sabato 20 Luglio 2024

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Nascita, evoluzione, tramonto e resurrezione nella dialettica continua con Mosca

Visto che tutti parlano di Nato vediamo di che si tratta.

Nascita
Il Patto Atlantico fu firmato il 9 aprile 1949, a quattro anni dalla fine della guerra mondiale.
L’Europa era devastata e le potenze sconfitte erano disarmate.
L’Unione Sovietica non nascondeva le sue mire espansionistiche ovunque. Nel 1946 aveva tentato la conquista della Grecia tramite una guerra civile che alla nascita della Nato ancora non si era conclusa; nel 1948 si era impadronita della Cecoslovacchia con un golpe militare; al momento della firma del trattato (che aveva scopo difensivo) occupava ancora l’Austria, che lascerà solo nel 1955.
La minaccia sovietica era una cosa seria, non una propaganda inventata. Nazioni lasciate nelle condizioni odierne dell’Ucraìna sarebbero state oggetto d’invasione.
Per quanto ci riguarda eravamo a poche ore di strada dai carri sovietici.

Spartizione
In risposta (telefonata?) alla nascita della Nato, quattro mesi più tardi la Russia comunista fece esplodere la sua prima bomba atomica, poi, con un certo ritardo, formalizzò la sua “alleanza” con le nazioni suddite che comunque rispondevano già a Mosca, costituendo il Patto di Varsavia (1955).
L’esordio di quel Patto fu la sanguinosa invasione dell’Ungheria.
A cui rispose qualcosa dall’Occidente? Nisba! Anzi russi e americani colsero l’attimo per contrastare insieme (in quel caso fortunatamente) Francia, Inghilterra e Israele in Egitto.
In breve la Nato e il Patto di Varsavia si erano trasformati in istutuzioni per il sostegno reciproco (l’una serviva a tenere unita l’altro e viceversa). Nel sostegno reciproco, ognuna delle due potenze poteva inquadrare meglio le sue “alleate”.

Fuori dalla Nato
Fu a quel punto, agli inizi degli anni Sessanta, che venne l’idea di uscire dalla Nato, o attraverso un fronte di Paesi non allineati o con un ideale di potenza europea.
Tralascio i miti mobilizzatori di una certa area, quelli che sono stati e restano i miei (Mosley, Anfuso, Thiriart, Romualdi come ispiratori) e mi soffermo su quelli istituzionali.
La grande svolta fu data da De Gaulle che portò la Francia, armata di nucleare, fuori dal Patto Atlantico e intraprese una politica estera di primo piano che lo spinse nel mirino angloamericano.
In quanto ai Non-allineati veri e propri, il fronte era variegato: Nasser, Tito, Perón facevano sponda anche su Mao. Intanto Fidel Castro si era ritagliato un ruolo duplice, in prima linea nelle “decolonizzazioni” sovietiche, spingeva anche verso un non allineamento. In qualche modo, sul fronte “opposto” la Germania si comporterà così dopo la sua unificazione.
“Fuori dalla Nato” aveva il senso di tentare di riprendere autonomia e indipendenza. Non significava sicuramente però il passare dalla presunta altra parte della Guerra Fredda.
Questo era invece l’intento dei pacifisti, mossi da Mosca, che erano autentici traditori dallo spirito partigiano. Poteva sembrare la stessa cosa ma non lo era, come non lo è oggi: lottare per la propria indipendenza è una cosa, passare da un padrone a un altro sabotando la propria nazione è un’altra. Ma dubito che se ne rendano conto in parecchi.

Il crollo sovietico
Sul finire degli Ottanta l’Unione Sovietica è crollata su se stessa perché è stata tracotante e presuntuosa e perché il suo modello si è rivelato fallimentare.
L’imperialismo della steppa, una volta imploso, ha lasciato dietro di sé rovine. E ha visto risollevarsi tutti i popoli schiavizzati dai russi fino ad allora. La Russia è andata in avvitamento e sembrava destinata a mai più riprendersi. Finché, su consiglio di Kissinger – e sicuramente della Mafia di cui molti ras del Kgb erano confratelli d’oltre oceano – Clinton fece di tutto per parare il crollo moscovita. Non soltanto favorendo l’israelita Primakov, padrino di Putin, nel ricostruire la potenza russa ma intervenendo per il disarmo nucleare ucraìno. E la Russia resuscitò, più per meriti altrui che per i propri.

