venerdì 19 Luglio 2024

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Così vogliono distruggere Roma e la nostra memoria questi individui cui solo Alemanno avrebbe potuto aprire la strada

Un terzetto di esperti e giuristi per capire come rimuovere il vincolo del 2002. Poi un manipolo di studiosi per valutare in che modo arrivare all’abbattimento vero e proprio, completo o solo parziale, di quella linea di asfalto e sampietrini che copre i resti dell’antica Roma. Il destino di via dei Fori Imperiali – voluta da Mussolini che spianò 5000 vani e 6 chiese del quartiere Alessandrino per far sì che le sue legioni sfilassero da palazzo Venezia al Colosseo – è ora nelle mani di due commissioni che il ministro dei Beni culturali Massimo Bray si appresta a nominare. Lo Stato, insomma, condivide la responsabilità di un progetto che il sindaco Ignazio Marino ritiene fondamentale per la vivibilità e lo sviluppo del turismo in città. E potrebbe essere un punto di svolta nella lunga storia dei contrasti che, da almeno 35 anni, ci sono intorno all’idea di rimuovere il rettifilo sopraelevato che spacca in due i Fori di Cesare, di Augusto, di Vespasiano.
Dopo un incontro la settimana scorsa con l’assessore all’Urbanistica Giovanni Caudo e con il sovrintendente comunale Claudio Parisi Presicce, Bray con il suo staff sta lavorando alla composizione di una commissione di tre esperti che dovranno individuare il percorso per arrivare a rimuovere il vincolo posto nel 2002 dall’allora soprintendente statale ai Beni architettonici, Ruggero Martines. Toccherà poi a una seconda commissione studiare nel dettaglio tutti gli aspetti relativi al sostanziale smantellamento di via dei Fori imperiali, in modo da permettere agli archeologi di completare gli scavi nel terrapieno che sostiene la strada. E di riunificare così i Fori spaccati in due.
La seconda commissione ministeriale sarà formata – secondo le indiscrezioni che arrivano dal Collegio romano – da cinque studiosi: di archeologia e storia dell’arte, di urbanistica ma anche di mobilità. Si tratta infatti di individuare, nel dettaglio, le vie alternative al traffico veicolare che, pur con i limiti posti da una pedonalizzazione sempre più spinta, continua a interessare lo stradone del Ventennio. Esperti di mobilità erano del resto stati chiamati a collaborare al “Progetto Fori” che, messo a punto a partire dal 1978 dall’allora soprintendente archeologo Adriano La Regina, e formato da Leonardo Benevolo e da Vittorio Gregotti, prevedeva, tra l’altro, lo smantella¬mento di via dei Fori e anche degli altri percorsi posticci che interessano i 250 ettari dell’area archeologica. Con la morte nel 1981 del sindaco Luigi Petroselli, quel piano di riassetto della città antica finì su un binario morto. E i due volumi scientifici del 1985 ne sancirono il seppellimento.
Nel 2002, forte anche di una relazione del professor Giorgio Ciucci, storico interessato agli aspetti più innovativi dell’architettura mussoliniana, la Soprintendenza statale decise di tutelare quel segno urbanisitico. Martines – interpretando anche il “no” alla rimozione di via dei Fori di, tra gli altri, Mario Manieri Elia, Federico Zeri ed Eugenio La Rocca – pose così il vincolo. Il vincolo è uno strumento giuridico non inamovibile. E, in questo caso, protegge la storicizzazione di un intervento degli anni Trenta.

 

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