martedì 3 Dicembre 2024

Soltanto parole, parole tra noi

Come ricorrenti termini errati ci fanno credere scenari irreali

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Si è sempre detto che nel Kali Yuga le parole non hanno più significato.

Aggiungo che si è persa anche la capacità di connettere (dal latino connectere) che letteralmente significa congiungere gli elementi tra di loro. Elementi che prima bisogna sapere individuare e poi leggere con criterio (dal greco krino) che indica la capacità di distinguere nel giudicare.

AVERE PROSPETTIVE REALISTICHE E NON DELIRI

Oggi le masse sono irregimentate in uno scenario da 1984, con tanto di Eurasia presente tra i protagonisti della tragica fiction: vi si lascia governare docilmente mentre alcuni sfogano le proprie nevrosi e isterie contro un Male che per i parricidi viene definito Occidente e per i moderati Minaccia dell’est. Entrambi, ovviamente, nazisti…

Le mie posizioni in merito sono note e non è necessario ribadirle.

Esse sono frutto di premesse ideali, di continuità esistenziale e di ragionamenti precisi.

Possono ovviamente esistere ed essere rispettate delle posizioni diverse e contrastanti, ma devono essere sensate, basate su dati reali, tenere in conto le dinamiche, i fatti, le meccaniche, perfino le leggi che muovono le cose. Devono, insomma, avere delle aspettative realistiche, altrimenti sono deliri.

Quali che siano le aspettative che si possono nutrire, bisogna fare i conti con il reale ma anche con gli inganni che derivano da concetti astrusi e da parole deformate.

Il reale ci parla di un mondo in trasformazione per ragioni demografiche e tecnologiche, per le nuove fonti energetiche, per la trasposizione del centro geopolitico dall’Atlantico all’IndoPacifico e, quindi, di lotte infinite per quote di potere.

Qualunque sia lo scopo che si vuole perseguire è di questo che si deve tenere conto e non d’immaginari tolkeniani per trame orwelliane.

L’UNIPOLARE NON PUÒ ESISTERE

Uno degli argomenti più utilizzati è quello dello scontro tra mondo “unipolare” e mondo “multipolare”.

Il concetto di “unipolare” è diffuso ma è privo di qualsiasi senso. Si è adoperato per spiegare il dominio assoluto degli americani una volta che il sistema russo è imploso. Ma nel reale, che è dinamico, l’unipolarità è fisicamente impossibile. Si trattò di pura e semplice Egemonia palese che, tra l’altro, preoccupò tutti gli analisti americani che si resero immediatamente conto come il crollo di Mosca e il venir meno del suo ruolo di “sparring partner” rendesse per loro più difficile mantenere il controllo mondiale. Ne seguirono la dottrina Brzezinski per mantenere l’Egemonia in un mondo a più players, e quella di Huntington dello “scontro di civiltà”.

Quello di “unipolarismo” era un termine improprio e falsato. In quell’egemonia senza il Nemico (in realtà il miglior alleato) con cui fissare gli equilibri, agli americani sfuggiva il controllo assoluto degli europei e dei cinesi e, infatti, dal 1991, ovvero da subito dopo il crollo sovietico, si adoperarono per consentire alla Russia di rialzarsi e per promuovere intanto la minaccia jihadista.

NEMMENO IL BIPOLARISMO FU MAI PERFETTO

In realtà neanche il “bipolarismo”, che fu il sistema più sicuro dell’imperialismo mondiale, poté essere totale, tanto che ne emersero i non allineati, il tercerismo, la Terza Posizione. E tutto un movimento ideale che voleva l’Europa al centro e alla guida di quest’ultima.

Finito il bipolarismo, già ai tempi di Clinton gli americani si resero conto che l’evoluzione capitalista e tecnologica aveva costituito un mondo in cui dominava la “interdipendenza”. Ovvero in cui tutti dipendono da tutti.

In effetti gli americani dipendono dagli asiatici quanto gli asiatici dagli americani. Ormai le catene sono mondiali. È vero che dal Covid si è iniziato a ragionare per ridurre l’interdipendenza, per riportare in casa il più possibile della produzione e per creare reti tra partners solidi. E in questo si stanno verificando i conflitti reali, non sempre armati. Un continuo sgomitare ma senza vere e proprie coalizioni contrapposte.

IL MULTIPOLARISMO NON C’È NE’ CI SARÀ

Si è quindi iniziato a parlare di “multipolarismo”. Nulla di più fuorviante e di sbagliato. Perché un mondo sia multipolare deve essere “ fondato sull’esistenza di più blocchi o gruppi di potenza”. Chi fa parte di un blocco non può far parte di un altro, anzi dev’essergli possibilmente ostile.

Di multipolarismo si parla ogni giorno, ma è solo propaganda o escamotage dialettico.

Non lo dico io, ma i principali ideologi del Cremlino di oggi. L’antioccidentale Sergei Karaganov, plenipotenziario e guida del governo di Putin in cui ha preso il posto del filo-europeo Igor Ivanov, confidava lo scorso dicembre alla Rosiyskaya Gazeta “La maggioranza mondiale non ha alcuna intenzione di combattere l’Occidente”.

Timofei Bordachev, direttore di programmi del Club Valdai (l’equivalente russo dell’americano CFR) era ancora più chiaro: “Oggi non esiste fra le grandi e medie potenze chi si ponga come obiettivo la distruzione dell’ordine mondiale sorto dalla Seconda Guerra Mondiale. L’atteggiamento prevalente è il revisionismo, non punta a rivoluzionarlo, ma a modificarlo per ricavarne un ruolo maggiore”.