La Nato ad est
L’allargamento della Nato ad est non può leggersi come un’azione offensiva. Non lo è perché la Nato mai ha combattuto la Russia, neppure quand’era in ginocchio. Non lo è perché il patto è esclusivamente difensivo. Non lo è perché la stessa Russia ha chiesto l’adesione al patto, vi è stata inclusa come Membro Associato ed ha compiuto diverse esercitazioni militari nel suo alveo.
Le nazioni ex suddite di Mosca hanno invece chiesto l’adesione alla Nato per garantirsi dalle mire espansionistiche della Russia rimessa in sesto. Non a tutte è stato concesso: Georgia e Ucraìna sono state tenute fuori e, guarda caso, sono state entrambe attaccate militarmente da Mosca.
Che, intanto, ha continuato a piazzare testate atomiche che puntano su di noi dall’enclave di Kalinigrad.

La morte cerebrale della Nato
Con questa definizione Macron ha spiegato la sua dottrina che prevedeva la fuoriuscita dell’Unione Europea dalla Nato, la messa a disposizione del nucleare francese per la nostra difesa comune e un’intesa strategica con Mosca.
Su quest’intesa strategica Parigi e Berlino insistono da circa un quarto di secolo e non l’hanno mai tradita; Mosca invece sì, per ben tre volte. La prima nel 2008 quando attaccò la Georgia. La seconda nel 2014 quando, caduto per l’insurrezione popolare il corrotto e repressivo Yanukovitch, pescato con le mani nel sacco mentre svendeva le ricchezze ucraìne a Mosca e provava a cestinare il processo di adesione alla Ue di Kiev, la Russia occupava militarmente la Crimea e animava un’assurda guerra civile nel Donbass violando il Memorandum di Budapest.
La terza con l’aggressione ipocrita e ingiustificata all’Ucraìna.
Benché Francia e Germania si siano sperticate ogni volta per ammortizzare le pugnalate russe, che ultimamente si assommano alle scelte da nemico effettuate in Libia e in Mali, la Russia continua imperterrita a giocare il giochino di Jalta per contrastare noi in accordo oggettivo (e spesso concordato) con gli americani.
Fatto sta che la Nato è stata rinvigorita da Mosca ed oggi sembra difficile da superare.

Lasciarsi indietro la Nato
Che si debba andare oltre nel nome di una potenza autonoma europea e in un’ottica di tercerismo internazionale è per me imperativo.
In quell’ottica e in quella mentalità però: non con un senso d’inferiorità e un atteggiamento servile verso la Russia o qualunque altro player.
La Nato va quindi contrastata politicamente e superata militarmente: non può diventare un ologramma su cui scaricare tutte le proprie paturnie. Basti pensare che l’imperialismo sottile, quello psicologico e comunicazionale che ci pervade costantemente, non ha quasi bisogno di basi militari. Esso è in tutti gli aspetti della nostra vita e della nostra comunicazione ed è suo tramite che scrivo e che tu mi leggi e che insieme crediamo di essere indipendenti.
Tuttavia oggi c’è una guerra russoamericana all’Europa che si consuma in Ucraìna e che non va affrontata con mentalità da trinariciuti e con schematismi facili e cretini.
L’Ucraìna non sta nella Nato, né ci starà in seguito. Ma quand’anche fosse stato il caso, oppure se la Russia avesse attaccato la Polonia o i Paesi Baltici, cosa sarebbe cambiato nelle sue responsabilità e nel fatto che stesse comunque attaccando noi?
A me questo importa più degli schemini. Ma se s’intende a tutti i costi restare negli schemini e si stabilisce di conseguenza che la nostra priorità non è la giustizia, non è la comunanza di destino e di civiltà, non è la potenza, bensì la fuoriuscita dalla Nato, quello che più preme, in tal caso, è che quest’ultima non si rafforzi. E per non rafforzarla, comportamenti servili e partigiani a parte, c’è una sola strada: strappare l’iniziativa ad est che è sempre più inglese ed intervenire – come europei –  protagonisti nella difesa dell’integrità territoriale e dell’indipendenza del popolo ucraìno.
Non farlo significa rafforzare la Nato. Nell’illusione di combatterla, ovviamente, perché il gioco funziona così e ha sempre il medesimo risultato, con buona pace degli “antagonisti” che ne sono parte integrante.

 

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