sabato 20 Luglio 2024

Mamma li sinoturchi!

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Siamo minacciati da sud-est

Due obiettivi diversi, quasi agli antipodi, che potrebbero tuttavia intrecciarsi in Italia, nel cuore del Mar Mediterraneo. Turchia e Cina hanno in programma strategie complesse per rendere i rispettivi Paesi attori fondamentali all’interno dello scacchiere globale. A dire il vero Ankara e Pechino sono già riusciti a ritagliarsi spazi importanti, ma all’orizzonte sta per materializzarsi un’occasione da non perdere.
Per capire di che cosa stiamo parlando dobbiamo spostarci a Taranto, dove la turca Yilport Holding, impegnata nella logistica, e la cinese Cosco, attiva nei container e nella gestione dei terminal, sono pronte a entrare in simbiosi per ottenere vantaggi reciproci. Il binomio, almeno sulla carta, potrebbe funzionare alla perfezione, e il motivo è presto detto. Il governo turco ha speso ingenti energie diplomatiche (oltre che diversi miliardi di dollari) per trasformarsi in un crocevia strategico tra Oriente e Occidente.
La velleità di Recep Tayyip Erdogan è confermata, ad esempio, dal New Istanbul Airport, il mastodontico aeroporto che si estende su un’area di 76,5 chilometri quadrati (più dell’isola di Manhattan). Lo scalo, inaugurato nell’ottobre 2019 (entrerà a pieno regime dal 2028) e costato 11 miliardi di dollari, è servito a potenziare la compagnia aerea di Stato, la Turkish Airlines, che nelle intenzioni di Ankara dovrà rosicchiare quote di mercato alle varie Emirates, Ethiad e via dicendo. Una volta che la Turchia potrà contare su infrastrutture di primissimo livello, quello sarà il momento in cui il Paese sarà riconosciuto come potenza mondiale. Almeno, questo è il sogno di Erdogan.

Le mani sul Mediterraneo
In ogni caso, negli ultimi anni, il Sultano ha mobilitato anche l’altro braccio operativo turco: la citata Yilport Holding. Se Ankara intende “conquistare” i cieli con Turkish Airlines, il compito di piantare la bandiera con la Mezzaluna sulle rotte marittime è stato idealmente affidato proprio al gigante della logistica.
Yilport ha in concessione l’area portuale terminal container di Taranto. Questo gigante, ha giustamente sottolineato Limes, è un terminalista puro, e ha intenzione di creare e gestire stabilmente le infrastrutture in suo possesso. Prendiamo il caso di Malta: nel 2011 Yilport ha messo le mani sul 50% del Malta Freeport Terminals, uno degli scali logistici più importanti del Mediterraneo.
Emerge qui con chiarezza il piano della Turchia: creare enclavi commerciali e strategiche nei Paesi del Mediterraneo (e, quindi, rotte privilegiate). Per farlo, i turchi hanno pompato al massimo il proprio sistema portuale, che adesso gestisce quasi 10 milioni di container all’anno.

Il ruolo della Cina e la porta d’Oriente
In tutto questo la Cina gioca un ruolo di primissimo piano. Già, perché il Gruppo Yildirim, lo stesso che controlla Yilport, ha una partecipazione nell’Ocean Alliance con la compagnia cinese Cosco. A questo punto vale la pena analizzare l’obiettivo cinese. Pechino spinge per allargare quanto più possibile la cosiddetta Nuova Via della Seta (o Belt and Road Initiative). Si tratta di un progetto infrastrutturale che, negli ambiziosi piani di Xi Jinping, dovrà collegare l’ex Impero di Mezzo al resto del mondo.
In altre parole, e grazie alla Bri, Pechino vorrebbe instaurare relazioni win-win con Paesi asiatici, africani ed europei, così da ottenere ritorni commerciali ed espandere la propria influenza in chiave geopolitica. Il porto di Taranto è quindi un laboratorio interessante in cui avremo modo di osservare da vicino una possibile e intensa cooperazione tra lo Stato turco e quello cinese.
Ankara mette sul piatto il controllo logistico; Pechino rilancia con il commercio. Da questo punto di vista potremo assistere a uno scenario futuro in cui la Turchia andrebbe a consolidare la propria presenza nel Mediterraneo mentre la Cina otterrebbe una nuova rotta, per giunta comodissima, per inviare merci in Europa. Nel caso in cui l’”esperimento” nel porto di Taranto dovesse andare in porto, non sono da escludere nuove partnership in altri scali marittimi europei.
Il porto di Taranto si candida dunque a essere una vera e propria porta d’Oriente, pronta ad accogliere turchi e cinesi (e quindi i loro progetti). In merito al Dragone è doveroso sottolineare anche l’interesse del Gruppo Ferretti per l’intera area. Stiamo parlando di un gruppo leader mondiale nella costruzione e progettazione di yacht, il cui 86% – come scriveva l’HuffPost – è nelle mani della società cinese Weichai, impegnata nella produzione di componenti per auto. Ricordiamo che Ankara ha in mano, dallo scorso agosto, una concessione della durata di 49 anni e una banchina di 1.900 metri, sul quale dispiegare diversi progetti di sviluppo. Grazie alla simbiosi sino-turca, l’intera zona potrebbe quindi trasformarsi in un interessante laboratorio.

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