Di questo si tratta e non degli scenari alla Stranamore che impazzano perché fanno paura o incutono speranza, dunque svolgono lo stesso ruolo nella psicologia di masse delle campagne sui vaccini.

TRA INTERDIPENDENZA E MULTIALLINEAMENTO

Abbiamo messo in luce quanto l’armamento russo dipenda quasi totalmente dagli Usa, dall’Occidente e in particolare dalla Silicon Valley:

Questo possiamo leggerlo in tanti modi, ma un fatto è certo: attesta l’interdipendenza che abbiamo citato. Non basta: conferma un’altra cosa, ovvero che ha ragione il premier indiano, Modi, che alla frottola del multipolarismo oppone la dottrina del “multiallineamento”.

Che significa l’allineamento comune di potenze su uno scenario ma non sugli altri. Un tutti contro tutti, ma non contro il “sistema”. Di sicuro gli indiani hanno un rapporto molto competitivo con la Cina, però questo non osta che siano alleati con essa in alcune battaglie “riformiste” nel commercio mondiale. Hanno una relazione fortissima, dal punto di vista politico e militare, con gli Stati Uniti ma anche con la Russia. Ultimamente si sono trovati a fiancheggiare gli iraniani nella loro recente crisi, con tanto di lanci missilistici, contro il Pakistan, ma stanno con Israele nel contenzioso con Teheran.

I turchi combattono i russi in Siria, armano l’Ucraìna, ma aiutano la Russia nelle gestione del conflitto. Fanno la voce grossa contro Israele ma ci cooperano in Nagorno-Karabach.

L’Iran e l’Arabia Saudita si fanno la guerra ma cooperano nelle rivendicazioni mondiali.

È un multiallineamento continuo. Nel WTO la Cina, la UE e gli emergenti (ovvero BRICS +) sono alleati contro gli americani.

IL MULTILATERALISMO È UN’ALTRA COSA

Corretto, anche se solo in parte, è parlare invece di “multilateralismo”. Se nessuno intende distruggere il sistema ma tutti vogliono riformarlo, ovviamente in forme diverse, è logico che prevalgano accordi autonomi, disgiunti da un ordinamento rigido.
Questo multilateralismo spiega la crisi del WTO, illustra quali siano le sole aspettative interessanti dei BRICS +, si manifesta in modo articolato nelle intese stipulate di recente dal governo italiano con India, Giappone e soprattutto in Africa (Piano Mattei).

Questo fenomeno articola rapporti diversi da quelli che legano da tempo tra loro i principali partners che, pur sempre obbligati oggettivamente a restare collegati tra loro, iniziano a distanziarsi.

Così è avvenuto e continua ad avvenire tra USA ed Europa, con periodici picchi di crisi da cui si acuiscono regolarmente le divergenze. Tali picchi li possiamo datare al 1979, 1991, 2008 e 2016 ed è un processo che continua e, visto il peso specifico nell’economia e nel soft power mondiale dei due, va letto come una delle principali chiavi dei contenziosi mondiali reali, da distinguere dalle messe in scena.

Il multilateralismo è una potenzialità reale, ma nulla ha a che vedere con la sciocchezza del “multipolarismo” che non c’è e non ci sarà perché non può fisicamente realizzarsi e perché nessuno lo vuole.

Che sia una formula senza senso lo dimostra il fatto che tutti i profeti di quest’astrazione hanno ricreato un immaginario bipolare (Il Sud Globale contro l’Occidente). Perché, pur nelle astrazioni e nelle distorsioni concettuali, hanno pur sempre un disperato bisogno di qualcosa che dia loro un senso di stabilità, di sistema. E il due a quello serve: è il numero dell’immobilità.

Aspettandosi una manna qualsiasi dal cielo, o dagli inferi, sono obbligatoriamente passivi ed inerti e per logica conseguenza devono fare affidamento sugli obiettivi attribuiti con disinvoltura a un “liberatore” immaginario, un personaggio da wrestling truccato, da attendere seduti, fissi, statici, al riparo di un recinto protettore della propria infatuazione. Questo li rende incompatibili con la vitalità, quindi perfettamente inseriti nella psicologia dominante.

Si ritrovano così puntualmente prigionieri del mentale binario. Di solito incattiviti, come avviene sempre quando la mente non è più libera e lo spirito resta imbrigliato.

IN CONCLUSIONE

Si può differire sulle analisi e sui ragionamenti, ma è fondamentale basare entrambi sulla realtà e smetterla di farsi ingannare dall’uso inesatto dei termini. Un utilizzo inesatto che conduce a concetti sbagliati e a costruire ipotesi che non stanno neppure sulle nuvole.

Affrontando invece il reale, sta a noi stabilire le priorità e i perni su cui ragionare e intorno ai quali muoverci.

Per me sono la civiltà e la potenza del mio popolo nell’idea europea che abbiamo concepito noi e irrorato con il nostro sangue. Essa al centro del contenzioso mondiale e contemporaneamente la sua rivoluzione nel nostro quotidiano.

Se altri ne hanno di differenti non è un mio problema, non dobbiamo andare in giro abbracciati.

L’importante è che, nelle loro aspettative, si basino comunque su qualcosa di reale.

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