sabato 21 Giugno 2025

Paradosso, ma non troppo..

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Uscito di galera dopo 37 anni, vuole ritornarci: la logica del mondo ‘fuori’ è troppo diversa.

FIRENZE – Il vero carcere per lui, delin­quente con un curriculum che è un riassunto di tutto il codice penale, è fuori dalle sbarre. Lì, lontano da quello che per trenta­sette lunghissimi anni è stato il suo mondo, una cella di pochi metri quadrati, lui non ci sa più stare. «Arrestatemi, vi prego», ha detto ai poliziotti che lo guar­davano allibiti. «Cercate di capirmi… questo qui non è più il mio mondo, non ce la faccio più a stare fuori», ha spiegato senza tradire il minimo imbarazzo di fronte a una richie­sta così originale. Carmine G., 60 anni, napoleta­no di Casalnuovo, si è presenta­to martedì agli agenti della poli­zia ferroviaria e ha spiegato che si trovavano di fronte a un sorve­gliato speciale. Che a quell’ora lui doveva essere a Napoli, dove ha l’obbligo di soggiorno, e non a spasso per l’Italia. Che aveva de­ciso di andare via dal suo paese proprio per farsi arrestare. Lo ha spiegato con grande gentilezza e determinazione agli agenti su un binario della stazione dove era appena arrivato in treno. Gli agenti l’hanno portato in ufficio per verificare che non fos­se un mitomane, che lui fosse re­almente quello che diceva di es­sere, un vecchio delinquente con una lunga carriera che parte dal furto semplice e arriva all’associazione di stampo camorristico. Il terminale ha dato tutte le risposte che cercavano sul passato di quell’uomo. Tutte, tranne una: perché uno che ha sognato la libertà per anni adesso vuole tornare in carcere?

«NON È PIU’ IL MIO MONDO» – Perché, ha spiegato, dopo 37 anni dentro, ha scoperto che si sente troppo solo in un mondo che va a una velocità diversa dalla sua. «Perché fuori c’è troppa violenza e io non mi trovo più in questo mondo ». Fine, ha detto, non c’è altro da aggiungere a una vita che è tutta scritta in quelle pagine di precedenti penali. Ci aveva già provato il giorno prima a tornare in carcere. Era ar­rivato in treno fino a Bologna e si era presentato a un posto di polizia dicendo che non aveva ri­spettato l’obbligo di soggiorno. I poliziotti l’hanno arrestato ma, beffa delle beffe, dopo un proces­so per direttissima, l’hanno ri­messo in libertà. Non soddisfatto ha preso il tre­no per Firenze ed è sceso alla sta­zione Santa Maria Novella dove ha contattato gli agenti della poli­zia ferroviaria che non hanno po­tuto fare altro che arrestarlo. Mercoledì è stato processato in tribunale per direttissima. Si è presentato in aula ben ve­stito, jeans e giubbotto, e con i suoi modi da gentleman . Quan­do è arrivato davanti al giudice Luciana Breggia, la prima cosa che ha detto è stata: «Voglio tor­nare in carcere, non ce la faccio più a stare fuori». Questa volta l’hanno acconten­tato: condannato a otto mesi, è stato immediatamente spedito a Sollicciano. Ha ringraziato tutti, agenti, magistrati e cancellieri, e prima di voltare le spalle al mon­do, ha chiesto una «raccomanda­zione » ai poliziotti: aiutatemi a trovare un lavoro in carcere, lì dentro posso rendermi utile. Qui fuori, si è quasi scusato, per me non c’è più posto.

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