.
“Un po’. Anche perché abbiamo parlato non tanto di attualità, quanto di complesse vicende del passato”.
 

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